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Il Foglio sportivo
Ritorna la grande sfida transoceanica della Ryder Cup
A Farmingdale Stati Uniti contro Europa. Dal leggendario fair play del 1969 al duello di Bethpage: la sfida golfistica transoceanica tra memoria e nuove sfide
Aveva un golfino celeste, appena vibrante sotto il sole di Royal Birkdale. Era l'ultimo pomeriggio d'estate del 1969 quando Tony affrontò la 18esima buca di una Ryder Cup che sarebbe rimasta nella storia. Lui, Tony Jacklin, con quel nome così comune, inglese di Scunthorpe città siderurgica nel Lincolnshire con una storia non troppo diversa da Taranto o da qualunque film di Kent Loach, appaiato a Jack Nicklaus, in quegli anni e non solo il dominatore del golf. Un match tesissimo, le squadre erano appaiate e Jacklin aveva già portato quattro punti e mezzo, il pareggio era a un metro di distanza dalla buca. Un putt da far tremare i polsi. “Non voglio darti l'occasione di sbagliarlo” gli disse Nicklaus sollevando la pallina per concedere il colpo senza nemmeno chiedergli di giocarlo. Fu non solo un pareggio storico per la Gran Bretagna, primo e irripetibile perché presto la formazione si sarebbe allargata all'Europa continentale. Fu un fatto epocale, simbolo dei valori della Ryder Cup. Quel 20 settembre 1969, il giorno in cui John Lennon annunciva lo scioglimento dei Beatles, la “concession” di Nicklaus cambiò per sempre l'etichetta dello sport.
Da quel duello sono passate 13 vittorie americane ma anche 13 europee grazie a Seve Ballesteros, Bernhard Langer, Nick Faldo, Sergio Garcia e altri campioni che hanno fatto vincere l'Europa nell'unica competizione sportiva in cui gioca unita. Oggi e domani, sul suolo americano, gli europei giocano da detentori dopo il trionfo di Roma in cui sbaragliarono la concorrenza con le vittorie nei singoli di Hovland, McIllroy, Hatton, Fleetwood e MacIntyre. La squadra vincente non si cambia. Nonostante il sistema di qualificazione, grazie alle 6 wild card a disposizione del capitano Luke Donald, tra i dodici europei c'è solo un rookie, il giovane norvegese Rasmus Højgaard che troverà nel team anche l'ex numero uno al mondo Jon Rahm, obbligata scelta per forza e carisma nonostante il suo controverso addio al Pga Tour.
Agli Stati Uniti non mancherà il tifo di Donald Trump per cui la Ryder Cup ha un significato patriottico, anche tralasciando la sua vicinanza ad alcuni giocatori come la superstar Bryson DeChambeau. Per gli americani, che quest'anno hanno vinto tre major su quattro, menzione speciale al numero uno al mondo Scottie Scheffler, vincitore del Pga Championship e dell’Open Championship, e per JJ Spaun, trionfatore allo US Open, senza dimenticare, tra gli altri della squadra a stelle e strisce, il solidissimo Schauffele e alcuni giocatori d'esperienza, Morikawa, Cantlay e un Justin Thomas, alla quarta partecipazione e soprattutto a bordo green quel Keegan Bradley che fino all'ultimo si pronosticava avrebbe ricoperto il ruolo di capitano giocatore. Accadrà magari nel 2027 a Adare Manor, nella Contea di Limerick, in Irlanda, una Ryder Cup per la quale sarà certo il caso di preparare in anticipo un buon numero di rime alternate e senza senso.
Sul fronte europeo, occhi puntati su Rory McIlroy, quest'anno vincitore del Masters di Augusta e su Tommy Fleetwood che un mese fa ad Atlanta ha vinto la FedEx Cup in una stagione in cui 9 europei si sono classificati tra i primi 30, a raccontare un gioco sempre più globale, con molti giocatori europei cresciuti golfisticamente nei college americani, in cui la consuetudine col campo non è più una così componente decisiva. Certo il Black Course di Bethpage, a due passi da New York, è un campo tosto, già teatro negli ultimi vent'anni di tornei del grande slam. Ricordiamo le vittorie di Tiger Woods nel 2002 di Lucas Glover nel 2009, di Patrick Reed nel 2018 e di Brooks Koepka nel 2019, tutti assenti in questa edizione di un trofeo che si preannuncia molto combattute. Chissà se domani prevarrà l'Europa, nella Ryder Cup sempre più unita che in politica, se troverà come già accaduto il momentum, quel magico insieme di prodezze che nell'attimo decisivo decide il match spingendo il compagno di squadra, colpo dopo colpo, perché non puoi sbagliare nulla per conquistare la piccola coppa d'oro inventata da Samuel Ryder, il trofeo che più di ogni altro, senza nulla togliere a qualunque altra competizione, regala al golfista l'emozione di vincere non solo per sé stesso, non solo per il suo paese, non solo per i suoi tifosi, ma per tutti i popoli del nostro Continente.



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