Fabian Ruiz (foto Epa, via Ansa)

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Fabian Ruiz, l'imprescindibile sempre sottovalutato

Marco Gaetani

Il centrocampista del Paris Saint-Germain è da anni che gioca bene davanti a tifosi sempre pronti a storcere il naso, a mettere un “sì, però…” dopo il suo nome. Lo faceva anche Luis Enrique, poi ha cambiato idea

Nella lista dei convocati della Spagna per il Mondiale in Qatar, con Luis Enrique in panchina, il nome di Fabian Ruiz non figurava nonostante una lista sterminata di centrocampisti e mezze punte, con un solo centravanti di ruolo, Alvaro Morata. Un piccolo posto per la nuova mezz’ala del Paris Saint-Germain, insomma, poteva anche starci, tanto più se si pensa che tra i chiamati era stato incluso Carlos Soler, finito abbastanza in fretta fuori dal progetto del tecnico asturiano una volta che ha preso le redini del Paris. “Non gli ho mai chiesto il motivo per cu non mi portò a quel Mondiale: gli allenatori sono pagati per prendere le decisioni”, ha detto qualche mese fa Fabian Ruiz, che nel frattempo, proprio con Luis Enrique in panchina, è diventato allo stesso tempo imprescindibile e sottovalutato. Se si pensa alla mediana della squadra più forte del mondo, i primi nomi messi sul tavolo sono quelli di Joao Neves e Vitinha. Eppure Fabian è sempre lì, prezioso nel cucire e letale quando ha modo di andare a concludere. Se ne è accorto il Real Madrid, schiaffeggiato due volte nella semifinale del Mondiale per club, così come se ne era accorto l’Arsenal, sempre in semifinale, quella volta in Champions League.

Eppure deve fare i conti con l’etichetta del sottovalutato: nonostante le ottime prestazioni, anche ai tempi di Napoli, c’era sempre qualcuno pronto a storcere il naso, a mettere un “sì, però…” dopo il suo nome. A rivederle oggi, le cifre della cessione di fine agosto 2022, sembrano figlie di un altro decennio: 23 milioni, roba con cui adesso in Premier League comprano un terzino di riserva e in Arabia allestiscono un buffet post partita. Con Spalletti era diventato cruciale, un suo infortunio a metà stagione era coinciso con la prima sbandata del Napoli pre-scudettato, un suo gol fuori tempo massimo all’Olimpico aveva steso la Lazio e fatto davvero sognare gli azzurri, pronti a entrare al penultimo curvone della stagione a pari punti con il Milan in testa alla classifica alla vigilia dello scontro diretto, poi perso, al Maradona.

Ha trovato successo lontano dalla Spagna, Fabian, e questo un po’ gli pesa: i complimenti dai connazionali li riceve solo quando si mette addosso la maglia della “Roja”. “Se la gente parla bene di me quando sono in Nazionale significa che sto andando bene: l’Europeo mi ha aiutato, ma se giochi in un altro campionato è normale che la gente ti apprezzi meno”, ha raccontato qualche mese fa ad “As”, ripercorrendo anche i suoi inizi da giocatore bambino, cari a chi sostiene che i fallimenti in serie dell’Italia siano dovuti all’assenza di calcio nelle strade: “Non vengo dalle scuole calcio. Ho imparato a giocare con le panchine al posto delle porte, per strada. Per questo mi piace fare finte, scambiare nello stretto, dribblare: in strada ho imparato tutto quello che mi serve per far sì che non mi portino via il pallone”.

A un passo dai trent’anni, Fabian Ruiz è uno dei centrocampisti più forti del mondo anche se tutti continuano a guardare gli altri: non per colpa delle sue finte, ma per un destino che sembra ormai impossibile da modificare. Con la Nazionale spagnola ha messo insieme 39 presenze: la sua squadra non è mai uscita sconfitta, se non nell’ultimo atto di Nations League ai calci di rigore contro il Portogallo. Luis Enrique, adesso, è il suo primo fan, a conferma che soltanto gli stupidi non cambiano mai idea: “Quando sono arrivato al Psg, pensavo non potesse diventare un calciatore importante, avevo anche fatto qualche battuta su di lui. È un calciatore incredibile, non portarlo al Mondiale fu un errore del quale mi assumo la responsabilità”.

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