
Tadej Pogacar ha vinto la 13a tappa del Tour de France 2025 (foto A.S.O/Charly Lopez)
Il racconto del Tour de France 2025
Il Tour de France 2025 tra il sincronismo di Pogacar e la fune di Vingegaard
Tadej Pogacar ha vinto la tredicesima tappa della Grande Boucle. Nella cronoscalata di Peyregudes l'unico a essere rimasto sotto il minuto è stato Jonas Vingegaard. Remco Evenepoel in crisi
L’oggi non è diverso dal ieri. La lunga processione di anime sole che su di una bicicletta si affannano a pedalare verso la cima del monte andata in scena per sgretolamento della collettività ciclistica a Hautacam, si è ripresentata oggi. Questa volta però per regolamento, era un cronometro individuale, e non per imposizione prima della Visma | Lease a bike e poi di Tadej Pogacar.
Per quattro ore le decine di migliaia di persone che si sono affollate lungo la strada che porta a Peyregudes, si sono goduti quella sfilata di corpi e volti che si arrampicavano verso i 1.580 metri dell'altiporto, chiusa da chi ieri aveva aperto, con violenza e prepotenza la via verso Hautacam. La cronometro è un ribaltamento, concede a chi fino a quel momento aveva condotto, la possibilità di chiudere.
Tadej Pogacar è stato l’ultimo a partire, l’ultimo ad arrivare, il primo per tempo. Il suo incedere su quella striscia d’asfalto trasformata in festa da appassionati giunti lì da tutta Francia, da tutta Europa, da gran parte del mondo, è stato impeccabile come un buon orologio. Un sincronismo perfetto. E veloce, velocissimo. Come non poteva non essere, perché quando la strada sale, c’è nessuno come lo sloveno. Spietato, perché quando si ha a che fare con il tempo non si può che esserlo.
Eppure in cima a quella striscia d’asfalto che porta all’altiport de Peyresourde-Balestas che venne tracciata con perfida cattiveria dall’ingegner Gerland con l'unico scopo di risparmiare asfalto e, quindi, ridurre i costi, la spietatezza ascensionale di Tadej Pogacar è stata superata, anzi anticipata, da quella di Jonas Vingegaard. Il danese non ha avuto pietà delle difficoltà di Remco Evenepoel in quella che è la sua specialità d’elezione. Era partito da Loudenvielle due minuti dopo il belga. Glieli ha ripresi tutti. E quando lo ha visto faticare verso l’arrivo, si è messo a spingere a tutta per riprenderlo e superarlo. Il danese non ce l’aveva con il campione mondiale e olimpico a cronometro, l’ha solo usato come sprone, come fune per tenersi ancora appeso alla speranza di potersi dire che il Tour non è ancora finito, che Tadej non è davvero imbattibile. Certe speranze sono più traballanti di un gommone tra onde di sei metri, la disillusione però è pure peggio.
Sotto lo striscione d’arrivo, nel volto grondante fatica e sudore di Jonas Vingegaard c’era ancora un abbaglio di speranza.
Sotto lo striscione d’arrivo, nel volto grondante fatica e sudore di Remco Evenpoel quell’abbaglio era scomparso, spazzato via dalla rassegnazione.
I Pirenei lo avevano respinto ieri, lui per tempra e per incapacità a mollare aveva costruito una speranza dalla polvere lasciata a terra da chi lo aveva staccato. Oggi il venticello pirenaici ha spazzato via anche la polvere. Non mollerà, non è il tipo.
È ancora terzo in classifica, ma l’umore è tetro e il timore di non poter essere con quei due, i soliti due, Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard sul podio di Parigi si sta trasformando, pedalata dopo pedalata e salita dopo salita, in paura.
Anche perché la tredicesima tappa del Tour de France 2025 non solo ha confermato le ottime qualità di Florian Lipowitz (quarto all’arrivo), ma anche la capacità di Primoz Roglic di andare più forte del tempo che scorre. Lo sloveno ha chiuso con il terzo tempo, ha rifilato mezzo minuto al giovane compagno di squadra (Lipowitz, nda) e ora è a un minuto e mezzo dal podio.