Zvonimir Boban (foto Ansa)

Il calcio di Zvonimir Boban al passato recente della Dinamo Zagabria

Alex Čizmić

L'ex centrocampista del Milan ha deciso di abbandonare la dimensione globale della gestione calcistica per mettere a disposizione della squadra che lo ha lanciato il proprio bagaglio di conoscenze. L’obiettivo è chiaro: voltare pagina dopo l’era autoritaria di Zdravko Mamić e dei suoi successori

La parabola del figliol prodigo è ben nota anche in Croazia e Zvonimir Boban potrebbe esserne la reincarnazione più recente. Dopo una lunga carriera internazionale, l’ex campione del Milan è tornato nella sua Zagabria per candidarsi alle prime elezioni democratiche della Dinamo, la squadra in cui è cresciuto e che aveva lasciato nel 1991 per inseguire la gloria in Italia.

 

Eppure, al neoeletto presidente della società più titolata del paese balcanico non si addicono le etichette di “dissipatore” e “figlio perduto”, come viene definito il protagonista della parabola secondo la tradizione croata. Pur partito da una Jugoslavia sull’orlo della dissoluzione, il ventiduenne Boban non si è smarrito e reduce da una lunga squalifica per il celebre calcio a un poliziotto durante gli scontri prima della gara contro la Stella Rossa di Belgrado, non ha dilapidato quanto di buono aveva appreso. Nei nove anni trascorsi al Milan, preceduti da una stagione di ambientamento al Bari, si è affermato come un calciatore di caratura mondiale, apprezzato non solo per la tecnica ma anche per la personalità in campo e fuori. È in Italia che ha affinato leadership e visione, qualità che lo porteranno ai vertici anche come dirigente.

 

Spirito eclettico, curioso e mai banale, Zvone si è avvicinato al mondo della gestione sportiva attraverso un sentiero atipico. Dopo una breve parentesi al Celta Vigo, che è coincisa con il suo ritiro nel 2002, ha scelto di prendersi una pausa dal calcio per allargare i propri orizzonti. Durante i quattordici anni intercorsi tra l’ultima partita da calciatore e il primo incarico in ambito amministrativo, Boban si è laureato in storia, ha diretto Sportske Novosti, uno dei quotidiani sportivi più longevi di Croazia, è stato editorialista della Gazzetta dello Sport ed è diventato opinionista di Sky Sport.

 

Determinato finalmente a intraprendere una carriera dirigenziale, è rientrato nel calcio dalla porta principale. Tra il 2016 e il 2024 è stato a capo dell’area sportiva di Fifa e Uefa, due esperienze triennali intervallate dal breve ritorno al Milan nel 2019. Trascorso un anno sabbatico dopo la fine del rapporto con il massimo organismo calcistico europeo, Boban ha deciso di abbandonare la dimensione globale per mettere a disposizione della Dinamo Zagabria il proprio bagaglio di conoscenze in una fase cruciale della storia del club. L’obiettivo è chiaro: voltare pagina dopo l’era autoritaria di Zdravko Mamić e dei suoi successori, accusati di aver gestito la Dinamo - un’associazione civica secondo la legge croata - in modo contrario a quanto previsto dalla normativa. Di fatto, avevano trasformato il club in un affare privato, accumulando guadagni milionari ed esentasse grazie alle cessioni dei numerosi talenti coltivati nel settore giovanile zagabrese o reclutati nello spazio dell’ex Jugoslavia. Luka Modrić e Petar Sučić, protagonisti della Serie A, ne sono due esempi. Invocato a lungo dalla tifoseria, che si era in gran parte allontanata dal club, Boban ha accettato di partecipare alle elezioni solo dopo essersi assicurato che il processo di riforma fosse realmente in atto. In un’intervista, inoltre, ha espresso il desiderio che questa alla Dinamo possa essere la sua ultima esperienza calcistica. Per lasciare il segno, dunque, ha intrapreso una rivoluzione del parco giocatori, puntando sui migliori prospetti del campionato locale e su innesti di spessore come Ismael Bennacer, e ottenuto dal premier croato Andrej Plenković il terreno su cui costruire un nuovo centro tecnico.

 

Questa svolta richiama idealmente il calcio che Boban sferrò a un poliziotto oltre trentacinque anni fa.

 

Oggi, in modo metaforico, quel gesto si rinnova e si trasforma in un calcio al passato oscuro del club, per restituire la Dinamo a chi le è sempre rimasto fedele e consolidare la sua posizione tra le migliori squadre d’Europa.

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