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Qatar 2022

Il Marocco in semifinale è il cortocircuito del fardello dell'uomo bianco

Jack O'Malley

Basta spiegare il calcio con la geopolitica e la geopolitica con il calcio. E basta a chi permette a Messi di giocare a pallavolo e ammonendo qualunque avversario gli orbitasse a meno di due metri di distanza

Non mi sono ancora ripreso, no. Come fai a riprenderti da una sconfitta come quella di sabato sera, arbitrata da un mentecatto filofrancese, giocata mille volte meglio degli avversari e buttata via con un rigore da un capitano a cui certamente non possiamo dire niente per l’impegno ma che in carriera ha vinto il mio stesso numero di trofei? Non basterebbe tutto il brandy del mondo per lenire le ferite di un’eliminazione in cui non c’è neppure nessuno particolarmente colpevole. Avercelo, un Cristiano Ronaldo su cui addossare tutte le colpe dell’umanità, o un arbitro come quello di Olanda-Argentina, sfanculato da tutti e cacciato dal Mondiale perché la signorina Lionel Messi se ne è lamentata.

 

A proposito, sono quattro giorni che il mondo si indigna per l’esultanza degli argentini alla fine dei rigori, per il fare da bulletti dei tamarri dell’Albiceleste, quattro giorni che  i sacerdoti del culto messiano vengono in soccorso della Pulce mostrando riprese satellitari per dire che anche gli olandesi sono stati cattivoni e che van Gaal trent’anni fa non faceva giocare Riquelme, quindi ci sta che gli argentini gli caghino in testa. Il calcio è anche questo, smettiamola coi moralismi, siete voi che ci avete venduto Messi come la reincarnazione di Gandhi per anni quando invece è un disadattato come tanti. Ben più preoccupante delle sane risse è stata la direzione di gara che ha permesso al 10 di giocare a pallavolo e vedere ammonito qualunque avversario gli orbitasse a meno di due metri di distanza. Tifo Croazia con tutto il cuore, adesso, sperando che Paredes riprovi a tirare una pallonata verso la panchina avversaria solo per godermi la scena di Vida che entra in campo e gli mangia il cuore.

 

L’altra semifinale è incommentabile, l’apoteosi onanistica di quelli che spiegano il calcio con la geopolitica e la geopolitica col calcio mescolata alla stronzata retorica della favola. Mi limito a osservare il pietoso paternalismo degli europei che tifano Marocco: è l’apoteosi del progressismo chic, il cortocircuito del fardello dell’uomo bianco, il neocolonialismo politicamente corretto che spinge l’occidentale a sostenere la squadra africana perché fa simpatia, e perché in fondo si pensa che abbia bisogno del nostro sostegno. Dopo anni di seghe belgiochiste ci si esalta per i semisconosciuti catenacciari marocchini perché “la favola” fa sentire a posto con la coscienza di bianchi cattivi, si va in piazza a filmarli per lodare la bellezza dell’inclusione nelle story su Instagram, si scrivono articolesse cazzulliane per dire “te lo do io il Terzo mondo” e intanto si spiega il Terzo mondo, si ripete fino alla nausea la storiella della Cenerentola del Maghreb; soprattutto, si arriva agli eccessi di Giulia Zonca sulla Stampa (e dove se no?), che in un pezzo surreale sabato ha esaltato – nelle stesse pagine che lodano le iraniane che si strappano il velo – le mamme col velo dei giocatori marocchini e la preghiera ad Allah in campo che finalmente soppianta le magliette su Gesù dei brasiliani e i rosari degli allenatori italiani.

 

In attesa della finale che piace al Qatar, quella tra le due stelle generazionali del Paris Saint-Germain Messi e Mbappé, brindo alle poppe cattoliche della croata Ivana Knoll e mi riattacco alla mia bionda e la scolo tutta per dimenticare quel rigore calciato in cielo da Harry Kane. In attesa del prossimo trofeo che perderemo.

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