
Pierangelo Bertoli (foto LaPresse)
un cantagiro
Eppure soffia anche al Giro d'Italia. I cinquant'anni della canzone di Pierangelo Bertoli
A una ventina di chilometri dalla partenza, ai piedi dei Colli modenesi, c’è Sassuolo, terra di ceramiche e musicisti. È il 1976 quando il cantautore pubblica il suo terzo 33 giri e lo intitola Eppure soffia, dal nome della prima traccia del lato A
La tappa di oggi, 22 maggio 2025, parte da Modena e punta di nuovo verso l’Appennino scavalcato ieri con la bella frazione di Castelnuovo ne’ Monti. Invece è una finta. Abbraccia i Colli reggiani e poi ridiscende nella pianura, sfiora Parma, attraversa Brescello – dove, lungo le strade d’argine di Po, Peppone e don Camillo proveranno a prendere le ruote dei girini sui loro vecchi cancelli – , salta sulla riva sinistra del Grande Fiume, tocca una prima volta Viadana per fare un circuito ad anello di 26 km, prima di tagliare il traguardo nella città della Bassa, terra di maiali, meloni e rugby.
Oggi il meteo dice molto nuvoloso. Da qualche giorno il cambiamento climatico scatena temporali monsonici sulla pianura. Il Cantagiro di oggi potrebbe essere adatto alle note e le parole de La pianura dei sette fratelli, dei Gang, cantata anche dai “cugini” dei Modena City Ramblers: "E terra e acqua e vento / non c’era tempo per la paura". Versi che stanno bene addosso ai ciclisti del Giro. Ma invece raccontiamo un’altra storia.
A una ventina di chilometri dalla partenza, ai piedi dei Colli modenesi, c’è Sassuolo, terra di ceramiche, costruzione dal basso (fino a quando c’era De Zerbi…) e, appunto, musicisti. È il 1976 quando Pierangelo Bertoli, nato a Sassuolo nel 1942, cantautore, pubblica il suo terzo 33 giri e lo intitola Eppure soffia, dal nome della prima traccia del lato A. È il primo che pubblica con una grande casa discografica, la CGD di Piero Sugar, che nel 1970 aveva sposato Caterina Caselli, nata a Modena ma sassuolese di adozione, il “Casco d’oro” della musica leggera italiana e poi per decenni e decenni, fino a oggi, grande incubatrice di talenti musicali. La copertina del vinile riporta l’immagine della carta d’identità di Pierangelo Bertoli.
Nei primi anni Settanta Bertoli aveva fatto parte del Canzoniere Nazionale del Vento Rosso, un complesso musicale nato all’interno del gruppo marxista-leninista dell’Unione di Comunisti Italiani. E aveva pubblicato, per la casa editrice Servire il Popolo, alcuni 45 giri e, nel 1974, un LP, Han gridato scioperiamo, in cui si trova la prima versione di Eppure soffia, intitolata Mario Lupo.
Mariano Lupo, detto Mario, era un giovane emigrato siciliano che faceva il piastrellista. Era un militante di Lotta Continua e il 25 agosto 1972, a Parma, venne ucciso a coltellate in un agguato di neofascisti. Su quel fatto Bertoli, insieme a Francesco Ciccio Giuffrida, scrive il testo di una canzone che viene musicata da Alfonso Borghi, correggese, classe 1949, e autore di altre canzoni di Bertoli, tra cui È nato si dice, Per dirti t’amo, Al centro del fiume. Il testo è costruito sul tipico schema del cantacronaca e di denuncia politica, che affonda le sue radici nella letteratura resistenziale: "È morto dicendo / “Compagni lottate più forte, / è l'unico modo / in cui posso sfuggire alla morte. / Lasciare la lotta, / l'amore, credetemi è duro / per chi ha lottato /e creduto nel nostro futuro” […] Mario, fratello, compagno, / sarai vendicato. / Non una sola ingiustizia /sarà sopportata. / Voglio farla finita / con ogni padrone, / la gioventù proletaria / oggi porta il tuo nome".
La strofa fa così: "E il nostro vento soffia ancora / porta l’odore della rossa primavera. / Fa sventolare le bandiere nelle mani / di immense schiere di nuovi partigiani".
L’anno seguente Bertoli riprende il testo, nel 1975, e lo trasforma in quella che diventa la sua canzone-bandiera, e forse il primo testo ecologista della tradizione cantautorale italiana. La struttura è semplice: quattro strofe di quattro versi e un ritornello, sempre di quattro versi, con una variante finale. Colpisce lo stacco tra la cupa descrizione del mondo devastato e oltraggiato dall’uomo nelle strofe e, nel ritornello, il colpo d’ali di speranza nella palingenesi del pianeta e del suo vento rigeneratore. Da un lato le rime fumi-fiumi, tomba-bomba, la terra che è viva-(pioggia) radioattiva, guerra mondiale/istinto bestiale, triste rosario/nero sudario, e poi altre parole di denuncia chimica lebbra, il freddo interesse alla vita, falso progresso; dall’altro un soffio del vento che rigenera e che rimette al centro una forza quasi erotica dell’uomo (sussurra canzoni tra le foglie, bacia i fiori, accarezza sui fianchi le montagne, scompiglia le donne tra i capelli) ma rispettosa della natura (li bacia e non li coglie). E in cui quegli uccelli che volano a stento malati di morte rinascono proprio risospinti dal vento.
Oggi Eppure soffia compie mezzo secolo e nel ritornello sembra proprio una canzone quasi ciclistica, una canzone che fa andare in fuga, spensierata e piena di voglia di arrivare primo, correndo a gara in volo con gli uccelli.
Il pronostico della dodicesima tappa del Giro d'Italia 2025
Sulla spinta di Eppure soffia, canzone di vento, oggi secondo me vincerà un corridore del Nord, un fiammingo (Planckaert), un olandese (Van Baarle), un danese (Honoré), uno di quelli capaci di giocare col vento. O forse ancora una volta Mats Pedersen.
La playlist della dodicesima tappa del Giro d'Italia 2025
Questa è la versione originale (registrata nel 1976, ma scritta nel 1975) di Eppure soffia, di Pierangelo Bertoli.
Questa è la versione (2018) di Alberto Bertoli, il figlio di Pierangelo, che con bravura ripropone oggi il repertorio del padre.
Questa è la cover di Luciano Ligabue (2007).
Questa è quella di Luca Carboni (2009)
E infine questa è Mario Lupo, del Canzoniere del Vento Rosso (1974), la Ur-Eppure Soffia.

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