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Gli scacchi presi con filosofia

Gli scacchi, il più violento dei giochi e insieme il più pacifico

Enrico Adinolfi

Quella violenza simbolica, capace sia di incanalare tensioni che di generare bellezza e cooperazione. Dal gesto folle di un giovane campione americano all’umanità resistente di una caffetteria afghana, il gioco riflette i nostri contrasti interiori e sociali

Il gioco degli scacchi è un gioco violento, forse il più violento fra gli sport. Così si esprimeva un ex campione del mondo, Garry Kasparov, che di violenze, in prima persona, ne aveva viste tante. In fondo si tratta di una simulazione di una guerra, senza diplomazia, senza fato, senza fattori esterni, senza niente. Di fronte alla scacchiera si è “nudi” e si può fare affidamento solo su sé stessi, bisogna cercare di reggere il più possibile la logorante “sfida di nervi” (parole di un altro campione, Mikhail Botvinnik), colpire più forte che si può, e saper incassare i colpi. Metaforicamente. Perché la bellezza del gioco sta, appunto, nel contenere tutto entro la metafora. Oltre la metafora si intraprende la strada che si apre con l’antisportività e sfocia in ben peggio. E il peggio a volte capita: Christopher Yoo, sconfitto nell’Us Championship da Fabiano Caruana, in un raptus di ira strappa il formulario, e in seguito colpisce con violenza un’operatrice televisiva. Il diciottenne è stato espulso dal torneo, bandito a vita dal circolo che ospitava l’evento, squalificato dalla federazione statunitense per un anno e dalla Fide per sessanta giorni (che nel suo comunicato cita anche altre accuse che, per la loro natura sensibile, non possono ancora essere specificate).

I genitori di tutto il mondo devono forse allarmarsi e vietare ai propri figli di giocare a un gioco così violento, che rende così violenti? Forse no. Magari, invertendo i rapporti di causa, sono i violenti a esserne attratti. O magari no. Gli scacchi, è vero sono un contenitore di violenza (quella buona, costruttiva, che a chi è spaventato dal termine piace tradurre, forse impropriamente, con “competizione”), ma sono anche altro. Per vederlo ci si aggiri tra le strade di Kabul, dove i talebani hanno aggiunto gli scacchi tra le attività vietate perché ritenute non compatibili con la sharia. Ecco, arrivati nella capitale si faccia una visita alla caffetteria di Azizullah Gulzada, il proprietario, che ha discusso la notizia di fronte ai microfoni della Bbc. Sotto il controllo asfissiante del regime, la scacchiera del suo bar era divenuta un luogo dove fuggire con la mente, una metafora non di scontro e separazione ma di unione, dove anziani e piccini possono perdersi fra i pezzi e giocare assieme. Ora è un’isola che non c’è. In questo caso, può venirci in aiuto un altro fra giganti, Vasily Smyslov. Egli diceva di voler fingere di star costruendo assieme all’avversario un capolavoro, e di giocare, quindi, anche solo per il piacere di creare bellezza con le proprie abilità, e di farlo cooperando, come se la sfida per vincere fosse solo un inutile pretesto. Ecco che il più violento dei giochi diventa il più pacifico, il più egoista, o il più altruista. Gli scacchi, gioco di dicotomie, di bianchi e neri, inglobano entrambi gli aspetti, tocca ora a noi guardarci intorno e vedere di cosa c’è bisogno.

 


 

La partita: Christopher Woojin Yoo vs Fabiano Caruana, US Championship 2025, 0-1


Il nero, dopo una brillante partita, dopo 46. Tc2 ha per le mani la combinazione di matto. Riesci a vederla tutta?

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