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Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Sarri, che storia!

Alessandro Bonan

Nel caos dell'attualità calcistica, tra scudetti e Champions, riaffiora il fascino lento e misterioso delle storie vere, come quella di Maurizio Sarri: ex bancario, allenatore errante e genio fuori dagli schemi, oggi in attesa di un nuovo capitolo

Se mi guardo in giro, trovo un sacco di storie fiacche, ormai superate dalla marea di informazioni che ci travolge. Le storie esistono, ma chissà dove sono nascoste. Il calcio di questi giorni è paralizzato dall’attualità: l’assegnazione dello scudetto, la finale di Champions League ormai alle porte. C’è bisogno di lontananza per scrivere una bella storia, di lentezza, di mistero. Il calciomercato aiuta a rigenerarsi, così ricco di suggestioni, di un divenire a volte immaginifico, celestiale o infernale, una storia che merita di essere raccontata, nel bene e nel male. C’è il sangue dei soldi, la strategia dei dirigenti, la preghiera degli allenatori, l’intraprendenza dei cosiddetti procuratori, lo stupore dei tifosi, la speranza degli amici e dei nemici. Le voci si fanno incontrollate, e sui social rimbalzano notizie del tutto fantasiose. Anche quelle sono storie, anche quelle sono racconto. Io non mi scandalizzo, anzi sorrido. Se non ci saranno troppi soldi, avremo modo di parlare dei bisogni, e se mancheranno anche quelli (ma i bisogni non mancano mai), racconteremo i desideri, le presunzioni, le sciocche allusioni, le mentite spoglie di ricchi senza mutande, o le mendaci narrazioni (parola ormai lisa) di chi vorrebbe farti credere di essere un dio


Tra le storie che vorrei raccontare c’è quella di un ritorno in panchina di Maurizio Sarri. Non lo conosco così bene da potermi sbilanciare sull’uomo, però ne sono da sempre affascinato per la storia. Sarri lavorava in banca, cosa facesse non lo so, però trattava i soldi è chiaro. Contemporaneamente, come uno studente dei corsi serali, frequentava il calcio minore, da allenatore di provincia, una figura scombinata e romantica come chissà quante ne avete conosciute. Lentamente e misteriosamente (ecco la storia), ha cominciato a prenderci gusto, saltando, come un grillo, da una panchina all’altra, mettendoci ventiquattro anni (24, capito?) prima di conoscere la Serie A con l’Empoli. Da quel momento si è fatta la gloria. Napoli, Chelsea, Juventus e Lazio. Oggi Sarri fa parte del museo del calcio, tutti lo guardano, ma nessuno, al momento, lo tocca. Qual è il problema? Avanzo ipotesi. La sua tuta un po’ sdrucita, la sua faccia un po’ invecchiata, i suoi occhiali un po’ appannati, il suo vocabolario un po’ volgare. Sì, deve essere una questione di immagine, altrimenti non si spiega. Ovunque sia andato Sarri ha divertito, e anche vinto, portandosi al guinzaglio la sua napoletanità perduta e una toscanità acquisita. Con la prima ha depistato, con la seconda, condannato. È un uomo di lontananza, di lentezza e di mistero che merita di scrivere, della sua storia, un bel finale. 

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