Com'è andato il primo anno di Banchero e Fontecchio in Nba?

Mattia Tiezzi

Il forse azzurro potrebbe, dovrebbe, essere eletto Roockie of the Year grazie anche 40 partite con più di 20 punti. Per l'ex Virtus e Olimpia, dopo aver fatto molta fatica a entrare nelle rotazioni di Utah, lo spazio è arrivato e le prestazioni sono state buone

Trascorsi ormai i tempi del Marco Belinelli “caldo come una stufa” e degli “shot of the century” di Danilo Gallinari, con la conseguente storpiatura del suo nome da parte dei telecronisti americani andati in visibilio, il ricambio generazionale azzurro in Nba potrebbe trovarsi già a un discreto punto di svolta. Certo, Simone Fontecchio va per i 28 anni, non proprio un giovincello, ma nemmeno un veterano di passaggio a fine carriera, così come definire “azzurro” Paolo Banchero appare prematuro, dal momento che, proprio in un recente intervento su “Knuckleheads Podcast” (The Players’ Tribune), il rookie degli Orlando Magic ha ammesso di “non avere ancora deciso” sul proprio futuro in ottica Nazionale.

Il prodotto di Duke non ha comunque smentito le intenzioni di passare per l’Italia in estate, e la stagione appena trascorsa non può che trasmettere ottimismo anche solo al pensiero di vedere una giovane stella di questo calibro indossare la maglia della Nazionale.

 

Paolo Banchero, star in the making

Ripartiamo proprio da qui. La stagione di Banchero si è dimostrata di altissimo livello fin dall’esordio, affrontando un calo fisiologico nella seconda parte, che non ne ha però messo a repentaglio la candidatura a Rookie of the Year. Anzi, l’italo-americano appare strafavorito sia secondo le selezioni ufficiali, sia secondo i ballottaggi “spifferati” dai votanti, in cui starebbe quasi raggiungendo l’unanimità.

Le prestazioni di Banchero hanno contribuito a quello che è stato, tutto sommato, un buon record di squadra in relazione alle aspettative, avendo i Magic chiuso l’incoraggiante annata a una sola vittoria di distanza dall’undicesimo posto, subito sotto la zona Play-In. E il fatto che il rookie sia stato la prima opzione offensiva a disposizione di Orlando non può che giocare a suo favore, anche solo meramente dal punto di vista mediatico. Nonostante le percentuali altalenanti, normalissime per un rookie, tanti canestri, con addirittura 40 prestazioni da oltre 20 punti, quote toccate al primo anno (tra i giocatori all’attivo) solo da 7 nomi, fra cui LeBron James, Damian Lillard e Kevin Durant.

Vari motivi, dunque, per entrare nelle grazie del grande pubblico, a cui si aggiunge anche la vittoria del torneo a 3 introdotto nel venerdì dell’All-Star Weekend. Dopo una stagione con questa visibilità, resta solo da sperare che Paolo Banchero decida al più presto di portare i propri talenti in Nazionale.

   

Simone Fontecchio, dalle stalle al (quasi) starter

Se per Banchero l’inizio è stato stellare, lo stesso non si può dire per Simone Fontecchio. L’italiano ha fatto molta fatica a entrare nelle rotazioni di coach Will Weaver a inizio stagione, ma la rivoluzione avvenuta alla trade deadline lo ha portato a ottenere più spazio, giocando tutte e 15 le sue partite a più ampio minutaggio tra febbraio e aprile. In questa finestra ha ridefinito il proprio record di punti stagionale in più occasioni, scollinando per 3 volte quota 20. Anche prima, comunque, non erano mancati ottimi lampi, fra cui i primi canestri contro Houston, che lo stesso Fontecchio ha definito come il momento in cui si è trovato a pensare “ok, questa è la Nba”. Per non parlare della fotografia di questo suo primo anno, il game winner contro i campioni in carica dei Golden State Warriors. Un canestro tanto rocambolesco quanto memorabile, coronamento perfetto di un percorso decennale:

“Quella è stata una partita incredibile. Ti siedi e pensi a tutto il lavoro che hai svolto, a tutti i sacrifici fatti negli ultimi 10 anni. Ne vale assolutamente la pena”, ha dichiarato Fontecchio per nba.com. Nella speranza che questo sia solo l’ennesimo punto di partenza, dopo quello di arrivo.

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