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il colloquio

Il capo del Tiro a volo spiega cosa si rischia a smantellare lo sport italiano

Alessandro Catapano

"Facciamo tutti un passo indietro per fare un salto in avanti”, dice Luciano Rossi – presidente della Fitav – parlando dei rischi per l’autonomia sportiva e il rispetto per il ruolo delle federazioni

“Non facciamoci calpestare, pretendiamo rispetto”. Più che un avvertimento, è un avviso ai naviganti, di un mare – il variopinto, composito mondo della politica sportiva – che frequenta da sempre. Il padre fu presidente del Coni umbro per un trentennio, lui da trentadue guida la Federazione italiana tiro a volo e dal 2022 presiede anche la Federazione mondiale. Ma Luciano Rossi, 72 anni, da Foligno, imprenditore, è stato anche deputato e senatore, fino al 2018, con Forza Italia, Popolo della Libertà e Nuovo Centrodestra. E in quell’area politica continua  a riconoscersi. Per questo le sue parole scavano un solco profondo, come certe carezze di un padre. Si inseriscono nel dibattito su sport e politica, o meglio sulla politica nello sport, che la fine dell’era Malagò, l’elezione di Buonfiglio come suo successore, e i recenti tentativi governativi – parzialmente stoppati dal Quirinale – di stabilire per legge un ruolo di Sport e Salute nella governance degli eventi sportivi, hanno generato. E’ un messaggio che ha tanti destinatari, in entrambe le direzioni, quella della politica, “che tratti lo sport con il medesimo rispetto che riceve”, e dello sport, “che vada oltre gli egoismi personali: i miei colleghi mettano da parte convenienze federali in nome del bene comune: facciamo tutti un passo indietro per fare un  salto in avanti”.

La Federazione italiana tiro a volo, con i suoi ventiduemila tesserati attivi, è una piccola grande realtà dello sport italiano. Probabilmente, è una di quelle realtà che qualcuno con un tratto di penna cancellerebbe ma al netto di un aspetto che poche volte emerge nel dibattito, “e cioè – ricorda Rossi – la fondamentale funzione sociale cui assolvono le federazioni, che da sola basterebbe a giustificare un contributo dello Stato”, si cancellerebbe un pezzo glorioso della gloriosa storia dello sport italiano: dal 1900 allo scorso anno, infatti, l’Italia del tiro a volo ha vinto 33 medaglie (12 ori, 13 argenti, 8 bronzi), seconda nel medagliere solo agli Stati Uniti, in una graduatoria in cui figurano 44 Paesi. Il ragionamento di Luciano Rossi parte da due assunti. Il primo: “Lo sport italiano è un’eccellenza, nel mondo viene identificato con il nostro Comitato olimpico, considerato unanimemente la migliore organizzazione sportiva esistente. Il Coni ha avuto grandi presidenti, tutti autorevolissimi. Sotto la gestione di Giovanni Malagò, che  ho sostenuto fino all’ultimo, lo sport italiano ha acquisito una credibilità internazionale senza precedenti. Dunque, se è lecito chiedere, perché voler soppiantare questo sistema? Per farci del male? O continuare a farne alle centinaia di migliaia di società sportive che sono in ginocchio, per la crisi economica e per alcune riforme varate recentemente come quella sul lavoro sportivo?”. Il secondo: “Lo sport italiano non ha mai avuto tante risorse, e di questo dobbiamo ringraziare principalmente il ministro Giorgetti. Giusto che lo stato voglia vigilare su come vengono spesi questi soldi, ma già lo fa. Se ora quelle risorse vuole anche gestirle, sostituendosi alle federazioni, allora i conti non tornano più”.

E’ il caso delle Finals tennistiche, su cui Rossi si concede una considerazione personale: “Sono convinto che il presidente Binaghi, che considero un dirigente illuminato, ora comprenda quando Malagò diceva ‘attenti, oggi tocca a quella federazione, domani a quell’altra e dopodomani a tutto il Coni’, ma si dice che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. E una riflessione politica: “Chiedo, rispettosamente, quale sia la mission di Sport e Salute, se quella di un ente promotore di corretti e sani stili di vita, o di una organizzatrice di eventi sportivi. Le risorse che impiega dovrebbero servire a sostenere le società sportive e dovrebbero essere assegnate sempre in modo lineare e trasparente. Noi della Fitav, per dire, siamo stati esclusi dagli assegnatari dell’ultimo bando da venti milioni, poi però da un giorno all’altro ci viene chiesto di pagare l’affitto…”. Tutto questo fa dire al presidente della Fitav che “stiamo attraversando un brutto momento, ma resto fiducioso che il governo, composto di persone intelligenti, sappia fare un passo indietro, convincendosi che le diversità, se c’è il rispetto reciproco, sono grandi opportunità”. Certamente, il Coni non sarà più lo stesso. “Non c’è dubbio, ma Luciano Buonfiglio è un dirigente capace e perbene, dobbiamo proteggerlo e sostenerlo. Aver confermato Carlo Mornati alla segreteria è stato il modo migliore per iniziare, se il Coni oggi è tanto credibile lo deve anche a lui”. E poi, lo sport ha sempre un asso nella manica. Si chiama Sergio Mattarella. “Un Presidente che non ci ha fatto mai mancare la sua straordinaria vicinanza”. Già. Anche in queste ore buie.

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