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IL FOGLIO SPORTIVO - IL RITRATTO DI BONANZA

Josip Ilicic, il fiore più alto

Alessandro Bonan

Il trascinatore dell'Atalanta è stato un grande artista del pallone ma a un certo punto si è "ammalato" e ha lasciato il campionato italiano. Sembrava appassito, invece cercava solamente di nascondersi

In questo tempo vissuto di corsa, senza terre di mezzo, dove si è o non si è, costretti a scegliere, sì o no?, senza riflettere. In questo scatto breve, costante, che ci porta a chiudere in fretta ogni pratica della vita, la lentezza è diventata una moneta che non ci possiamo più permettere. Si tratta di una recente povertà, a cui è difficile porre un rimedio. 

Ci mancano le riflessioni prolungate, gli sguardi perduti nel vuoto, perfino un camminare incerto come quello di un vecchio. Invece conservano ancora il loro fascino, almeno agli occhi di chi vi scrive e dei suoi quattro amici al bar. Per questo nutriamo (sempre noi, gli amici al bar) una profonda simpatia per un uomo lento che si aggira per i campi da calcio come fosse un anziano (lo chiamano la Nonna), e il cui sguardo sembra perennemente rivolto a un bisogno di risposte. 

 

 Quest’uomo si chiama Josip Ilicic e ha deciso di tornare a casa, lasciando il campionato italiano. È stato un protagonista assoluto degli ultimi anni del nostro calcio, soprattutto quelli vissuti con la maglia dell’Atalanta. Il suo movimento ciondolante, le finte improvvise, scioccanti come sterzate umorali, il suo sinistro/pennello, le pause dentro la partita come intervalli in un film, hanno accompagnato i successi degli uomini di Gasperini, esaltando la dimensione talentuosa di una squadra per il resto molto furiosa e agonistica. Ilicic ha interpretato il suo ruolo in maniera unica, tanto che è impossibile definirlo in modo assoluto. È un attaccante, un’ala, un trequartista, un centravanti? Non si sa. 

Josip Ilicic è stato un grande artista del pallone e come tale è sbagliato dargli un nome. A un certo punto però, l’artista si è ammalato. Il suo cuore ha cominciato a inciampare, e lui, già lento per vocazione, si è fermato. Che cosa sia successo è difficile da spiegare, tanto che lo stesso Josip fa fatica a dirlo. Si sforza, in queste ore dedicate agli addii, ma non gli viene una definizione precisa del suo male. Forse perché non è stato un male, ma solo una pausa di riflessione esistenziale, e, in quanto tale, un segnale di forte vitalità. 

L’esempio che ci ha dato è importante, in quanto riconduce il calcio in una dimensione umana spesso dimenticata. Ilicic è stato un fiore sbocciato piano piano, cresciuto oltre il suo limite, diventando il fiore più alto del prato, visibile a tutti. A un certo punto si è piegato, sembrava appassito e invece cercava solamente di nascondersi.

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