Il primo Mondiale che a m'arcord - il foglio sportivo

Mondiali 1990, ossia ho sentito Baggio volare

Giovanni Battistuzzi

"La voce si rinvigorì e iniziò a ripetere un cognome che mi piaceva perché finiva con lo stesso suono con il quale inizia il mio nome. La voce alla radio disse che sembrava volasse sul campo da gioco. Poi disse: gol. Aveva segnato Baggio, Roberto Baggio"

Se c’è una cosa che m’ha sempre annoiato mortalmente è viaggiare in auto, e ben da prima che prendessi la patente. Avrei preferito addirittura mangiare i cavolfiori e io i cavolfiori, quelli bianchi, li ho sempre schifati, è l’unica cosa che non mangio, che li schifo ancora. Viaggiare in auto divenne un filo meno orrido dopo la nascita di mio fratello, che almeno trovavo qualcosa da fare, tipo fare a gara a chi vedeva per primo i campanili, contare le targhe che non appartenevano alla provincia nella quale eravamo, cose così. Nel 1990 però mio fratello non c’era e scendere in Puglia, dove andavamo a fare le vacanze, era un supplizio infinito.

 

In macchina avevamo quattro cassette. Una era Dalla-Morandi, una Simon&Garfunkel, una Claudio Baglioni, che in realtà erano due, perché Assolo era sì un triplo album dal vivo, ma una doppia cassetta, l’ultima una di Fausto Papetti, che però non ascoltavamo mai perché c’era una donna nuda in copertina. Le cassette facevano il giro. E poi rifacevano il giro ancora e ancora, perché andare in Puglia dal Veneto è un tempo infinito, soprattutto per, o meglio con uno che schifa stare in macchina.

 

Quel viaggio però il consueto ordine delle cassette venne scompigliato da un fatto inatteso. Mio padre schiacciò il tasto eject del mangianastri e partì la radio, sintonizzata come sempre su Radio1. Per mio padre c’è sempre stata solo e soltanto Radio1, mia madre invece è tipa da Radio2. Ancora oggi quando salgo in macchina con lui, o uso la sua auto, rarissimamente, la radio è sintonizzata su Radio1. Quel giorno non c’erano le solite voci monocordi e tranquillizzanti che raccontano notizie che tranquillizzanti non sono. C’era un tizio che diceva che c’era la partita dell’Italia. A mio padre e a mia madre è fregato sempre il giusto del calcio, cioè nulla. Però il Mondiale si giocava in Italia e l’euforia era diffusa e io spesso giocavo a pallone con gli amici e dicevo di essere milanista perché mio nonno era milanista e forse pensarono che fosse cosa migliore da sentire rispetto etufattadisguardituedisorrisiingenuitu. Non so ancora se fosse stata una scelta azzeccata. Fatto sta che l’Italia giocava contro una squadra che aveva nomi difficili e il radiocronista spesso si impappinava nel pronunciarli. Dopo pochi istanti, pochi davvero, l’Italia segnò e mio padre disse evvai. La voce alla radio disse che aveva segnato Totò Schillaci, che non era ancora il granvisirdituttiiterùn e nemmeno l’eroe nazionale di quella estate. Poi nulla accadde, la voce del radiocronista era quasi annoiata, e pure noi in macchina eravamo annoiati, io forse mi addormentai, ma nessuno cambiò stazione radio. Passò un sacco di tempo poi la voce si rinvigorì e iniziò a ripetere un cognome che mi piaceva perché finiva con lo stesso suono con il quale inizia il mio nome. La voce alla radio disse che sembrava volasse sul campo da gioco. Poi disse: gol. Aveva segnato Baggio, Roberto Baggio. E io mi immaginai avesse segnato volando proprio come facevano le rondini che avevano fatto il nido sotto la grondaia del condominio di fronte.

    


 

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