
La vittoria ai Mondiali 2025 di Tadej Pogacar (foto Getty Images)
Mondiali di ciclismo 2025, Tadej Pogacar l'ha rifatto
Tadej Pogacar ha vinto per la seconda volta di fila i Mondiali di ciclismo dopo aver pedalato da solo per 66 chilometri. Il suo primo allungo a 104 chilometri dal traguardo. Secondo è finito Remco Evenepoel, terzo Ben Healy
Mentre i giorni che separavano alla corsa in linea dei Mondiali di ciclismo 2025 uno dopo l’altro si riducevano, una domanda iniziava a ronzare nella nostra testa. Una sola: e se lo fa ancora?
Con una mano muovevamo l’aria davanti a noi, per diradare la nube di aspettative che avevamo. C’è qualcosa di crudele nell’illudersi: rovina sempre il gusto a ciò che si vede. Eppure di giorno in giorno la mano però era sempre meno convinta, muoveva sempre meno aria. E quella domanda iniziava a essere meno un quesito e più un’affermazione. Lo fa ancora.
Il soggetto era Tadej Pogacar. L’oggetto era un’azione solitaria di qualche ora che lo avrebbe condotto alla maglia iridata. Il sottointeso è l’azione solitaria che lo aveva condotta alla vittoria un anno fa a Zurigo 2024.
Tadej Pogacar l’ha rifatto a Kigali, in Ruanda, nella prova in linea dei Mondiali di ciclismo 2025. Anzi. È riuscito a imporre un nuovo standard, una nuova posizione di via al suo allungamento a dismisura della solitudine ciclistica. La nuova misura è sessantasei chilometri. Sessantasei chilometri di completa, assoluta, eccezionale, crudele solitudine. Solitudine sportiva, perché per colpo d’occhio e calore ben pochi posti hanno offerto affetto incondizionato e rumorosissimo ai corridori come Kigali.
Forse anche per questo in Ruanda, Tadej Pogacar si è trasformato ancora una volta in un’eremita della pedalata, in un’asceta dell’esplorazione del limite della propria superiorità. In pratica una nuova versione migliore di se stesso.
Una superiorità di gamba e di testa, e anche di capacità di fare la cosa migliore al momento giusto. Tipo a centoquattro chilometri dal traguardo, quando, dopo aver messo davanti al gruppo i compagni di squadra, ha mosso i pedali un po’ più velocemente eliminandosi di dosso gli sbuffi di tutti a eccezione di Juan Ayuso e Isaac Del Toro. Bravi entrambi. Perché reggere il ritmo imposto nelle ultime centinaia di metri del Mont Kigali era missione assai difficile. Bravi sì, ma sciocchi forse, certamente incauti. Juan Ayuso si è gustato, con parecchio affanno, cinque chilometri di copertina. Isaac Del Toro quaranta chilometri in più. Poi hanno iniziato ad annaspare, a dover decelerare. Ci si fa sempre male quando si prova a sfidare l’insfidabile. Tadej Pogacar si è trovato da solo, senza nemmeno bisogno di uno scatto. Ha proseguito sino all’arrivo, ha oltrepassato la linea d’arrivo per primo, ha segnato il suo nome, Tadej Pogacar, ancora accanto alla definizione campione del mondo.
E sì che, quanto meno per gambe, Remco Evenepoel questa volta si è avvicinato all’ancora una volta campione del mondo. È che prima ci ha messo ancora una volta del suo per complicarsi la vita. Nel posto sbagliato nel momento dell’accelerazione di Tadej Pogacar. In difficoltà nel gestire gli imprevisti, tipo la sella che si muove e gli dà problemi, tipo il cambio di bicicletta e quei trenta-cinquanta secondi a bordo strada arrabbiato nero perché non c’era dietro di sé un’ammiraglia.
Quando si è messo a pedalare e basta ha perso poco o niente dallo sloveno, anzi, qualcosa l’ha pure guadagnato. Era finito a oltre due minuti, ha tagliato il traguardo a un minuto e ventotto dallo sloveno. Remco Evenepoel ha visto sull’asfalto di Kigali i suoi errori, si è seduto su quelli dopo l’arrivo, ha pianto.
La sua espressione mortificata, le sue lacrime, sono state un intermezzo che sembrava fuori tema tra il sorriso mondiale di Tadej Pogacar e quello incredulo di Ben Healy, terzo al traguardo, forse il più felice di tutti di salire sul podio mondiale.
Un intermezzo che rappresenta l’ambizione del belga, uno dei pochi a non voler credere dell’imbattibilità di Tadej Pogacar, e non solo a parole. Uno dei pochi a voler dimostrare che un altro vincitore è possibile.
Dei 165 corridori partiti solo in trenta hanno superato il traguardo. Giulio Ciccone, sesto a sei minuti e quarantasette secondi, è stato il primo degli italiani. Amanuel Ghebreigzabhier, trentesimo a dodici minuti e sette secondi, l'ultimo ad aver superato il traguardo.