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Il Foglio sportivo
Per il nuovo Milan di Allegri è già l'ora della verità
A una settimana dall’inizio del campionato per i rossoneri c’è l’esame dentro o fuori con il Bari in Coppa Italia
La stagione del nuovo Milan riparte dal punto in cui tutto si era interrotto qualche mese fa, quello che aveva reso vane le due giornate conclusive del campionato: l’ultima speranza era diventata la Coppa Italia, vinta dal Bologna nella notte dell’Olimpico. A causa di tutto il resto, di un’annata balorda in cui le cose che funzionavano si potevano contare sulle dita di una mano, oggi il Diavolo si ritrova alle prese con un’entità semisconosciuta, il turno di metà agosto. Non capitava da dieci anni esatti: era il 17 agosto anche quella volta, Milan-Perugia 2-0, gol di Honda e Luiz Adriano. Era il Milan di Sinisa Mihajlovic, che un anno prima, con Filippo Inzaghi in panchina, aveva chiuso al decimo posto, due gradini più in giù rispetto a quello del duo Fonseca-Conceiçao.
Senza competizioni internazionali sul percorso, i rossoneri dovranno inevitabilmente dare molto valore alla Coppa Italia, trofeo con il quale Massimiliano Allegri ha un feeling particolare visto che nessun allenatore l’ha alzato al cielo quanto lui. Anche la sua avventura riparte dallo stesso punto di rottura: dopo aver regalato alla Juventus la vittoria nella finale del 2024 contro l’Atalanta, con il cronometro ormai agli sgoccioli, si era prodotto nell’ultimo “spogliarello” della sua vita in bianconero, via la giacca, via la cravatta, con tutti i freni rimasti via pure i primi bottoni della camicia. L’urlo “Dov’è Rocchi?” verso la tribuna dell’Olimpico è rimasto come il flash finale, quindi il brusco addio. Adesso predica calma, ha gettato la solita cortina fumogena sul suo Milan, con le fanfare del 4-3-3 iniziale che si sono già scontrate con il ritorno della difesa a tre nel corso delle amichevoli, soprattutto ha chiesto concentrazione proprio sulla Coppa. Lo ha fatto dopo la netta sconfitta con il Chelsea, in cui le cose negative hanno preso il sopravvento su quelle positive, senza dimenticare che si trattava di una partita arrivata a 24 ore da quella con il Leeds e di conseguenza con l’organico diviso in due per reggere il doppio impegno.
Il monito è sempre lo stesso: “Dovremo avere un’attenzione diversa, domenica c’è una partita da dentro o fuori: ci dobbiamo preparare al meglio”, ha detto guardando già allo scontro con il Bari (domenica 17 alle 21,15 diretta su Canale 5), che ha messo nel mirino già dal momento del suo arrivo.
Non ci sono ancora certezze, in questo Milan che continua a impilare acquisti uno sull’altro per cercare di dare un senso al proprio organico. Al momento, fanno ancora più rumore le partenze (Theo Hernandez e Reijnders) rispetto agli arrivi. Allegri dovrà assemblare un centrocampo tutto nuovo e numeroso: Ricci, Jashari e Modric rivendicano spazio per via del loro status, eppure Fofana sembra irrinunciabile se si deve perseguire la strada maestra del tecnico, quella dell’equilibrio. La cosa più facile, almeno in questa prima parte di stagione, è immaginare Modric a mezzo servizio, 20-30 minuti di qualità da calare sul campo quando gli altri iniziano a essere un po’ più stanchi e le idee in mediana si fanno meno chiare. Per il resto, però, il Milan è ancora un cantiere aperto. Non c’è il centravanti, perché Gimenez sembra già declassato a elemento di rincorsa; non c’è il sistema tattico, perché il mercato aperto fino alla fine del mese rende le squadre per loro natura mutevoli e sottoposte al saccheggio sistematico della Premier e dell’Arabia, per quanto ben pagato; non c’è nemmeno la percezione di chi possa essere il leader di questa squadra, fatta salva l’aura che circonda, e non potrebbe essere altrimenti, uno come Modric. Si aspetta da anni l’ultimo step di Rafael Leão, si punta sul rilancio di Maignan dopo qualche svarione di troppo nella scorsa stagione (ma il contratto?), la speranza è di rivedere il miglior Tomori.
Se quindi dobbiamo aggrapparci a un solo concetto dal quale ripartire, sarà la volontà di Allegri di non prenderle: è storicamente convinto, suffragato dai numeri, che in Italia si vinca innanzitutto subendo un gol in meno dell’avversario. Non aspettiamoci, dunque, un Milan garibaldino, nemmeno contro il Bari, qualunque sia la scelta del modulo. Del resto, come ha spesso insegnato in conferenza stampa, per lui il calcio è materia semplice, e lo ha ribadito anche in occasione dell’attesissima presentazione ufficiale: “Quando abbiamo la palla dobbiamo fare gol. Quando non l’abbiamo non dobbiamo prenderlo”. Le ultime amichevoli non hanno certo risolto i dubbi, ma l’alibi della rosa spezzata in due tra Dublino e Stamford Bridge è effettivamente di ferro. Sarà dunque una ripartenza con sorpresa, così come con sorpresa e con tempi insolitamente rapidi si è consumato il cambio di mercato che ha visto Malick Thiaw volare a Newcastle e Koni De Winter percorrere l’A7 in direzione Milano. Il fatto stesso che sia arrivato un difensore pronto all’uso, giovane, ma già padrone delle dinamiche della Serie A, è forse l’indizio decisivo sulla volontà di Allegri di non rischiare, almeno in quel ruolo: le scommesse, più o meno costose, saranno altrove, ma non lì, nella zona più calda del campo per quello che è il “Max pensiero”. Non c’era tempo per trattative lunghe e profili da testare: primo, non prenderle. L’abbraccio di San Siro sarà di quelli di rilievo, biglietti venduti in massa neanche fosse una semifinale di Champions League: c’è voglia di Milan, di un Milan che abbia un senso, dopo le troppe cose sgangherate dell’ultima stagione. Questa sì, è materia davvero semplice.

Il foglio sportivo - il ritratto di Bonanza