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Parigi saluta Nadal con gli onori che merita

Mauro Zanon

Al Roland Garros, lo stadio dei suoi 14 trionfi, Rafael Nadal riceve l’omaggio ufficiale della Federazione francese: presenti Federer, Djokovic e Murray, la famiglia e il pubblico delle grandi occasioni. Dopo l’addio frettoloso in Coppa Davis, finalmente un congedo all’altezza della sua carriera

Parigi. Non era l’addio al tennis che Rafael Nadal meritava quello di novembre, quando con la sua Spagna uscì dalla Coppa Davis ai quarti di finale, sconfitto dall’olandese Van de Zandschulp in quella che fu la sua ultima partita da giocatore professionista. Fu tutto troppo sbrigativo, freddo, malinconico. “Avrei preferito qualcosa di diverso, più in linea con la sua incredibile carriera”, disse Toni Nadal, zio di Rafa e suo allenatore storico. “La sensazione che abbiamo è che sia stato un addio trascurato e miserabile”, aggiunse Carlos Moya.

L’omaggio che Rafael Nadal meritava, all’altezza dei suoi vent’anni di carriera, dei suoi 92 titoli e 22 Slam, delle Davis e delle medaglie olimpiche, delle emozioni infinite e irripetibili che ha regalato a tutti gli appassionati di tennis, è stato fatto domenica sera in quello che è sempre stato il suo giardino, la sua maison, il Philippe Chatrier, lo stadio centrale del Roland Garros, lo slam che ha vinto quattordici volte, come nessuno mai. Erano 15mila sugli spalti, tutti con la maglietta “Merci Rafa” messa a disposizione sui seggiolini dalla Federazione francese di tennis, una maglietta color terra, come il colore di quei campi di cui è stato il re, anzi, le roi. Ad aprire la cerimonia, il pasillo de honor, è Marc Maury, voce storica del Roland Garros, con il passaggio in rassegna dei 22 titoli Slam di Nadal e soprattutto dei 14 a Parigi, scandendo gli anni dei suoi trionfi in un crescendo rossiniano. Alle 18.10, smette di piovere quando Rafa fa il suo ingresso in campo, elegante, in abito scuro, già con gli occhi lucidi dall’emozione. “Grazie mille, è difficile, non so da dove cominciare”, esordisce Rafa guardando il pubblico, mentre sullo schermo sfilano le immagini dei suoi trionfi, delle sue quattordici Coupe des mousquetaires, delle sue corse, dei suoi dritti micidiali, dei suoi “Vamos”.

 

“È stata una storia incredibile, iniziata nel 2004, la prima volta che venni al Roland Garros. Ero in stampelle e per via del mio infortunio al piede potevo a malapena camminare, però mi sono arrampicato fino in cima allo Chatrier e guardando il campo ho sognato di tornarci l’anno successivo. Nel 2005 sono riuscito a giocare per la prima volta questo torneo: avevo 18 anni”, dice Rafa. Davanti al maiorchino, ci sono i genitori, le nonne, Xisca, la moglie, con il figlioletto in braccio, Rafael Junior. E c’è lo zio Toni: “La mia gratitudine verso di te per aver sacrificato così tanto tempo per me è infinita”. Di più: “La razón por la cual estoy aquí”. E non è necessaria la traduzione. Poi, un ringraziamento alla Francia, a Parigi. “Mi avete regalato emozioni e momenti che non avrei mai potuto immaginare. Non avete idea di quanto sia gratificante sentirsi amati nel luogo che conta di più per sé”, dice in francese, definendo il centrale del Roland Garros “il campo più importate della (sua) carriera”.

 

Poi, introdotti da un breve video sullo schermo del Philippe Chatrier, entrano loro: Roger Federer, Novak Djokovic, Andy Murray, i rivali di una vita, sul campo, gli amici, fuori. La riunione dei Fab Four è completa. “Dopo tutti questi anni a darci battaglia, è incredibile come il tempo possa cambiare la prospettiva di tutto. Abbiamo costruito delle rivalità fantastiche e lo abbiamo fatto nella maniera corretta, mostrando al mondo che si può lottare nel modo più duro possibile anche essendo buoni colleghi e rispettandoci sempre molto. Alla fine il tennis è solo un gioco: il fatto che voi siate qui significa tutto per me. È un messaggio importante per il mondo: si può essere buoni amici anche se si è rivali”, dice Rafa che ormai non si sforza più di trattenere le lacrime.

 

Ma non è finita. Il presidente della Federazione francese di tennis, Gilles Morreton, e Amélie Mauresmo, direttrice del Roland Garros, accompagnano il maiorchino accanto al paletto della rete. “Your footprint will stay here forever”, annuncia lo speaker del Roland Garros. Moretton spolvera l’impronta di Nadal, affiancata dal numero 14, come i Roland Garros vinti, e dalla Coupe des Mousquetaires. C’è solo il tempo per la consegna di un trofeo speciale, che non assomiglia a nessuno di quelli che ha alzato nella sua carriera. È realizzato in vetro con la sua firma, con l’anno di ogni sua vittoria agli Internazionali di Francia. E la parola “Legend” sotto il logo del Roland Garros. 

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