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Champions League
Tre allenatori e mezzo e una quasi finale
Hansi Flick, Simone Inzaghi, Luis Enrique e il calcio come pensiero
Ha detto Hansi Flick “siamo tutti delusi, alcune decisioni da 50-50 sono andate tutte in favore dell’Inter, ma è andata così. Non voglio parlare dell’arbitro, gli ho detto quello che dovevo dirgli”. Dimostrando che oltre a essere scarso come allenatore è anche un personaggio piuttosto stupido. Per giocare con la difesa a 60 metri bisogna avere la vena eterodossa e l’eleganza tabagista e ironica, quando si perde, di Zeman. Flick sembra un metalmeccanico del Baden-Württemberg, non ha il physique du rôle per guidare la squadra-filosofia che fu forgiata da Johan Cruijff, il più grande di tutti i tempi. Mercé il Var, che quando non è gestito a Lissone funziona, il signor Marciniak ha evitato due clamorosi errori che avrebbero sfalsato tutto. Flick ha tra le mani una formazione di fuoriclasse giovanissimi, di cui Yamal è solo l’epifenomeno fosforescente, saranno l’ottovolante imbattibile dei prossimi sei-otto anni. A patto che il Més que un Club rispedisca il franco tiratore tedesco che s’è fatto impallinare peggio di Merz da dove l’ha prelevato.
Simone Inzaghi è un signore che non perde mai la calma e non alza mai la voce, quella che ha la lascia sul campo, nemmeno contro il rumore dei nemici. Pensa calcio e parla solo di calcio, ha preso senza fiatare il budget numero quattordici tra i club europei e lo ha portato in cima alla lista. Ma siccome non è un pirla, l’altra notte ha detto una cosa precisa, senza bisogno di fare il piangina di mercato. Ha detto che il Més que un Club, va bene Yamal, ma ha un giocatore che sopra tutti lo ha impressionato, si chiama Frenkie de Jong. I finanzieri americani hanno la testa di quercia e non lo capiranno. Ma Beppe Marotta è un testa fina e ha capito benissimo.
Nella splendida Allianz Arena di Monaco di Baviera, stadio di proprietà – nessuno finga di non aver capito la dichiarazione pre-partita del presidente Uefa, Aleksander Ceferin: “Le infrastrutture calcistiche italiane sono una vergogna. Tra i grandi paesi, l’Italia ha di gran lunga gli stadi peggiori. A essere onesto, sono un po’ stanco di queste discussioni italiane sulle infrastrutture, perché tutto ciò che vediamo sono solo parole. È tempo di agire, perché la situazione è pessima” – il 31 di maggio Simone Inzaghi potrebbe incontrare un altro grande uomo e grande allenatore (altrimenti dovrà contentarsi del nevrotico Mikel Arteta e dei suoi elettrizzanti ragazzini), Luis Enrique: uno che solo i tifosi della Roma hanno potuto scambiare per un brocco. Luis Enrique ha una storia di calcio da fargli chapeau, e una storia privata dolorosa che fa di lui un uomo da rispettare e ammirare; a Parigi ha saputo trasformare quella specie di casinò di Las Vegas pataccaro e mangiasoldi di proprietà qatariota in una eccellente squadra che ragiona di football. L’ingombrante one-man-show Mbappé è andato a zavorrare l’attacco di don Carlo Ancelotti, e l’ha quasi affondato, e questo è un a-tout per Luis Enrique. Nella bellissima Arena di Monaco il Bayern sarà uno spettatore di lusso.

Sorprese a canestro