Iliass Aouani, Ansa

L'intervista

Iliass Aouani, oro europeo nella maratona a Lovanio: “La fede mi guida, la corsa è solo un mezzo”

Giuliana Lorenzo

L’ingegnere-atleta delle Fiamme Azzurre racconta la sua vita tra sport, fede e identità, dopo il trionfo a Lovanio. “Non sono nato per correre, ma per qualcosa di più grande", dice 

"Quando non faccio atletica, mi sento spaesato, destabilizzato, non sono quasi abituato a fare altro". L’essenza dell’italiano, atleta Fiamme Azzurre, Iliass Aouani, fresco oro europeo nella maratona a Lovanio, è tutta qui. Nato in Marocco, classe 1995, in Italia da 27 anni, è ingegnere, gran lavoratore, fatalista e fermamente mosso dalla sua fede.

Che valore ha il titolo europeo?

Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato, non è scontato, vincere è una possibilità, non una certezza. Ho sempre fatto risultati cronometrici, mancava una prestazione così. È un punto di partenza.

In questi anni il momento più complesso?

Le difficoltà sono inevitabili nella vita di un atleta, come gestire gli infortuni. In America ho avuto una frattura da stress che mi ha tenuto fermo mesi. Ci sono anche delusioni: non essere ai Giochi Olimpici fa male. Penso che il dolore e la sofferenza siano parte della reazione chimica del successo.

Come ha gestito la mancata partecipazione a Parigi?

Accetti l'inevitabile. Si fa la migliore mossa possibile a prescindere da quanto disastrosa sia la posizione sulla scacchiera. Magari nella vita sei destinato a perdere ma ci sarà sempre una mossa che ti porterà a farcela. Mi sono messo sotto, volevo dimostrare a me stesso di essere all'altezza.

In passato ha detto che si sottostimava…

Sono severo con me. Lovanio mi dà più consapevolezza, ma non bisogna illudersi di essere arrivati. Sottovalutarsi può essere negativo - avere una brutta opinione di sé non è bello - e positivo se quell’inadeguatezza ti dà il carburante per migliorare.

Quanto talento si riconosce?

Non ho mai pensato di avere un talento particolare, pure da giovane non ho primeggiato. Ho buone qualità e sono predisposto per queste discipline. Lavoro tanto: tutti mi dicono che raramente si lavora come faccio io con tale intensità.

Che ricorda della sua infanzia?

Non ho immagini nitide. Fino all’ultimo anno di asilo vivevamo in un appartamentino piccolissimo, vicino a Cascina Gobba (Milano, ndr). Qualche anno fa ci sono tornato, volevo rinfrescare i ricordi. A sei anni ci siamo trasferiti a Ponte Lambro, sono cresciuto là. Era un quartiere abbastanza degradato, ora l'hanno riqualificato. Prima uscivi e trovavi le siringhe a terra. Ho cominciato perché volevo fare sport: ero il ragazzo casa-scuola. Ho fatto due allenamenti di calcio, poi ho lasciato. Volevo misurare i miei limiti in maniera oggettiva ed evidente: cosa meglio dell’atletica?

Ha studiato in America: ingegneria era il piano B?

No, i miei genitori non sono mai stati favorevoli all'atletica, lo studio è sempre venuto prima e lo sport non doveva intralciare il resto. L'atletica era un mezzo, ho avuto una borsa di studio.

Ha ottenuto la cittadinanza a 18 anni: come ha vissuto quel periodo?

È stato un po’ frustrante, alcune opportunità le ho perse, come i Mondiali in Oregon (2014, ndr): avevo il minimo ma non ero ancora italiano. Ogni Paese ha le sue regole, nei Paesi del Golfo è ancora più complesso. In ogni caso, ancora oggi, la mia italianità viene messa in dubbio, per molti non sono italiano, nonostante sia qui da quando ho 2 anni. Quando ho vinto il titolo europeo ho letto di quei commenti… non proprio carini, non mi toccano, ma penso a chi è più fragile. Non si reagisce, si prende atto che esistano persone così, non solo in Italia. Il razzismo è una malattia che c’è ovunque.

Lei è credente, che valore ha la fede? A Lovanio ha guardato il cielo con mani giunte…

È ciò che dà senso alla vita, tutto il resto è un mezzo. Non sono nato per correre, ma per fare ben altro, la fede è una missione e uno strumento. Quel gesto significa che il risultato ottenuto non è merito dell'impegno che ci metto o del lavoro estenuante. Ci sono una serie di cose che mi sono state donate: la fede aiuta nei momenti di felicità e non.