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Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Robert Redford, il migliore

Alessandro Bonan

Nei vari ruoli che ha fatto, l'attore era ovviamente diverso. Ma di quella incoerenza con se stesso che rende credibili i personaggi interpretati, da Sundance Kid il pistolero "giusto" a Roy Hobbs, campione di baseball ormai consunto

Sono sincero, la morte di Robert Redford mi ha scosso. Lo ritenevo infinito, e non solo per il fascino di un uomo ritenuto da sempre bellissimo e longevo nella sua avvenenza, ma per la grazia nel recitare, e anche nel vivere, vista la maniera in cui ha portato avanti battaglie giuste nell’America delle profonde contraddizioni e disuguaglianze. Redford era diverso, lontano dall’aggressività che ci circonda, pur senza cambiare mai, tanto da apparire giovane anche quando ormai era diventato vecchio. È morto a 89 anni quando nessuno parlava più della sua età, come se il tempo non appartenesse alla sua storia. Ci sono persone così, vivono in accordo con la vita, la assecondano, ne ricevono gli impulsi e reagiscono di conseguenza, finendo per diventare essi stessi i padroni del tempo. 

 

Redford era un amante dello sport e del baseball in particolare, che aveva praticato a buoni livelli, tanto da ottenere una borsa di studio all’Università del Colorado. Nel baseball, tra le altre cose, sono importanti velocità e precisione. Una mazza veloce “ruba” il tempo al lanciatore, che dal canto suo deve essere il più preciso possibile. Per raggiungere in fretta una base occorre essere veloci, veloci di gambe e di pensiero. Questo in sintesi, omettendo molto altro. Tra le caratteristiche del baseball, c’è la diversità. Un lanciatore si contrappone al battitore e mai quei due ruoli potranno essere interpretati dallo stesso attore. Anche Redford nel suo lavoro era ovviamente diverso, ma di quella incoerenza con se stesso che rende credibili i personaggi interpretati. In Butch Cassidy è uno straordinario Sundance Kid, il pistolero “giusto”, che mai ha ucciso, nonostante fosse il più veloce del West. Ne Il Migliore, è un perfetto Roy Hobbs, campione di baseball ormai consunto, che pur soffrendo di una vecchia ferita sanguinante, si cimenta in uno straordinario fuoricampo nella sua ultima partita.

 

Ma c’è un film, tra tutti gli altri, che rende la misura della sua grandezza, almeno per i miei gusti. Ed è Come eravamo, insieme a una strepitosa Barbra (senza la a) Streisand. È una bellissima e struggente storia d’amore tra due persone opposte. Lui è un conservatore alto borghese, lei una progressista sempre in lotta per un mondo migliore. C’è un dialogo, durante il film, che cattura il senso della vita. “Io non so come fai”, dice Robert, “io non so come puoi non farlo”, risponde al volo Barbra. Il film si chiude con un finale amaro. I due, ormai separati, si ritrovano per caso dopo tanto tempo e capiscono che avrebbero potuto stare insieme per tutta la vita se solo avessero accettato le differenze dell’altro.

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