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Il Foglio sportivo
Tutti contro il calendario, tranne Sinner. Cosa c'è dietro al ritiro a Cincinnati
Lo stress, la mancata evasione, l'Atp che riempie ogni pertugio vuoto del calendario con un nuovo torneo. Non si sa quanto questo c'entri con il Nostro, che è stato fermo tre mesi e poi un altro dopo Wimbledon. Ma una spiegazione bisogna pur darla
Sia fatta una doverosa premessa, in queste ore di preoccupazione per le sorti del Nostro: dalla bocca immacolata di Jannik Sinner, presto assurto al ruolo di beato, non è mai uscita una parola di protesta: contro il calendario, contro il numero di partite, contro gli orari dei match, contro il logorio del tennis moderno. Mai. In generale, non si ricordano lamentele di sorta, se non un sopracciglio alzato una volta all’indirizzo di un arbitro, e un sospiro appena sostenuto contro il caldo. Se digitate su Google “Sinner protesta”, non esce nulla. Zero. Del resto, il ragazzo non è loquace, poco a suo agio, e con scarso entusiasmo, quando deve rilasciare un’intervista a una testata giornalistica, assai più disinvolto con gli scarni copioni degli spot pubblicitari, mai prodigo di dettagli quando, dentro i suoi periodi di crisi, il mondo si aspetterebbe uno straccio di spiegazione.
Cosa ha avuto Jannik? Febbre? Escluso. Virus intestinale? Chissà. Saranno state le fragole con panna? Ma ti pare, uno così ligio al dovere, secco allampanato, che commette un peccato di gola? Però hai visto com’era bianco, pareva uno straccio, non si reggeva in piedi. Sarà lo stress. E in effetti, affermati psicologi dello sport e noti mental coach, solitamente gli uni contro gli altri armati, chiamati a risolvere l’arcano caso del tennista bionico che ogni tanto, improvvisamente, si mostra fragile e vulnerabile, hanno concordato che il ragazzo, notoriamente un maniaco del lavoro, ogni tanto dovrebbe staccare la spina, ma sul serio, non accontentarsi di dare una lustratina alla Ferrari in garage, l’evasione meno innocente che si è concesso dopo Wimbledon, ma fare come l’altro, il godereccio Alcaraz, una bella serata in discoteca, una bottiglia di buono champagne e pazienza se il mattino dopo ti alzi con un cerchio alla testa. Ogni tanto, ci vuole.
Altrimenti, lo stress ti mangia. E d’altronde, se ne soffriamo noi felici comuni mortali con le nostre vite di alti, bassi e rincorse, figli da prendere a scuola e portare in piscina, mariti e mogli da accontentare, capi sul lavoro da sopportare, ecc…, figuriamoci questi poveri tennisti costretti a macinare vittorie e soldi, accordi commerciali ed esibizioni per il godimento di ricchissimi petrolieri, allenamenti e viaggi in business, massaggi sul lettino e notti in alberghi stellati. Ahi lo stress, Freud e il sess, è tutto un cess, cantava ormai una cinquantina di anni fa Rino Gaetano.
Il guaio, sostiene più di qualcuno, è che i tennisti oggi rischiano di buttare al cesso, giustappunto, integrità fisica e tenuta mentale, se non smettono di assecondare la folle corsa dell’Atp a riempire ogni pertugio del calendario con un nuovo torneo o, come è capitato in questi anni a numerosi Masters 1000, Roma compresa, allungando i tornei preesistenti. Più o meno, è il grido di allarme lanciato in questi giorni da Paolo Bertolucci, una delle poche voci libere, e dunque critiche, rimaste nel meraviglioso star system del tennis. Tutti felici quando si tratta di aumentare il numero di partite – organizzatori, dirigenti, giocatori e loro accompagnatori a vario titolo, perché tutti si mettono in tasca più soldi -, poi si scandalizzano se quello si ritira e quell’altro va via di testa, e gridano allo scandalo. Che l’ineffabile presidente Atp Andrea Gaudenzi, lo stesso che l’anno scorso chiedeva al governo italiano le garanzie economiche per assegnare un altro quinquennio di Finals all’Italia e quest’anno ha firmato una letteraccia contro lo stesso governo che in cambio di quelle garanzie vuole capire come vengono investiti i ricavi, si sia giustificato con il classico così fan tutti - “In molti sport – ha detto – c’è una tendenza chiara verso un aumento delle competizioni, basta guardare al calcio, con il Mondiale per Club ampliato lanciato quest’estate” –, non depone a favore della salute dei tennisti.
Ma tutto questo cosa c’entra con il Sinner che in questo 2025 è stato fermo tre mesi e un altro se l’è preso dopo Wimbledon per preparare Cincinnati e, soprattutto, gli Us Open in cui, per la prima volta da 64 settimane, mette in palio il suo scettro? Niente, ma una spiegazione al virus che lo ha attraversato, bisognava darla. Sorteggio amico – esordio con Kopriva, numero 87; possibili quarti con Draper o Musetti; semi con Zverev -, perché la fortuna premia sempre gli audaci. A patto che ogni tanto si facciano una risata. E stiano senza pensieri, diceva quel tale.