
Il gol di Arthur Atta contro l'Inter nella seconda giornata di Serie A (foto LaPresse)
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Il girasole Arthur Atta
Il centrocampista francese dell'Udinese gioca in punta di piedi e in punta di piedi è entrato nello spogliatoio friulano prima di conquistarsi l'assoluta fiducia di tutti
Arthur Atta è un’anima lunga e sottile, sempre protesa verso il cielo alla maniera di un girasole, solo che il suo sole è il pallone. Lo osserva, lo segue, lo rincorre, sa che non può farne a meno, ma non è geloso, non lo tiene mai tutto per sé, ha la virtù della condivisione.
Quando non ha il pallone tra i piedi, Arthur Atta è zompettante e sghembo nel suo vagare avanti e indietro per il campo, sempre pronto a dare una mano, a rincorrere se c’è da rincorrere, ad allargarsi o ad allungarsi nel rettangolo verde. Si muove sulle punte, come se non volesse rovinare troppo l’erba sotto i suoi scarpini. Sfuggente come quei suoi occhi che cercano di nascondersi e scomparire.
Quel zompettare sghembo è l’evidenza di una assenza. Quella del pallone. Quando lo ha tra i piedi, l’incedere di Arthur Atta si trasforma, i suoi movimenti si dotano di una grazia sino a pochi istanti prima inimmaginabile. E anche i suoi occhi si fanno presenti, animati da una vitalità diversa. E quelle gambe lunghe e sottili iniziano a muoversi precisi, essenziali, sempre però in punta di piedi.
E in punta di piedi Arthur Atta è entrato in tutte le squadre per cui ha giocato. Non è un calciatore alfa il francese, non un ganassa. È un’anima lunga e sottile che bussa e quando gli aprono una porta chiede sempre permesso. Quando è entrato però, sempre con gentilezza e umiltà, prende il centro della scena e non lo molla più. Perché “è un ragazzo intelligente, che riflette costantemente ed è sempre lucido riguardo alle sue prestazioni. Ha sicuramente un enorme margine di miglioramento e un QI calcistico elevatissimo”, disse di lui, all’Equipe, Landry Chauvin, l’allenatore che lo volle nella Nazionale francese Under 20 nel marzo del 2023.
Non è cambiato da allora. Nonostante sia passato dalla Ligue 2, la serie B francese, alla Serie A con l’Udinese.
Ha bussato, ha chiesto permesso, ha aspettato il suo turno, si è preso il centro della scena. Sempre con il fare garbato di chi sa che prima di chiedere fiducia, serve lavorare e dimostrare di meritarla quella fiducia. Impiegò cinque mesi la scorsa stagione per convincere Kosta Runjaić che era il giocatore adatto al suo modo di giocare. L’allenatore lo utilizzò in molti ruoli, gli concesse molte presenze e pochi minuti. Poi, nel momento più difficile della stagione, decise che un giocatore così, non poteva non giocare. Giocò all’ala e in attacco, sulla trequarti e nel mezzo del centrocampo. Capì che quello era il suo posto. A tal punto che in estate ha deciso di costruirci una squadra attorno. La stessa capace di battere l’Inter a San Siro grazie a un gol di Arthur Atta.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.