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13a tappa: Le Châble-Crans-Montana, 74.6km

Giro d'Italia. A Crans Montana vince Rubio. Per fortuna che c'è Pinot

Giovanni Battistuzzi

Lo scalatore colombiano conquista la tredicesima tappa del Giro azzoppata della Cima Coppi e accorciata. Il francese scatta, insegue, sbaglia, si dispera. Quantomeno ha reso appassionanti i chilometri in salita

Alé Tibò. Viene da dire che per fortuna c'è Thibaut Pinot. Per fortuna ci sono i suoi scatti, le sue zuffe, i suoi alti e bassi, il suo incedere irregolare, a volte en danseuse, a volte pesante, le sue accelerate e i suoi tentennamenti, le sue esaltazioni e i suoi tonfi emotivi. È arrivato secondo Thibaut Pinot, poteva vincere ma non c'è riuscito. C'ha provato più e più volte. Ha bisticciato con Jefferson Cepeda più e più volte. È scattato, ha rincorso, s'è arrabbiato, poi s'è fatto beffare sul più bello. La tredicesima tappa del Giro d'Italia l'ha vinta Einer Rubio, il terzo incomodo di quella che era sembrato un duello. Era uno scontro a tre, mai stato però uno stallo alla messicana. Per il motivo che Einer Rubio s'era limitato a inseguire, a fare di tutto per non essere staccato. È stato staccato, ma poco. È rientrato. Ha accelerato nel momento giusto. Thibaut Pinot dietro non ci poteva credere. Superata la linea d'arrivo si è accasciato sul manubrio. Commosso. È all'ultimo anno in gruppo, era venuto al Giro d'Italia per fare bene, per provare a vincere almeno una tappa. C'è andato vicino.

Ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare Pinot, ha strafatto e si è ritrovato senza forze quando le forze servivano. Ha sbagliato al modo di sempre, per troppa passione. Se tante persone gli hanno voluto, gli vogliono, bene è anche per questo suo essere unico, a volte sbagliato, sempre a suo modo.

 

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L'ha vinto Einer Rubio il tappone divenuto tappina, prima azzoppata della Cima Coppi per ragioni di neve, poi dei primi centoventi chilometri, della salita e della discesa del Passo del Gran San Bernardo. I corridori non volevano la discesa della Croix de Coeur, troppo pericolosa dicevano. Sono fradici di pioggia, freddo e Covid da giorni e giorni. Hanno forse ascoltato chi non era del tutto informato, forse si sono lasciati abbattere dallo sconforto di un Giro che pensavano diversoIl Giro ha deciso che la Croix de Coeur era imprescindibile, non se ne poteva fare a meno. L'accordo ha tagliato l'inizio per mantenere il finale. Non si possono biasimare i corridori, il tempo li ha maltrattati, la discesa con pioggia e freddo è un problema, soprattutto a scendere da certe quote. Il rischio c'era ieri sera, un po' meno quest'oggi, ma comunque c'era.

Per fortuna c'è Thibaut Pinot e Jefferson Cepeda e Einer Rubio. E anche a Derek Gee – sempre meglio Derek Gee, meno male che a Gironimo, il podcast che fa Bidon per Alvento, aveva detto “Le montagne sono un territorio inesplorato per me. Per fortuna ci sono i velocisti, in salita sarò sicuramente nel gruppetto insieme a loro”) – e Valentin Paret-Peintre. E pure Lorenzo Fortunato e Hugh Carthy. Gente che ha visto la salita e ha attaccato. È l'attacco il bello della salita. Non sempre se lo ricordano quelli che dicono di voler vestire la maglia rosa.

La maglia rosa Geraint Thomas si è messo a ruota dei gregari. Primoz Roglic e Joao Almeida alla ruota di Geraint Thomas. Gli altri più dietro.

Thomas ha accelerato a quattrocento metri dall'arrivo. Gli sono rimasti a ruota in pochi: Almeida, Caruso, Kämna, Roglic, Kuss. Tutti gli altri si sono sgranati. Hanno perso pochi secondi.

Le tappe corte non sono più belle e combattute delle tappe lunghe, sono solo più corte.

 

L'ordine d'arrivo della 13a tappa del Giro d'Italia 2023

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