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Un bel colpo
Quando Sinner sfidò Meloni a burraco e diventò l'amuleto del tennis italiano
Prima dell'incontro con Leone XIV, il ricordo di quel seratone al Torrino con il campione e la premier, in cui si consolidò la convinzione di finanziare per un ulteriore quinquennio e con un centinaio di milioni di euro le Finals torinesi (che poi sarebbero diventate milanesi)
In principio, più che il tennis, potè il burraco. D’altronde, Jannik Sinner sa disimpegnarsi bene anche da quelle parti (chiedere ai compagni di Davis e ai membri del suo team per avere conferma). “A volte cose semplici come giocare a carte – ha detto al riguardo qualche mese fa – possono farti sentire meglio”. Di tanto in tanto, possono anche aprirti porte inaspettate. Quella di casa Meloni, 350 metri quadri con piscina al Torrino, quartiere residenziale a Roma sud, si aprì un anno fa, in una sera di primavera, quando il nostro non era ancora diventato numero uno del mondo, ma aveva già portato a casa il primo Slam, gli Australian Open, ed era stato ricevuto in pompa magna dalla premier a Palazzo Chigi. E proprio in quella circostanza la Meloni, opportunamente edotta delle abilità del tennista anche tra pinelle e chiusure, l’aveva buttata lì: “La prossima volta che vieni a Roma, vediamoci una sera da me per giocare a burraco”. Wow, programmone. Immaginate la faccia di Sinner, che proprio in quei giorni declinava, anche senza troppi giri di parole, le insistenti avance di Amadeus, che lo voleva a tutti i costi a Sanremo.
Ma come si fa a declinare un invito del presidente del Consiglio? A sciogliere i dubbi residui, pensò il pressing – per usare un eufemismo – del ministro dello Sport, Andrea Abodi, e del presidente della Federtennis Angelo Binaghi, per il quale, fin dalla sua apparizione, Sinner, oltre che un volano per la crescita del movimento, è una specie di Madonna pellegrina da portare in giro per il paese, preferibilmente nei posti e dai soggetti giusti, quelli che a buon bisogno possono tornare utili, ovviamente al tennis italiano. Rimesso piede nella capitale a maggio, Jannik – a quel punto, avremmo scoperto poi, già turbato dall’esito dei controlli antidoping – non poté tirarsi indietro. Il ragazzo è notoriamente schivo, ma intelligente, perciò si concede, più facilmente in queste circostanze che in altre (e qui, invece, bisognerebbe chiedere agli uomini del Quirinale, che ancora lo aspettano…). Fatto sta che proprio a cavallo della seratina a casa Meloni – a proposito, ma chi vinse quella sera? – si consolidò nelle figure chiave del governo – oltre alla premier e ad Abodi, il titolare del Mef Giorgetti – la convinzione di finanziare per un ulteriore quinquennio e con una fee superiore (un centinaio di milioni di euro circa) le Finals torinesi (che poi diventeranno milanesi). Bel colpo. Tanti, tantissimi soldi. Per il valore della manifestazione, e le sue ricadute sull’economia e il fisco italiani, sarebbero arrivati comunque. Ma è innegabile che quella partita di burraco tra Sinner e Meloni, e il canale diretto tra i due che ha aperto da allora, abbia facilitato le cose.
D’altronde, Sinner aveva già fatto bella mostra di sé e del trofeo australiano sulla terrazza della Farnesina, appena nominato ambasciatore della diplomazia dello sport, con il ministro degli Esteri Tajani, il capogruppo di Forza Italia alla Camera (e presidente della Federnuoto) Paolo Barelli e, ovviamente, l’immancabile Binaghi, e qualche ora dopo si era fatto fotografare al Colosseo con il ministro del Turismo Daniela Santanchè (e Binaghi, ça va sans dire).
Che un anno e altri trofei dopo, proprio nei giorni del rientro di Sinner dalla sospensione per il caso Clostebol, il Conclave abbia scelto tra le decine di cardinali papabili il provetto tennista americano Francis Robert Prevost, è una di quelle congiunzioni astrali che capitano una volta nella vita. E che il nuovo Papa, prima di essere intronizzato e ricevere i capi di stato di mezzo mondo, abbia accolto nelle sue stanze il famoso tennista con l’immancabile presidente federale al fianco, è una di quelle situazioni che la vita ogni tanto regala, in cui la realtà supera la fantasia. Ora ci manca solo che pure Leone XIV lo sfidi a burraco.