Flavio Cobolli risorge

Alessandro Catapano

Il tennista romano vincitore del torneo di Amburgo, outsider della valanga azzurra, lotta con il padre, il passato e la voglia di dire la sua: Parigi, un’occasione persa che brucia ancora

Definirlo l’anti-Sinner sarebbe eccessivo, stiamo parlando di due categorie tennistiche differenti, e ingiusto, perché farebbe un torto ai buoni sentimenti del ragazzo. Ma considerare Flavio Cobolli – fresco vincitore del torneo di Amburgo, il secondo della stagione e della carriera, il primo Atp 500 -, il meno sinneriano dei protagonisti della valanga azzurra del tennis italiano, è più che lecito. E non è tanto questione di rivalità tennistica – l’altoatesino da cinquanta settimane è in cima alla classifica, il romano è appena salito al numero 26, suo best ranking –, o almeno non ancora.

Tra i due c’è una certa distanza. Non sono amici, almeno non quanto Sinner lo sia di Matteo Berrettini. Non sono soliti scambiarsi auguri, complimenti o gesti d’affetto. Anzi, lo scorso anno a Cobolli scapparono un paio di uscite un po’ equivoche, che sollevarono polemiche e perplessità. La prima, a settembre, al suo debutto in Coppa Davis a Bologna, con Sinner spettatore, quando disse, sorridendo: “La presenza di Jannik mi ha messo un po’ di pressione, per fortuna se ne è andato”. La seconda, pochi giorni dopo, alla Laver Cup, quando, riserva del Team Europe, incitò Alcaraz durante un cambio campo con queste parole: “Sei al migliore al mondo, ricordatelo”. Apriti cielo. Poche ore dopo dovette quasi scusarsi. Non hanno nemmeno condiviso grandi avventure in maglia azzurra, come Sinner ha fatto con Musetti o Arnaldi, compagni degli ultimi trionfi in Coppa Davis. In Nazionale, infatti, Flavio si è fermato a quel girone di qualificazione, ultima convocazione (a parte l’apparizione nell’inutile United Cup di Capodanno).

Diciamo la verità, Cobolli non è il giocatore ideale di capitan Volandri, che lo considera, probabilmente non a torto, davvero competitivo solo sulla terra (del resto, indubbiamente, la sua superficie preferita). Ma è proprio sulla terra che nel 2024 Flavio avrebbe voluto misurarsi con la maglia azzurra addosso, nel torneo olimpico di Parigi, l’appuntamento inseguito da una vita. Lo meritava, non c’è dubbio, ne aveva i requisiti, eppure ne è rimasto fuori, primo degli esclusi tra gli azzurri, unico top 50 del mondo, per colpa di… Sinner. Proprio così. Ricordate? La rinuncia del numero uno, ufficialmente causa tonsillite (di lì a poco sarebbe emersa la vicenda Clostebol), comunicata proprio a ridosso dell’inizio del torneo, comunque fuori tempo massimo per sostituirlo, tagliò fuori Cobolli (si decise di iscrivere nel singolare Vavassori, che era già presente ma doveva fare solo i doppi, col risultato di sovraccaricarlo e annientarne le speranze di medaglia). Il ragazzo, lo sappiamo tutti, non la prese bene. Ma rimase in silenzio. Il padre-allenatore Stefano, invece, si sfogò in un lungo post, che conteneva un paio di frasi sibilline: “Non sono certo io a discutere o polemizzare sulla questione se il regolamento sia giusto o sbagliato; né tantomeno sul perché Sinner abbia superato la deadline: avrà avuto le sue motivazioni. Io penso a Flavio, che al ritorno da Umago mi ha reso fiero, dicendomi che avrebbe barattato la vittoria di un torneo Atp in cambio della partecipazione a Parigi 2024”. Era la fine di luglio. Chi volle capire, capì. Fatto sta che da allora i rapporti, inutile nasconderlo, si sono un po’ infreddoliti, diciamo così. E quella delusione, peraltro, Cobolli se l’è portata dietro, come un peso nel cuore, per il resto del 2024 e l’inizio del 2025. A settembre lo incontrammo nel suo circolo, il Parioli, mentre teneva a battesimo la presentazione dei Campionati italiani Under 14 dedicati alla memoria di Federico Luzi, seduto a tavola con Nicola Pietrangeli (che in quanto a frasi controverse su Sinner potrebbe scrivere un libro): la faccia era tutto un programma. Prima di vincere il torneo di Bucarest, all’inizio di aprile, il romano aveva infilato sette sconfitte consecutive al primo turno e non raggiungeva una finale da otto mesi.

Cosa ci sia dietro la rinascita di Cobolli, difficile stabilirlo. Il rapporto col padre-allenatore, Stefano, è sempre lo stesso di amore e odio che lo accompagna dall’inizio della carriera tennistica (prima, Flavio era un buon talento nelle giovanili della Roma, di cui è rimasto grande tifoso, tanto da presentarsi lo scorso novembre all’aeroporto di Fiumicino ad accogliere Ranieri). Dovreste seguire un match nei pressi del suo box: ogni punto è uno scambio di opinioni, a volte particolarmente vivaci, con il papà. E non deve aver ancora inciso l’ingresso nel suo staff di Potito Starace, ex numero 27 del mondo, squalificato nel 2018 per dieci anni per aver truccato alcune partite (ma assolto in sede penale).

Di sicuro, nel caso di Cobolli, l’effetto Sinner c’entra poco. Anzi, Cobolli non vede l’ora di sfidarlo. Per dimostrare al mondo che si può vincere anche con un altro stile.