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non solo moda
Cosa ha fatto Giorgio Armani con lo sport italiano, e perché ringraziarlo
Ha salvato il basket a Milano, prima sponsorizzando e poi acquistando l’Olimpia nel 2008, ha firmato le divise dei nostri atleti olimpici e della nazionale di calcio
Lo sport italiano non finirà mai di ringraziare Giorgio Armani per l’eleganza e l’amore che gli ha riservato. Ha salvato il basket a Milano, prima sponsorizzando e poi acquistando l’Olimpia nel 2008, ma da Londra 2012 è anche l’uomo che firma le divise dei nostri atleti olimpici e da anni fornisce le divise ufficiali della nazionale di calcio. L’Italia dello sport non era mai stata così elegante e forse neppure così patriottica da avere le strofe dell’inno scritte all’interno delle tute dei suoi atleti olimpici. “Lui ci ha fatto vincere la medaglia d’oro dell’eleganza e noi cercheremo di dedicargli più medaglie possibili ai prossimi Giochi di Milano Cortina quando vestiremo ancora i suoi abiti”, ha detto il presidente del CONI Luciano Buonfiglio. Ad Armani piacevano i giochi di squadra perché sposavano la sua filosofia. “È uno sport rapido, organizzato, divertente, occorre essere attenti, veloci… Nel basket si vince tutti assieme, come facciamo noi in azienda”. Quell’azienda che ora ha in eredità anche il suo amore per l’Olimpia, trasmesso a Leo Dell’Orco, il suo braccio destro, che è già presidente della società e ora continuerà a sostenerla.
Armani ha spesso avuto degli atleti come testimonial anche per le sue collezioni più eleganti, qualche anno fa aveva vestito anche Charles Leclerc, che lo ricorda per la sua gentilezza e la sua curiosità. Ma il grande amore di Armani era il basket che aveva cominciato a seguire da ragazzo: “Entrò nella mia vita quando mio fratello, che era il contrario di me tanto era alto, e mia sorella cominciarono a giocarlo. Io presi altre strade…”, mi raccontò un giorno descrivendo l’emozione che provava a vedere la sua Olimpia dal vivo al palazzo, un’Olimpia che gli ha regalato tanti successi (6 scudetti e 4 Coppe Italia), ma ancora deve dedicargli il più grande, la conquista dell’Eurolega. Qualche volta andava a vedere il basket anche in America, anche se non sopportava la mania degli americani di abboffarsi anche guardando la partita: troppa puzza di hot dog. Aveva anche avuto un’idea per esaltare lo spettacolo: “Mi piacerebbe avere tutto il palazzo al buio con la luce solo sul parquet per esaltare i giocatori”.
Il calcio lo aveva inseguito in ogni modo, soprattutto Milan e Inter, ma lui lo aveva sempre ritenuto troppo complicato e ingombrante per entrarci come proprietario. Dopo aver accompagnato il Piacenza, la squadra della sua città, si è limitato a vestire la Nazionale (anche quella inglese ai tempi di Beckham) e ultimamente il Napoli e la Juventus. Ed è legata a un calciatore anche l’invenzione del marchio EA7, quello più sportivo del gruppo, quello che firma le divise olimpiche e paralimpiche: Armani aggiunse il 7 alle iniziali Emporio Armani in onore di Shevchenko che aveva conosciuto a Milano. Nei palazzetti lo chiamavano Re Giorgio, ma lui preferiva un semplice Signor Armani: “Trovo che non sia così scontato rimanere signore ed essere riconosciuto come tale nell’intero arco della propria vita”. Lui ci è riuscito. E (anche) lo sport lo ringrazia.