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qatar 2022 - facce da mondiale

Hakim Ziyech è uscito dalla penombra

Marco Gaetani

Ai Mondiali l'attaccante marocchino ha ritrovato il campo che quest'anno il Chelsea gli ha negato. Il calcio ondivago di un gran giocatore complicato

Gli sono bastate tre partite del Mondiale per superare i minuti accumulati fin qui in stagione tra Premier League e Champions. Eppure Hakim Ziyech non è un giocatore qualunque. Ma nel Chelsea bizzarro e a tratti disfunzionale di questa prima parte di campionato, l’ex stella dell’Ajax si è ritrovato ai margini, proposto a chiunque nel corso dell’estate, arrivato a un passo dal ritorno alla Cruijff Arena, infine confinato a ruota di scorta in una squadra che negli anni ha ammassato talento in maniera quasi isterica. E allora non sorprende che il marocchino nato a Dronten, un’oretta di macchina da Amsterdam, sia stato fin qui uno dei giocatori più elettrici del Mondiale, in un parallelo inevitabile con Christian Pulisic, un altro che al Chelsea di spazio ne sta trovando pochino.

   

Anni fa, la sua scelta di accettare la chiamata del Marocco dopo aver giocato con le nazionali giovanili dell’Olanda fece rumore. Ora ci sembra naturale che sia il faro di una nazionale tra le più brillanti della prima fase del Mondiale. Il gol con cui ha tramortito in avvio di partita il Canada, per quanto frutto di un evidente errore del portiere nordamericano, è un piccolo gioiello fatto con la semplicità con cui si ordina un caffè al bar. Ziyech ha scavato il pallone da sotto con una fluidità che avevamo quasi dimenticato in questi mesi di oblio forzato.

  

Da giovane cresce infilando reati minori tra una partitella in strada e un’altra: "La strada ti rende una persona diversa. Ero piccolo e giocavo contro ragazzi più grandi: i calci che ho ricevuto, per il solo fatto di essere più forte di loro, hanno fatto di me una persona più dura. Lì ho acquisito la mentalità che mi ha aiutato nel corso della mia vita", ha raccontato anni fa al Guardian. Un’adolescenza segnata dagli eccessi inaugurati dalla perdita del padre quando aveva solamente dieci anni. L’incontro con Aziz Doufikar, ex calciatore marocchino con una carriera passata anche dall’Olanda, gli consente di mettersi sulla retta via. Fiorisce nel vivaio dell’Heerenveen, sale in prima squadra grazie a Marco van Basten ma il suo rapporto con l’ex leggenda del Milan è tormentato. I due arrivano spesso allo scontro e Ziyech non ha paura: gli rinfaccia una carriera da allenatore dovuta solamente alle sue qualità pregresse da calciatore. E Marco lo bastona quando Hakim sceglie il Marocco: "Una scelta stupida". Ziyech tira dritto: "Non ho mai avuto paura di dire la mia opinione. Quando parlo, dico quello che sto provando in quel momento". E quando parlano i piedi di Hakim, il calcio risponde.

 

Due anni scintillanti al Twente, quindi l’Ajax. È uno degli alfieri della squadra che con ten Hag in panchina sconvolge l’Europa, un regista spostato in fascia, un inventore di gioco in grado di creare per sé e per gli altri. Sfiora l’arrivo alla Roma, sfiora la vittoria in Europa League e anche la finale di Champions. E soprattutto sfiora il pallone come pochi altri, con un talento creativo senza eguali in Europa. Il suo mancino richiama echi del passato, quando apre il campo da destra a sinistra sembra di rivedere Gheorghe Hagi. Ha un’influenza enorme sul gioco dell’Ajax e come tanti altri di quella squadra, a un certo punto, si ritrova a dover fare le valigie.

 

Lo chiama il Chelsea, comincia con Lampard e poi prosegue con Tuchel, fino alla vittoria della Champions. Ma l’impressione è che la Premier non faccia per lui fino in fondo, perché la frenesia spesso non comprende le pause che Hakim si prende per leggere la partita. Il Milan continua a osservarlo, forse ripensa alla scorsa estate, quando ha preferito non affondare il colpo. Oggi potrà monitorarlo alle prese con la Spagna, quando proverà a trascinare il suo Marocco a un’altra impresa dopo aver preso lo scalpo del Belgio. Magari coltivando la speranza che, almeno per una volta, Hakim decida di nascondersi e non far salire il prezzo. Ammesso che il suo talento glielo consenta.

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