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Qatar 2022

La libertà di stampa “a tempo” a Mondiali

Andrea Trapani

Cosa c'è dietro alle immagini di sfondo che arrivano dal Qatar tutte simili tra loro e con la stessa angolatura

Uno dei video più noti dei Mondiali non riguarda una partita. Presente in ogni piattaforma social e rilanciato da ogni telegiornale, è quasi impossibile non aver visto il giornalista danese di TV2, Rasmus Tantholdt, avvicinato dal personale di sicurezza durante una diretta, mentre gli viene intimato di chiudere la trasmissione. Tutto è finito bene, non se ne parla più e, per la gioia degli organizzatori, è tornata protagonista quella patina di normalità che contraddistingue tutti i collegamenti da Doha. Perfino troppo.

 

La normalità stessa è un'anormalità, scriveva Gilbert Keith Chesterton. I più attenti avranno già notato che le immagini di sfondo che arrivano dal Qatar sono tremendamente simili e con la stessa angolatura. Non è un caso, si sta applicando un’indicazione - eufemismo - tanto semplice quanto spinosa. Nel famoso filmato diventato virale, Tantholdt mostra il proprio pass stampa che lo autorizza a filmare. Ebbene sì, per fare riprese tv in Qatar ci vuole un permesso. Se questo può essere perfino comprensibile, la presenza dei giornalisti a Doha è una storia vecchia di anni, tra inchieste e documenti online, che lascia molti dubbi sulla libertà “a tempo” concessa dal governo qatariota. Nelle scorse ore è arrivata la risoluzione del Parlamento europeo, ma le incongruenze sono note da tempo.

 

A partire dalla creazione del “Supreme committee for delivery & legacy”, istituito dal governo del Qatar per pianificare e preparare la Coppa del Mondo. Accrediti stampa compresi. Un comitato ad hoc suona male, lo sa bene l’ambasciatore del Qatar negli Stati Uniti, lo sceicco Meshal bin Hamad Al Thani, che continua a credere che il torneo aiuterà a cambiare le idee sbagliate sul suo paese. In realtà sembra aver ottenuto l’effetto opposto, ovvero far capire a tutti quali sono quelle giuste. Proprio le inquadrature che sembrano il desktop un computer sono figlie delle regole presenti sul sito ufficiale dove, alla voce “Filming permit request privacy” (eliminata nella versione inglese ma ancora sbadatamente consultabile in quella araba...), si indicano tre zone per le riprese. Tre belle location, per carità, niente da dire sulla Corniche di Doha, sulla lussureggiante West Bay o sull’avveniristica Towers Area. La magnificenza della capitale val bene una diretta mentre tutto il resto no. Intanto quell’indicazione resta lì assieme a lungo elenco, reso noto in tempi non sospetti da Reporters sans frontières, in cui si vieta di mostrare tutto ciò che non è sui cataloghi delle agenzie di viaggio, dalle proprietà private dei residenti agli edifici governativi, dalle università agli uffici pubblici. Interviste sì, ma solo in zone “protette”: si può andare con il microfono nel giardino di un McDonald’s, ma non troppo oltre. "Il Qatar non è contrario al controllo della stampa", ha scritto, sempre Al Thani, in un articolo su Cnn opinion, ma "troppo spesso le loro piattaforme sono state utilizzate per presentare argomentazioni unilaterali e di fatto imprecise”.

  

Come si è arrivati a tutto questo? Il prodromo era presente in un altro documento, molto burocratico, firmato dalla Fifa, reso noto prima della competizione: non c’era scritto quel che sarebbe successo, ma tra le righe del pdf “Preliminary competition” non si era certo forzata la mano dei qatarioti.

 

Non ci saremmo aspettati la rivisitazione della celeberrima trasmissione di Piero Chiambretti per Italia 90 quando, con la squadra che diede vita al successo di “Prove tecniche di trasmissione”, si era trasferito per una decina di giorni nei vicini Emirati Arabi Uniti mixando le immagini prese in prestito dalla tv locale con le meditazioni pseudofemministe di Wanna Marchi sulla condizione della donna negli Emirati. Insomma, se nessuno immaginava di vedere le paradossali sfilate di moda nel deserto, le corse di cammello o Chiambretti travestito da Lawrence d' Arabia, è davvero poco doversi accontentare di tre sfondi adatti più per il computer di casa che per la cornice di un mondiale.

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