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Il Foglio sportivo
Luca di Montezemolo ricorda la festa per il Mondiale di Lauda: “Quella volta che da Monza sentii piangere Ferrari”
Il 7 settembre 1975 è il giorno in cui la Ferrari vinse il Mondiale a Monza, evento che segnò l’inizio di un’epoca leggendaria. L'audacia delle scelte fatte allora e l’assenza di spirito nella Ferrari di oggi
Che domenica quel 7 settembre di cinquant’anni fa! “Uno dei giorni più belli della mia vita”, racconta Luca di Montezemolo che all’epoca era assistente di Enzo Ferrari, in pratica il Fred Vasseur di oggi (scusi il paragone presidente). Aveva 28 anni e anche questo racconta quanto fosse visionario Enzo Ferrari che aveva affidato la sua creatura più cara, la sua Scuderia, a quel ragazzo laureato in legge e con un master alla Columbia di New York che aveva conosciuto alla radio quando era entrato in trasmissione con una telefonata per difendere la Ferrari dagli attacchi dei media. Monza, Autodromo Nazionale, 7 settembre 1975, un giorno storico per la Ferrari e la Formula 1, il giorno del primo Mondiale di Niki Lauda che di anni ne aveva 26 e mezzo. “È una ricorrenza molto importante perché la Ferrari tornava a vincere il Mondiale 11 anni dopo Surtees, era il primo di Niki Lauda con Enzo Ferrari ancora tra noi. E poi quel giorno vincemmo la gara con Clay Regazzoni e il Mondiale con Niki. Una cosa rara conquistare il Mondiale a Monza e vincere il Gran premio con l’altro pilota”, ricorda l’ex presidente che di quella giornata ha una fotografia nel suo studio, accanto a quella della prima vittoria di Lauda in Spagna l’anno prima e a quella del Mondiale vinto con Schumacher a Suzuka nel 2000.
“Sono i due giorni più belli della mia vita sportiva. Avevo responsabilità diverse, ma ho provato la stessa gioia. Quando vincemmo a Monza mi sentii realizzato perché ero riuscito a ricambiare la fiducia che Enzo Ferrari aveva dato a un giovane come me”. Quando Lauda tagliò il traguardo al terzo posto, dietro a Clay e a Fittipaldi, Montezemolo era in pista quasi che volesse abbracciare subito i suoi piloti. “Allora si potevano fare certe cose e io lo sapevo bene perché in Olanda ero stato travolto ai box da Peterson e mi ruppi spalla, gomito e gamba… e pensare che quel giorno Niki me ne disse di ogni perché non mi aveva più visto esporre il cartello dal muretto…”. Quella domenica a Monza, Montezemolo si affacciò invece dal muretto con un cartello a tre giri dalla fine per segnalargli che ormai poteva prendersela comoda… Immagini che si vedranno in “Luca Seeing Red”, il docuflim sulla sua vita in uscita (senza immagini dall’interno della Ferrari, gli hanno vietato di girarle. Assurdo).
“All’epoca non c’erano i telefonini e subito dopo corsi a telefonare a Ferrari che era rimasto a Maranello a seguire la gara alla televisione. Per la prima volta nella mia vita l’ho sentito commosso, addirittura con qualche lacrima per la gioia di quella vittoria. Era tornato a conquistare il Mondiale e in fin dei conti aveva vinto due scommesse, affidando la squadra a un giovane e ingaggiando un pilota giovane come Lauda che non era certo Hamilton perché veniva dalla Brm e non aveva mai vinto né conquistato una pole in Formula 1”. Montezemolo mischia i ricordi a qualche frecciatina. Che giudichi un po’ assente la dirigenza di oggi non è un mistero: “Oggi manca un leader e lo spirito è svanito”. Aggiunge: “La Ferrari ha preso Hamilton perché è una grande operazione di marketing, ma la Ferrari non ha mai preso un pilota per un’operazione di marketing, li ha sempre presi perché era convinta di poter vincere con loro”. Ma restiamo a quegli anni d’oro. La scelta di Lauda fu un azzardo. Un azzardo spinto proprio da Montezemolo con la collaborazione di Clay Regazzoni. “Ferrari aveva in mente Jarier di cui gli aveva parlato molto bene Charles Pozzi, l’importatore della Ferrari in Francia. Io avevo in mente Lauda perché mi piacevano la sua serietà e la sua velocità. Ci serviva un pilota freddo da mettere accanto a un vulcano come Clay. E poi proprio Clay che lo aveva avuto come compagno in Brm me ne parlò bene. Ferrari lo vide in gara a Monte Carlo e si convinse. Clay non pensava che sarebbe diventato anche più veloce di lui… e Clay era uno veloce, un Villeneuve ante litteram… i primi problemi li ebbi a Monte Carlo quando Clay era davanti e Niki era dietro era attaccato ai tubi di scarico e più veloce… e Clay non lo faceva passare”. Bei problemi guardando a oggi… A quel punto, siamo nel 1973, Montezemolo cominciò la caccia a Niki. “Alla mia prima telefonata non si fece passare la chiamata perché credeva fosse uno scherzo. Poi ci incontrammo a Linate e Niki mi chiese una cifra in scellini austriaci. Ricordo che sono dovuto andare a comprare Il Sole 24 ore in edicola per capire di che cifra parlasse. Ci accordammo perché venisse a conoscere Ferrari… solo lo pregai di non venire con la sua Ford Capri per evitare di cominciare male l’avventura”.
Dopo aver sfiorato il Mondiale con Regazzoni nel 1974, l’anno dopo arrivò l’apoteosi di Monza, l’inizio di un’epoca leggendaria. “Mi resi conto ancora di più che avevamo fatto qualcosa di straordinario il lunedì dopo, quando la Polizia mi fermò perché avevo superato i limiti attraversando il Parco di Monza dove eravamo rimasti a festeggiare… Quando mi riconobbero invece di multarmi mi abbracciarono e mi ringraziarono per il titolo”. Cinquant’anni dopo siamo qui a celebrarlo. “Con Niki eravamo quasi coetanei, vivevamo in hotel al Canal Grande di Modena, diventammo amici. È stato uno dei miei migliori amici per tutta la vita anche quando dopo esser stato con me nei miei primi anni da presidente tornò in pista come dirigente della Mercedes. Quando ci sentivamo cominciava sempre con un “Ferrari Casino”… Ci siamo voluti bene. Lo sentii ancora con un filo di voce pochi giorni prima della sua morte e poi andai a salutarlo al funerale, aveva voluto farsi seppellire con una tuta della Ferrari”. Ma il Lauda pilota come era? “Niki come Schumacher è sempre stato un uomo squadra, molto vicino ai suoi meccanici, agli ingegneri, aveva un rapporto speciale con Cuoghi. Se Schumacher è stato il primo a portare in Formula 1 la cura ossessiva del fisico e della preparazione, Niki era stato il primo a portare la cura maniacale per i dettagli. A Fiorano ci divertivamo a fargli delle piccole modifiche di assetto. Lui faceva un giro e rientrava ai box e ci assaliva: voi str… avete fatto questo senza dirmelo… Aveva una sensibilità incredibile. Non abbiamo mai litigato. Solo una volta mi fece arrabbiare quando si ribaltò con un trattore e si ruppe due costole. Allora gliene dissi di tutti i colori”. Ricordare Niki e quel Mondiale con una nuova vittoria a Monza, magari con Lewis che è stato il suo ultimo protetto, sarebbe perfetto. Sognare l’impossibile non è reato.