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un cantagiro

Da Johannesburg a Ovindoli: la lunga strada del risveglio del leone

Gino Cervi

Guardando dall’alto la piana del Fucino, Celano e Avezzano, la tappa terminerà con un arrivo in salita nel cuore della Marsica, a Tagliacozzo, nome di per sé già minaccioso. Un viaggio musicale che da Ovindoli ci porta in Sudafrica

La quarta puntata di Un Cantagiro oggi ci porta a Ovindoli, agognata località sciistica di molti amanti della neve, da Roma a Pescara, da Perugia a Napoli. Quando oggi la corsa ci passerà mancheranno una cinquantina di chilometri al traguardo della settima tappa, la Castel di Sangro-Tagliacozzo, tutta in terra d’Abruzzo, prima vera frazione di montagna del Giro d’Italia 2025.

 

Partiranno in salita, i girini, puntando verso Roccaraso e il valico della Forchetta; quindi scenderanno a Sulmona per la valle Peligna, per risalire le pendici del massiccio del Sirente-Velino, passando per Vado della Forcella e, appunto, Ovindoli. Guardando dall’alto la piana del Fucino, Celano e Avezzano, la tappa terminerà con un arrivo in salita nel cuore della Marsica, a Tagliacozzo, nome di per sé già minaccioso, se non altro per richiamare la storica battaglia del 23 agosto 1268, quella che mise di fronte Svevi e Angioini e che sarà decisiva, a vantaggio dei francesi, per il controllo politico del regno di Napoli fino al 1442.

 

A Ovindoli, Dvinnr in dialetto marsicano, risuoneranno le note di questa canzone che s’intitola proprio A Ovindoli.

   

  

E che non è esattamente un promo turistico per la località abruzzese. Racconta di una tragica, fantozziana vacanza senza neve a Ovindoli, di mogli irritate, di cognati ospedalizzati, di regazzini che stanno sempre a litigà e di interminabili partite a carte chiusi in appartamento. Fuori, della neve, neanche l’ombra.

 

"Ce so’ stato ‘na settimana
non ho sciato mai
senza neve, la tramontana…
che so’ venuto a fa’?
A Ovindoli, a Ovindoli, a Ovindoli, a Ovindoli, a Ovindoli, a Ovindoli, a Ovindoli…
Viecce pure te, a Ovindoli…
".

   

È la versione satirica, modello Pasquino, che nel 2006 si è inventato il comico romano Max Tortora sulle note di una delle canzoni più note del pianeta, quella che tutti conoscono con il titolo inglese di The Lion Sleeps Tonight, che oggi spopola tra gli spot pubblicitari e le suonerie personalizzate degli smartphone, ma che ha una storia antica e assai originale.

   

Nel 1939 Solomon Linda ha trent’anni ed è un umile fattorino del prestigioso Carlton Hotel di Johannesburg. Gli piace cantare e, a tempo perso, mette in piedi un gruppo di amici che si esibisce nei locali della città sudafricana. Si chiamano The Evening Birds, gli uccelli della sera, si vestono con uno smoking nero, scarpe lucide da tip-tap con la punta bianca, in testa un cappello a tesa sulle ventitré e cantano a cappella. Ovviamente sono neri, una condizione che non è che all’epoca, e ancora per molti anni dopo non sarà, la cosa ideale in Sudafrica per avere successo. Il loro pezzo forte s’intitola Mbube, che in lingua zulu significa “Leone” e nella sua semplice ma ipnotica armonia si ispira a un canto tribale utilizzato nelle battute di caccia. La canzone ha un certo successo e viene incisa nelle sale di una casa discografica di Johannesburg, la Gallo Record Company. Poi va nel dimenticatoio, tanto che Solomon, l’autore riconosciuto della canzone, nel 1952 ne cede i diritti alla casa discografica per un compenso di poco più di due dollari. Dieci anni dopo morirà in miseria.

    

Negli anni Cinquanta in Sudafrica arriva Alan Lomax, antropologo, etnomusicologo e produttore discografico. E s’imbatte in quella canzone, la registra e la fa conoscere al suo amico Pete Seeger, che nel 1952 la incide col suo gruppo, The Weawer, cambiandogli il titolo in Wimoweh, dalla parola-suono che accompagna ritmicamente tutto il pezzo. In una registrazione del pezzo, Seeger racconta che il testo si ispira a una leggenda zulu. Chaka il Leone, l’ultimo re, spazzato via dal colonialismo britannico a fine Ottocento, si dice non sia mai morto, ma soltanto addormentato, in attesa di una nuova palingenesi. Da qui nasce la seguente cover della canzone, che riadattata e intitolata appunto The Lion Sleeps Tonight, diventerà un successo prima americano, e poi planetario, dopo l’incisione dei The Tokens di Hank Medress, che a partire dal 1961 conquistò le classifica di vendita di dischi, rendendola una hit internazionale cantata e reinterpretata in tutto il mondo.

  

Mbube/Wimoweh/The Lion Sleep Tonight vanta decine e decine di intepretazioni in tutte le lingue del mondo. Del 1963 è la versione francese di Henri Salvador, del 1971 quella italiana di Mia Martini, seguita nel 1977 da quella della Schola Cantorum. La incideranno anche Brian Eno nel 1975, The Passengers nel 1980, i R.E.M. nel 1993. Nel 1994 entra nella colonna sonora di The Lion King, il film di animazione della Walt Disney, che diventerà poi anche un musical di enorme successo a Broadway. La scena in cui un facocero e una mangusta cantano e ballano The Lions Sleeps Tonight è ancora oggi tra le più cliccate su YouTube.

  

Dieci anni dopo, nel 2004, gli eredi di Solomon Linda, rimasti poverissimi, hanno fatto causa alla casa discografica, erede del catalogo della Gallo Records, che ne deteneva i diritti, per essere risarcita economicamente dal momento che solo briciole erano loro pervenute dal fenomenale successo. Dopo due anni di trattative, un accordo economico è stato raggiunto e agli eredi di Solomon qualcosa è arrivato.

 

Il pronostico

Tra Ovindoli e Tagliacozzo, prevedo che si risvegli, se non come un leone, almeno come un camoscio, Louis Mentjes, l’unico corridore sudafricano al Giro, professionista di lungo corso (2013) e discreto scalatore (per tre volte è arrivato nei primi dieci al Tour).

 

La playlist della settima tappa del Giro d'Italia

La versione originale dei The Evening Birds (1939)

 

 

La versione dei The Weaver di Pete Seeger (1952)

 

 

La versione più celebre, quella dei The Tokens (1961)

 

 

Quella di Brian Eno

 

 

e quella dei R.E.M.

 

 

E infine la scena del Re Leone

 

 

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