Mbappé e la fidanzata trans sono stati l'unica cosa interessante di questi mondiali

Michele Masneri

Una rivoluzione del costume che nasce dove meno te l'aspetti, il calcio 

Non si sa se siano fidanzati o meno, ma poco importa, Kilian Mbappé che con la stessa suprema nonchalance con cui non si è filato il presidente Macron alla finale del Mondiale ora non commenta le voci che lo darebbero accoppiato, fidanzato o semplicemente “dating” Inès Rau, modella transgender franco-algerina, e influencer da 1,1 milioni di follower, entra di diritto in quei fattarelli di costume che poi sono destinati a rivoluzionarlo, il costume, e costituisce anche un fantastico pendant e controfinale al Mondiale sgangherato qatarino.

 

 

Se l’Emiro baffuto mette il fatale mantello nero alla coppa più discussa di ogni tempo e archivia il colossale spot per il trucido emirato tra mazzette e intrighi e omosessuali condannati a morte, morti sul lavoro, morte in generale di ogni libertà che non piaccia all’Emiro medesimo (con buona pace del soft power della sceicca che veste e investe in Valentino), la relazione del campione del Paris St.  Germain è uno statement silenzioso che normalizza finalmente tutta la questione trans scavalcando, a sinistra o a destra, leggi e divisioni e “culture wars” scatenate ovunque. Se la scrittrice J.K. Rowling ormai incaponita nella causa apre per ripicca contro chi la contesta una associazione per la protezione della vera fanciulla, cioè di creatura detentrice di vera vagina, illibata e non, la mossa mbappiana spazza via in un istante tutto lo spauracchio agitato generalmente contro queste creature (c’è chi teme si introducano surrettiziamente in bagni o spogliatoi, oppure siano pronte a sbaragliare le colleghe femmine-femmine in competizioni maschili, oppure ancora si facciano carcerare al solo scopo usar violenza a loro colleghe donne certificate Dop, insomma si immagina che queste creature non abbiano davvero di meglio da fare che insidiare quei loro idoli e punti di riferimento biologici e mitologici – le donne - a cui han speso tanti denari e sforzi per assomigliare (e qui si parla solo di trans uomini che diventano donne, perché delle donne che diventano uomini poco importa, non saran sportivi e non andranno in carcere, boh).

 

Invece adesso il sogno di ogni femmina-femmina, e di ogni madre di femmina-femmina, sposare o anche uscire con, un calciatore, si concretizza pure per le ragazze trangender, e arriva proprio dallo spogliatoio. Ambiente non dei più facili, dove lo stigma gay è ancora più forte, dove pochi coraggiosi hanno avuto il coraggio del coming out non sempre con risultati fecondi. Non c’erano riusciti, a normalizzare la questione trans, la magnifica serie “Transparent”, su un papà professore universitario che in tarda età confessa di sentirsi donna e lo diventa, né Ru Paul che pure aveva sdoganato il “drag”. Ora arriva il calciatore, scavalcando le posizioni “si stava meglio quando si stava peggio” di tanti paladini della causa gay che non solo non si può più dire niente ma “il trans rimane trans”, o meglio travestito. Anche le polemiche da spogliatoio con meme vari e commenti secondo cui Mbappé ha perso per colpa della fidanzata “iperaccessoriata” (lessico da lettori di Gente Motori) non superano la soglia di rilevanza. Anzi, già avvistata accanto al suo bello durante il festival di Cannes l’estate scorsa insieme, durante i Mondiali Rau è stata considerata e recensita come una delle meglio “wags” dell’anno (dove il termine indica moglie di calciatore, generalmente vistosa, piacente, levigata). Insomma, normalizzazione totale, e  dunque va dato ragione a chi sostiene che al solito la tv, la canzonetta e lo sport alla fine fan molto di più della politica accartocciata su sé stessa, su certi diritti (del resto la politica è tutta presa dal tema pos, non ha tempo per la questione trans). Ci voleva il calciatore (nero, per giunta, ma questo non interessa più a nessuno da un pezzo, anzi, è venuto a noia).

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).