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In Nba non sempre si perde pur giocando per perdere

Andrea Lamperti

A inizio stagione Utah Jazz e Indiana Pacers erano in lizza per essere tra squadre meno vincenti della Lega per poter garantirsi le migliori scelte di un Draft che presenta molti giovani di talento. Un inizio di stagione troppo buono però sembra aver rovinato tutto

L’Nba è una lega in cui, talvolta, perdere è preferibile a vincere. O meglio, le ultime posizioni in classifica sono preferibili a quelle al centro, scomoda terra di mezzo tra l’essere competitivi per il titolo ed esserlo per una scelta di valore al Draft. È proprio il meccanismo di quest’ultimo che definisce la logica del cosiddetto tanking, ovvero l’ormai consolidata abitudine – che riguarda una manciata di squadre ogni stagione – di giocare, più o meno dichiaratamente, per vincere meno partite possibile.

  

Perché si gioca per perdere in Nba?

Con cadenza annuale, nella lega sbarcano attraverso il Draft i migliori 60 giovani prospetti del college e del panorama cestistico internazionale, che vengono selezionati uno alla volta dalle franchigie Nba secondo un ordine prestabilito dalla Lottery. E il punto focale del discorso, in materia di tanking, riguarda esattamente questo: l’assegnazione delle probabilità nella lotteria. Semplificando, ogni team partecipa all’estrazione con possibilità di ottenere le scelte più alte che sono inversamente proporzionali al numero di vittorie ottenute in stagione. La ratio è chiara, ed è uno dei pilastri fondanti di una lega votata alla rotazione ai vertici e alle pari opportunità: chi perde, deve avere una chance di riscatto. L’effetto collaterale è che un “premio di consolazione” di tale importanza può far perdere di vista un pilastro fondante dello sport in generale, nonché una garanzia della sua spettacolarità: che tutti lottino, sempre e comunque, per ottenere il miglior risultato possibile sul campo.

Da anni il commissioner Adam Silver ha intrapreso una guerra al tanking. La recente riforma delle odds in Lottery ha disincentivato gli eccessi (arrivare ultimi o terzultimi, per esempio, non comporta più alcuna differenza), ma non ha risolto il problema. E così, nei prossimi mesi vedremo diverse organizzazioni affannarsi il giusto per migliorare la propria classifica, con l’obiettivo di aggiudicarsi uno dei migliori prospetti in arrivo. Che l’anno prossimo saranno di alto, altissimo livello.

 

Come sono cambiati i rapporti di forza tra le "perdenti"

Ai nastri di partenza, un mese fa, erano diverse le franchigie accreditate per un’annata, diciamo così, proiettata al futuro. Pistons, Magic e Rockets, per esempio, sono squadre giovani e in pieno processo di ricostruzione, e infatti si stanno confermando tra le meno competitive; come loro anche Spurs e Thunder, che a sorpresa sono partiti forte, ma ora hanno rallentato; infine Jazz e Pacers, altre due credibili candidate per il fondo della lega, che invece sono state tra le sorprese di questo avvio e si trovano tra le prime cinque nelle rispettive Conference.

Con più di un mese di stagione in archivio, l’andamento di Utah Jazz (12-8) e Indiana Pacers (10-7) ha ormai delle concrete implicazioni sulla loro annata. L’anno scorso, infatti, per arrivare nelle ultime tre – e dunque avere il 14 per cento di ottenere la prima scelta e più del 50 per cento di essere in top 4 – era stato necessario restare al di sotto delle 25 vittorie (su 82 gare): un “obiettivo” ormai fuori portata per Utah e Indiana, che anche con una seconda parte di stagione particolarmente negativa difficilmente potrebbero finire tra le peggiori sei o sette della lega.

Da entrambe fino a qualche settimana fa ci si aspettava, a ridosso della chiusura del mercato (febbraio), uno “smantellamento” del roster, con diversi giocatori che avrebbero dovuto salutare in favore di asset futuri e, sì, anche per perdere qualche partita in più. Con le tante (troppe) vittorie ottenute, invece, avere una scelta alta al Draft non sembra più una possibilità, e tutto ciò in nome di una stagione in cui il massimo obiettivo raggiungibile, realisticamente, sarà il raggiungimento dei playoff. La scomoda terra di mezzo.

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