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Il foglio sportivo

Una Champions piena di sorprese

Michele Tossani

Sta per cominciare la stagione delle coppe europee. Parla Walter Zenga, allenatore ed ex grande portiere dell’Inter e della Nazionale: “Il calcio d’inizio del Psg? Lo faceva già Sonetti alla Sambenedettese”

Buongiorno Europa! È proprio il caso di dirlo visto che, finalmente, prende il via anche la stagione delle coppe europee. Ne abbiamo parlato con Walter Zenga, allenatore ed ex grande portiere dell’Inter e della Nazionale, oltre che commentatore di Sky Sport.

 

Partiamo dal nuovo format della Champions, con il maxi raggruppamento iniziale e senza più i gironi: ti piace questa nuova formula? 

“Mi piace molto. L’anno scorso ero a commentare le partite del mercoledì sera su TV8 e l’ho trovata una formula interessante. Ci sono tante partite da vedere, tante belle partite”. 

 

Quali sono, secondo lei, le squadre favorite quest’anno? 

“È complicato indicare delle favorite. All’inizio uno può pensare ai soliti nomi (Paris Saint-Germain, Bayern, Manchester City…). Bisogna poi vedere come si sviluppa la stagione. Il Psg, nella passata edizione, le prime cinque partite aveva giocate male, poi ha vinto le ultime due, si è qualificato e ha vinto la Champions. Fare delle previsioni è sempre molto azzardato”. 

 

Tatticamente si aspetta qualche novità?

“Le novità ci sono sempre. L’anno scorso siamo stati tutti sorpresi dal fatto che Luis Enrique, sul calcio d’inizio, butta la palla in fallo laterale e va poi a pressare… lo faceva Nedo Sonetti nella Sambenedettese nel 1981”.

 

Veniamo alle italiane. Come vede l’Inter con un calendario che prevede, fra le altre, Liverpool, Dortmund, Arsenal e Atlético Madrid?

“I calendari, se vogliamo, sono tutti tosti perché le squadre che partecipano alla Champions sono tutte di livello. Nelle otto partite che giochi ce ne sono sempre quattro con squadre del tuo livello. È difficile fare delle previsioni perché bisogna vedere in che periodo si svolgono le partite, come si incastrano nel calendario del campionato e, soprattutto, in che misura infortuni e squalifiche possono andare a incidere sul rendimento della squadra”.  

 

Cosa ne pensa delle novità che sta cercando di introdurre Chivu rispetto alla squadra di Inzaghi? 

“Ogni allenatore ha le sue idee e queste devono essere trasmesse volta per volta, non tutte insieme. Non mi sembra di aver visto grandi cambiamenti, ultimamente, da parte dell’Inter, perché c’è un retro che ci si porta dietro da un sistema che veniva usato e che ha prodotto uno scudetto e due finali di Champions. Il tempo è sempre un grande giudice, ma, ripeto, un allenatore deve introdurre i suoi concetti di volta in volta, senza dimenticarsi di ripeterli e di continuare ad applicarli. Per esempio: se tu introduci quattro concetti nuovi e parti dal primo, una volta che la squadra lo ha assimilato non lo devi abbandonare per passare al secondo. Devi sempre rifare il primo per fare poi il secondo. E, di conseguenza, andare avanti di questo passo”.

 

Passiamo all’Atalanta. Pensa che Juricćriuscirà a non far rimpiangere Gasperini? Ce la farà a passare il turno?

“Come sopra, non lo possiamo sapere, ma quello che accomuna Juricće Chivu è il fatto che non hanno esperienze a livello internazionale. Nel senso che non è facile gestire una stagione quando iniziano le partite a ritmo di tre a settimana. C’è anche un esempio: Italiano, quando è arrivato alla Fiorentina, non era abituato a giocare le coppe. Ha iniziato addirittura dai preliminari e ha fatto due finali di Conference. L’esperienza te la fai camminando”.

 

Conte viene considerato dai suoi detrattori come un tecnico più da campionato che da coppe. Riuscirà a gestire il doppio impegno? La rosa si è arricchita parecchio.

“Sì, la rosa si è arricchita e, comunque, non dobbiamo mai dimenticare che ci sono cinque cambi a partita. Questo aiuta sicuramente un allenatore nel gestire le cose. Quello che invece mette in difficoltà un tecnico sono le squalifiche, gli infortuni e determinate partite che capitano quando le cose non sono al massimo. Antonio ha un’esperienza infinita e sa come gestire anche i momenti più complicati”. 

 

A proposito di infortuni, riusciranno i partenopei a sopperire all’assenza prolungata di Lukaku? Basteranno Lucca e Højlund (più orientato ad andare in profondità) a non far rimpiangere il belga?

“Se il Napoli ha individuato in Højlund l’alternativa del belga, un motivo ci sarà. Detto questo, la sostituzione di Lukaku non è per niente semplice, ma non perché Lucca e Højlund non siano giocatori validi. Il fatto è che le caratteristiche di Lukaku sono difficilmente sostituibili. Come giocatore, come fisicità, come intelligenza, come bravura a stare in campo, come capacità nell’attirarsi addosso gli avversari… Lucca gioca in maniera differente, Højlund (come hai detto giustamente tu) è uno che attacca molto la profondità. Quindi sono diversi da Lukaku. Andare a cercare un sostituto del belga è complicato perché non esiste, secondo me, qualcuno che possa sostituire Lukaku con le caratteristiche di Lukaku”.

 

Venendo alla Juve, si aspettava la conferma di Tudor? A un certo punto, anche per i cambiamenti avvenuti a livello dirigenziale, una sua permanenza sulla panchina bianconera non sembrava scontata, al di là della centrata qualificazione alla Champions. 

“Sì, me l’aspettavo perché ha quella caratteristica che sembrerà banale ma è importante: ha la Juventus nel dna. Il che vuol dire le cose fatte bene: la puntualità, l’attenzione ai particolari, il senso di appartenenza… tutte cose che incidono nel corso della costruzione di una squadra”.   

 

Come pensa che Tudor gestirà un attacco con tanti giocatori validi? 

“Si divertirà sicuramente perché, come detto, ci sono le cinque sostituzioni. E ci sono da giocare trentotto partite di campionato e, si spera, quindici di Champions, più la Coppa Italia. Lo spazio c’è per tutti. Più giocatori di qualità hai e più il tuo livello di squadra non si abbassa, quando fai le sostituzioni”.

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