
Ryder Cup, Europa corsara vince 15-13 a New York
A Bethpage il sogno americano di rimonta si ferma sul più bello. Decisivi il sangue freddo di Aberg e il birdie alla 18 di Shane Lawry. Il trofeo rimane di qua dall’oceano
Non è bastata la calma serafica del numero uno al mondo Scottie Scheffler, non è bastato il patriottismo ostentato da Bryson DeChambeau, “spiritual and emotional leader” accolto da Donald Trump alla partenza della buca uno e nemmeno il grande recupero nei singoli. Non è bastato soprattutto il tifo americano, il capitano Keegan Bradley l’ha definito ostile, molto calcistico, qualche insulto a Rory McIlroy e Shane Lawrie nell’arena del Black Course di Bethpage dove l’Europa, soprattutto nei primi due giorni ha giocato in modo incredibile, ben oltre ogni possibile aspettativa, accumulando un vantaggio che alla fine di una domenica al cardiopalma si è rivelato decisivo.
Non è stato solo lo stato di forma e la solita coesione che solo gli europei il Ryder Cup dimostrano. È stata anche la calma del capitano Luke Donald, il lavoro fatto in questi ultimi tre anni, la squadra di Roma quasi tutta confermata e così anche gli accoppiamenti quasi imbattibili, soprattutto nei doppi con un Tommy Fleetwood che ha battuto ogni record di punti fuori casa. Erano tre di vantaggio il venerdì sera, sette il sabato con la prospettiva che sarebbero bastate due vittorie e un pareggio nei 12 singoli della domenica per conservare il trofeo vinto a Roma 2023. Solo due punti la mattina dopo che Victor Hovland ha dato forfait per un infortunio al collo, un pareggio grazie alla “withdraw rule” un 12 a 5 prima dell’ultimo giorno non si era mai visto.
Il “greatest come back in history” evocato da alcuni media americani è stato sfiorato ma non c’è stato, anzi all’inizio sembrava una giornata ancor più trionfale per l’Europa grazie alle partenze a razzo di Fleetwood (2 up alla buca 4) e Fitzpatrick (5 up alla buca 7) che hanno subito fatto pensare che i punti decisivi fossero già in tasca. Invece gli americani, da lì in avanti, hanno cominciato a guadagnare terreno, buca dopo buca, con le vittorie di Cameron Young, il più in forma della squadra americana su Justin Rose, Xander Schauffele su Jon Rahm, J.J. Spaun su Sepp Straka, Ben Griffin su Rasmus Højgaard, così che quando il numero uno al mondo Scottie Sheffler ha battuto il numero due Rory McIlroy, Justin Thomas ha recuperato e passato Tommy Fleetwood e DeChambeau ha recuperato 5 colpi su Fitzpatrick, la classifica si è tinta di rosso e i tifosi americani hanno iniziato a pensare al miracolo.
La fortuna per gli europei è stata il sangue freddo di Ludvig Aberg che ha superato Patrick Cantlay 2&1. Un punto decisivo che ha portato gli europei a mezzo punto dal pareggio, sufficiente per conservare il trofeo conquistato un’ora dopo, grazie a Shane Lawry, con un incredibile birdie alla 18 ha pareggiato un combattutissimo match contro Russell Henley ed è stato bello vedere il gigante irlandese, alzare le braccia al cielo con l’espressione che aveva caricato il giorno prima il resto della squadra, con un sorriso che di certo aprirà le danze della prossima Ryder Cup europea in terra d’Irlanda.
Monumentali ancor più delle attese Jon Rahm, Tommy Fleetwood e Rory McIlroy, 8 match vinti, fin dal venerdì mattina, a contribuire in modo decisivo al punteggio finale di 15-14 per l’Europa. Grandi trascinatori Sepp Straka e Shane Lawry, alcuni chip memorabili ed esultanza mediterranea per due campioni ormai in pianta stabile negli Stati Uniti. E poi il match da urlo di Fleetwood Rose, tredici birdie in sedici buche per schiantare Scheffler e DeChambeau, una delle coppie potenzialmente più forti della storia, domate due buche prima di arrivare alla diciotto.
Sarà dura per gli americani, dopo questa sconfitta, tra due anni ad Adare Major. Nonostante il recupero della domenica, trascinati dalla folla, l’impressione è stata di un’Europa nel complesso più forte. Molti europei giocano ormai da un lato e dall’altro dell’oceano, hanno acquisito gli skills per competere ovunque e giocare in casa non potrà che favorirli. Giovani talenti europei inoltre giocano nei college americani, una nuova generazione pronta ad affacciarsi nel nuovo decennio. Troppi americani passati al LIV hanno perso l’abitudine alla competizione del tour, giocano meno major, hanno meno fame. Avanti di questo passo sarà necessario cambiare formula, allargando il team americano all’intero continente. Chissà mai che qualche nuovo talento sudamericano diventi il Ballesteros americano degli anni Trenta, per evitare che l’Europa, quest’anno vincitrice di entrambi i tour con Tommy Fleetwood e Rory McIllroy, diventi nel prossimo decennio, non per soldi ma per vittoria nei tornei che contano, la dominatrice assoluta.