
Ansa
Il Foglio sportivo
C'era una volta il calcio di Silvio
La cessione dell’Ac Monza segna la fine definitiva dell’era calcistica di Berlusconi, iniziata nel 1986 con l’epopea del Milan. Il suo ultimo progetto sportivo, nato per passione e nostalgia, è stato venduto a un fondo americano, chiudendo simbolicamente quarant’anni di berlusconismo nel pallone
L’elicottero che atterra all’Arena Civica di Milano, Berlusconi che scende, alcuni calciatori simbolo che camminano con lui, la gente che acclama, la promessa di grandezza che poi verrà mantenuta. Così, il 18 luglio del 1986, il berlusconismo irrompeva nel pallone, portando un altro modo di agire, di comportarsi, di vendere il prodotto e, soprattutto, di ottenere risultati. Così nasceva il Milan dei sogni, partendo da quel giorno di ostentazione. Quel bagno di folla è lontano, quell’epoca non ha più il suo fondatore e c’è un comunicato che questo annuncia, nelle sue prime righe: “Fininvest e Beckett Layne Ventures (Blv) hanno sottoscritto, in data odierna, un accordo per la cessione del 100 per cento del capitale sociale dell’Ac Monza a favore di Blv”. L’ultimo costosissimo giocattolino di Berlusconi è stato venduto, martedì scorso anche il calcio ha detto addio al berlusconismo.
Il Monza era un vezzo: il “Cavaliere” lo aveva comprato perché il Milan era ormai diventato troppo impegnativo, troppo costoso. Prima aveva ceduto il suo gioiello, creato quasi dal nulla in anni bui dei rossoneri e portando fino a dove nessuno poteva immaginare, a parte lui. Non proprio una cessione indolore, per il valore affettivo e per la difficoltà della trattativa. Venduto nel 2017 a Li Yonghong, facendo partire una spericolata giostra che poi ha fatto passare la proprietà nelle mani del fondo Elliot e ora a un altro fondo americano (RedBird Capital Partners), il Milan si è trovato senza un riferimento (e si vede, adesso più che mai) e viceversa. Per questo, poi, un anno dopo, la Fininvest, cioè Berlusconi, ha comprato il Monza, che era in Serie C. Per amore del pallone e anche di sé stesso, per quella voglia di dimostrare di poter trasformare tutto quello che vuole, come fosse ancora il 1986: infatti il Monza, fino a qualche anno fa la squadra con il maggiore numero di campionati di Serie B a non aver mai visto la Serie A, ci è arrivata per la prima volta nel 2022. Proprietario: Silvio Berlusconi. Braccio destro: Adriano Galliani.
Come fosse il vecchio Milan: un tuffo nel passato, ma adesso senza lo stesso futuro da raccontare. Perché non tutto si eredita, e il pallone, passione irrefrenabile di papà Silvio, non è in cima ai pensieri dei figli, che sanno che con il calcio i conti non torneranno mai (la gestione del Monza in questi anni è costata una somma che si avvicina ai duecento milioni di euro), si regge solo con una impegnativa gestione industriale o con lo spirito di chi sa di spendere tanti soldi per qualcosa di cui non riesce a fare a meno. Oppure, meglio disfarsene, e quindi ecco che anche il Monza diventa americano, anche un altro pezzo di Fininvest finisce a un fondo. Quasi del tutto, a dir la verità. Perché per ora la cessione è dell’80 per cento delle quote, con la parte restante che sarà ancora della creatura di Berlusconi (rappresentata, ovviamente, da Galliani) fino a quando non ci sarà il passaggio completo della proprietà, previsto per giugno 2026. Mentre i freddi osservatori vedono quella data come un passaggio tecnico, gli ultimi romantici fanno i conti e dicono: il berlusconismo del calcio finirà quarant’anni tondi dopo la Cavalcata delle Valchirie. Un’era tonda.