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Flop europeo

La fine dell'Italbasket del Poz è avvenuta all'epica maniera del Poz

Francesco Gottardi

Sempre a inseguire, poi a rimontare, sfiorando l’impresa quando nessuno ci credeva più. Ma il verdetto è che l’Italia è fuori agli ottavi, contro un infinito Doncic e una modesta Slovenia: serviva un altro risultato, un altro basket. E anche per questo il commissario tecnico si è dimesso

Fine dell’illusione. L’Italbasket esce dall’Europeo nella più pozzecchiana delle maniere. Subisce, va sotto, vede il baratro, si scuote, rimonta e riaccende un paese intero quando ormai nessuno ci sperava più. A quel punto la macchina azzurra s’inceppa. È a corto di cartucce, canestri e inchiostro per scrivere quell’happy ending al cardiopalmo così tanto in stile Poz. Vince la Slovenia. Stravince Luka Doncic, immarcabile sin dalla palla a due. Tramonta un’idea cestistica d’Italia: quella tutto cuore, grinta e speriamo bene. La lezione di questo torneo è che la Nazionale ha giocato come se avesse meno talento di quello di cui in realtà disponeva – lasciandone una parte perennemente in panchina: Procida, Spagnolo –, fino a squagliarsi contro una squadra che di talento, a parte il suddetto fenomeno dei Lakers, non aveva poi un granché. Rabbia, rimpianti e involuzione. Perché due anni fa Fontecchio e compagni vedevano sfumare la zona medaglie per questione di un giro storto in lunetta, mentre oggi c’è un’eliminazione che parla chiaro già agli ottavi di finale. E non a caso, subito dopo la sconfitta, Gianmarco Pozzecco si è dimesso dall’incarico. Ci sarà da ricostruire.

Vulcanico anche nell’addio, il Poz. Pathos, iperboli, occhi lucidi. Ma poi c’è la sostanza: e cioè che la sua pallacanestro non ha portato ai risultati sperati, dunque il passo indietro – consapevolezza non comune nell’Italia sportiva. Chissà. Forse sfangandola ancora una volta, regalandoci una supersfida contro la Germania, si sarebbe salvata la spedizione. Tralasciando così le lacune, gli errori strategici, i cali di tensione fatali. E in questo senso, forse, va allora ringraziato lo schiaffo di realtà rifilatoci da Luka. Il piano partita prevedeva costruirgli attorno una gabbia difensiva: a un certo punto del secondo quarto il tabellone recitava Doncic 25, Italia 22. È stato tutto fin troppo facile, per un campione che non aveva bisogno di alcun tappeto rosso – tradotto, il povero Marco Spissu in marcatura mentre il 77 martellava da tre. Alla pausa aveva già 30 punti. A fine gara 42. Un affanno continuo, sottoforma di svantaggi siderali (-17 anche in apertura di ultimo quarto) e colpi di reni degli Azzurri che in quanto ad attributi – questo sì, fino all’ultimo – non sono secondi a nessuno. Fa ancora più male, visto che la risalita si ferma sul -1 con canestrone di un infinito Fontecchio. Ma negli ultimi due minuti la palla non entra più. Azioni disegnate male e concluse peggio. Gli sloveni invece – nel senso: gli altri avversari tolto Doncic – hanno fatto il loro onesto compito da supporting cast, dimostrandosi tatticamente più disciplinati di noi. E tanto è bastato.

Dispiace, per alcuni più di altri. Danilo Gallinari si è congedato dall’azzurro con una prestazione delle sue, anche se a minutaggio ridotto: ci mancherà tanto. Diouf e Niang, liete rivelazioni del torneo, si sono battuti, forse pagando un po’ l’emozione del big match, ma avranno tutto il tempo per rifarsi – e da loro l’Italbasket dovrà ripartire. Hanno steccato invece i senatori e i fedelissimi del Poz: Pippo Ricci, Spissu, Thompson, in parte anche capitan Melli – nonostante un paio di triple da fuoriclasse nel momento del bisogno. Si prende la colpa il coach. Più dei traguardi di questo triennio – mai oltre i quarti tra Europei e Mondiali, mancate le Olimpiadi –, valgono le emozioni. E quanto si è divertito sul parquet un gruppo che dell’unità ha fatto la sua prerogativa. Non sarà stato abbastanza, ma non è affatto poco.