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il personaggio
Nino Benvenuti è stato il più grande pugile italiano. La sua vita tra grandi amicizie, glamour e cinema
Il boxeur morto a 87 anni ha avuto una carriera folgorante. Insieme a Primo Carnera ha fatto la storia del pugilato. Dopo il ritiro dal ring la sua vita è stata caratterizzata da continue turbolenze sentimentali, tragedie e qualche esperienza di attore
C’è una foto che immortala il momento di massima gloria di Nino Benvenuti: è nelle strade di New York e mostra sorridente un tabloid con scritto a caratteri cubitali NINO MIDDLE CHAMP. Contro tutti i pronostici era riuscito a sconfiggere Emile Griffith e diventare campione del mondo dei medi sul ring del Madison Square Garden, il tempio della boxe. Bello, sorridente e tenace, si sentiva sul tetto del mondo: l’America gli stava tributando il meritato trionfo e Thomas Thompson aveva scritto su Life: “Nessun campione piace come Nino”. Era riuscito a combattere con sapienza e cattiveria, sorprendendo il rivale, salito sul ring certo di distruggerlo. Era un campione incapace di arrendersi, Griffith, un guerriero che non aveva paura di niente e aveva sulla coscienza la morte di Benny Kid Paret, un pugile che aveva avuto l’idea di chiamarlo maricon / checca alle operazioni di peso. Quando era salito sul ring lo aveva massacrato mandandolo in coma con 26 colpi consecutivi per dieci giorni prima che esalasse l’ultimo respiro. Ma contro Nino, Griffith venne imbrigliato da una tecnica superiore e una tattica fatta di jab velocissimi, che spezzavano sul nascere ogni suo assalto. Quell’incontro inaugurò una rivalità storica che vide Nino perdere nella rivincita e poi prevalere nuovamente nella bella, con tutta Italia incollata alla radio.
E avviò un’amicizia autentica tra i due rivali, al punto che Griffith divenne il padrino di uno dei suoi figli: un’altra foto indimenticabile vede Nino spingere la sedia a rotelle sulla quale era ridotto gli ultimi tempi il rivale, commosso dal rispetto e la naturalezza con cui si era posto di fronte alla sua omosessualità. È stato probabilmente il più grande pugile italiano, certamente il più noto insieme a Primo Carnera, del quale volle diventare amico. Ha avuto una carriera folgorante: campione olimpico dei welter, mondiale dei superwelter e poi mondiale dei medi. Nel 1968 è stato nominato Fighter of the year, e l’undicesima ripresa del match contro Luis Rodríguez è stata giudicata Round of the year nel 1969. In Italia ha avuto un rivale eccellente in Sandro Mazzinghi, che è riuscito a dominare, ma ha trovato la sua nemesi in Carlos Monzon, che lo ha distrutto con un devastante KO all’undicesima ripresa di fronte al pubblico di Roma e poi lo ha ridicolizzato nella rivincita a Montecarlo fin quando i suoi secondi lanciarono la spugna al terzo round. In quell’occasione Nino cercò disperatamente di continuare a combattere, ma per sua fortuna l’arbitro arrestò il combattimento prima che la punizione diventasse irreparabile: l’argentino era troppo più forte, e col tempo Nino trovò la serenità di ammetterlo. Anche con Monzon nacque un’autentica amicizia, che continuò quando quest’ultimo venne incarcerato per aver lanciato la moglie dal balcone dopo averla strangolata. Quando Monzon morì in un incidente d’auto si precipitò in Argentina per partecipare ai funerali del pugile che lo aveva detronizzato, e a chi gli ricordava l’orribile crimine di cui si era macchiato, si limitava a rispondere “era un grandissimo campione”, e che in un momento di gelosia, un uomo è capace di tutto.












Soffrì molto per amore ed era un uomo orgoglioso: questo divenne, a secondo dei casi, il suo limite e la sua forza. Sin da bambino era diventato un fervente anticomunista, quando insieme a 350 mila istriani fu costretto ad abbandonare la propria terra e tutti gli averi ai soldati del maresciallo Tito. Ha raccontato quel trauma nel libro L’Isola che non c’è: Il mio esodo dall’Istria e non ha mai fatto mistero delle sue idee politiche di destra: nel 2020 in occasione della pubblicazione di un fumetto che lo vedeva protagonista, Ignazio La Russa lanciò l’idea di nominarlo senatore a vita. Dopo il ritiro del ring, la sua vita è stata caratterizzata da glamour, continue turbolenze sentimentali e tragedie, come il suicidio di uno dei figli. Ha avuto anche qualche esperienza di attore: lui si scherniva, conscio dei suoi limiti recitativi, ma quando venne a Roma, Quentin Tarantino chiese di conoscere il bellissimo pugile che divideva “la scena con Giuliano Gemma in ‘Vivi o preferibilmente morti’ del grande Duccio Tessari”.



la nota stonata #37