Gastone Brilli-Peri (foto Wikimedia Commons)

Il Foglio sportivo

Un'ossessione chiamata velocità. Gastone Brilli-Peri era un turbine

Giovanni Battistuzzi

Le tre vite del conte fiorentino, nato 130 anni fa. Aveva iniziato con la bicicletta diventando un signor velocista, è diventato un campione delle moto e poi dell'automobilsmo prima essere cantato da Lucio Dalla

Quand’era piccolo, non vedeva l’ora di andare in campagna, nelle colline appena fuori la tenuta che i suoi genitori avevano a Montevarchi. Gastone Brilli-Peri era convinto che quello fosse il paradiso, il miglior posto al mondo. Si divertiva da matti, soprattutto quando iniziava a camminare con sottobraccio una tavola di legno per raggiungere la parte più alta della tenuta. Lì la ungeva da un lato con il grasso che serviva per lubrificare le macchine agricole e si gettava giù dal pendio. Più forte andava più provava piacere. Iniziò a farlo che aveva cinque anni. Smise solo quando ne aveva circa una dozzina. Aveva trovato di meglio. Aveva scoperto che in sella a una bicicletta  poteva sfogare in modo più appagante quella passione che sentiva divampargli dentro. Velocità. Di questo aveva bisogno. Solo di questo. Di una dannatissima, amorevole, infuocata velocità. Se ne era reso che aveva sì e no tre anni, quando si era lasciato trascinare in basso dalla gravità dalla cima di uno scivolo. Ne ebbe conferma quando scese per la prima volta con quella tavola dal pendio. Aveva provato anche coi cavalli, ma ne rimasto deluso: i cavalli facevano, in un modo o nell’altro, quello che piaceva a  loro, non quello che voleva lui. Per questo si  innamorò della bicicletta, perché poteva decidere lui quanto forte andare. E non era mai abbastanza.

 

La prima bicicletta gliela regalò suo zio, il marchese Maccarani, uomo innamorato del progresso. Disse al padre che era il futuro. Nemmeno il tempo di dirlo e Gastone era già in sella. Pochi secondi dopo era già per terra. Ci impiegò poche ore a imparare a stare in equilibrio, pochi giorni per capire che era quello che sognava.

 

Era bianca, luccicante. Faceva un figurone.

 

Due anni dopo se ne fece comprare una nera, con il manubrio che faceva un mezzo riccio all’ingiù come quello dei corridori. La bici era nera e lui vestiva sempre di nero, perché il nero era un colore elegante. E lui era conte, e suo padre gli diceva sempre che un conte doveva essere elegante. Ci teneva a questo, anche quando faceva lo scavezzacollo in bicicletta, cioè sempre.

 

Andava forte Gastone Brilli-Peri. Molto forte. Aveva tredici anni e quando la strada era pianeggiante stava dietro agli adulti. E quando qualcuno diceva vediamo chi arriva primo a quel casale, li lasciava tutti dietro. Non ce n’era per nessuno, il più veloce era lui. E anche se c’era da buttarsi giù in discesa era il più forte. In salita no. Non era cosa per lui. Se lo staccavano a salire però se lo ritrovavano tra le ruote una volta ritrovato il piano.

 

Nel 1908 a Mercatale Valdarno Gastone Brilli-Peri mise in fila tutti. Aveva quindici anni, era il più giovane. E di gran lunga. Dei cinquanta partecipanti alla gara, aperta ai soli corridori con meno di 21 anni, solo due ne avevano meno di 18.

 

Due anni dopo, nel 1910 a diciassette anni, iniziò a battere anche i professionisti. A Roma, in un criterium, superò in volata Dario Beni, all’epoca uno dei migliori velocisti in circolazione. A Pistoia, in un altro criterium, oltre a Dario Beni pure Ernesto Azzini, in pratica tanto del meglio che il ciclismo italiano, e non solo italiano, aveva da offrire in termini di velocità.

 

Era pazzesco Gastone Brilli-Peri: “Un turbine di velocità e potenza”, scrisse la Nazione commentando la sua vittoria al campionato toscano. “Donerà enormi soddisfazioni a Firenze e alla nazione tutta nelle gare velocipedistiche”.

 

Non andò così.

 

Perché Gastone Brilli-Peri si divertiva in bici, ma trovò di meglio. Iniziò a capire che la velocità di una bicicletta non poteva essere paragonata a quella di una motocicletta. E la velocità era passione e ossessione. Finì in sella a una Della Ferrera.

 

Poi arrivò la Prima Guerra mondiale: 69esimo reggimento fanteria, motociclista addetto all'Ufficio stampa del Comando supremo. Disse che fu bello guidare una moto tutti i giorni. I reduci non apprezzarono, poi dimenticarono tutto. Perché nel frattempo Gastone Brilli-Peri aveva scoperto le automobili e a bordo di un’auto da corsa sapeva far innamorare i tifosi. E penare gli avversari. Campioni come Giuseppe Campari, Antonio Ascari e soprattutto Tazio Nuvolari gli finirono più di una volta dietro. Prima di finire tutti in Nuvolari di Lucio Dalla.

 

Disse che guidare un’automobile da corsa era la cosa migliore che aveva mai provato in vita sua. Che non avrebbe mai smesso. Che piuttosto sarebbe morto su un auto da corsa. Il 22 marzo 1930 “poco dopo le ore 13, mentre in circuito chiuso il corridore Gastone Brilli Peri provava il percorso della gara, giunto in località Suk El Giuma, a 5 km da Tripoli, perduta la padronanza della sua potente macchina, andava a cozzare contro il muricciolo di un giardino. L'automobile filava in quel momento ad una velocità di 180 km all'ora. L'urto è stato tremendo. Sbalzato dal sedile, il valoroso pilota toscano rimaneva ucciso sul colpo”.

 

Due giorni dopo avrebbe compiuto trentasette anni, era nato il 24 marzo 1893. Gli amici gli avevano preparato una gran festa e comprato per lui una nuova fiammante motocicletta. Non la guidò mai.

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