Foto LaPresse

“Mi contestano perché la Lazio non è più una mucca da mungere”. Parla Lotito

Antonello Sette

È il presidente più vincente della storia del club biancoazzurro, ha rimesso a posto i conti societari e reso la squadra competitiva. Eppure tutto questo non sembra essere bastato, le contestazioni contro di lui continuano

A Claudio Lotito chiediamo come spiega l’astio contro di lui, nonostante sia, per numero di trofei, il presidente più vincente della storia della Lazio. “Nella vita si fanno delle scelte. Io ho scelto sin dal primo giorno di dire la verità. All’inizio delle mia avventura, ho detto che bisognava fare dei sacrifici, perché avevamo 550 milioni di debiti, che aumentavano di anno in anno. A molti le mie parole non sono piaciute. Si pensa sempre che il patron è quello che mette i soldi alla cieca e, invece, in una società per azioni, bisogna badare non solo al risultato sportivo, ma prima di tutto alla sopravvivenza e, quindi, a una gestione sana e vincente. Io non sono solo il proprietario della Lazio, ma il custode di una di passione secolare, che ho il dovere di preservare per tramandarla alle future generazioni. Devo essere, e mi sento, un presidente tifoso e non un tifoso presidente”.

 

Il clamore dilagante contro la Lazio è a pelle o è promosso da chi gravitava nel mondo Lazio e si è visto, con il suo avvento, chiudere i rubinetti?

“La Lazio ha il centro sportivo più grande e più moderno d’Italia, una invidiabile situazione economico-patrimoniale ed è la squadra che in questi anni ha vinto il maggior numero di trofei, dopo la Juventus. Per certi versi, la contestazione è un mistero. La verità è che una gestione trasparente elimina privilegi consolidati. Sarebbe stato facile per me continuare con le elargizioni pubblicitarie a pioggia alle radio e ai giornali. E’ per questo che molti, invece di mettere in luce quello che facciamo, cercano di demolirlo”.

 

Maurizio Sarri ha detto che per lui è molto più bello essere l’allenatore di una squadra, di proprietà di una famiglia e non di un fondo di investimento. Come pensa che il calcio sostenibile di una famiglia possa essere competitivo in un mondo, dove l’insostenibile sembra essere diventato la regola universale?

“Io sono convinto che si possano coniugare i risultati sportivi con quelli economici. Io voglio spendere, non sperperare. Per anni la Lazio era stata una mucca da mungere. Tutti pretendevano una collaborazione, un contratto, un’elargizione. Nel momento in cui chiudi i rubinetti, tu diventi un nemico da abbattere. Vede, nel mondo del calcio non mancano né i giocatori, né i direttori sportivi, né gli allenatori. Quel che manca sono le idee. Con le idee, prima che con il denaro, abbiamo ottenuto risultati importanti. Con le idee abbiamo, fra tanti altri trofei, conquistato la Supercoppa italiana, battendo la corazzatissima Inter di Mourinho. I soldi aiutano, ma non sono tutto”.

 

A proposito di sostenibilità, come è riuscito a trattenere i giocatori, che nella Lazio sono diventati top player e forse potevano ambire a ingaggi superiori?

“L’attaccamento alla maglia non è retorica, ma qualcosa che si può coltivare. A Formello il biancoceleste è un brand a vista d’occhio e il colore dell’appartenenza. Sono i colori della prima Olimpiade, che aveva come motto la vittoria per merito e senza scorciatoie. Noi siamo, prima ancora che una società sportiva, un ente morale. Noi siamo presenti sul campo e fuori dal campo, nella nostra città e nel paese, per abbattere con le nostre iniziative sociali, barriere e steccati a livello economico, culturale e razziale. Siamo diversi. E’ normale che qualche campione lo capisca e voglia restare”.

 

I suoi rapporti con la Curva Nord sono storicamente complicati. Un punto di incontro è nella sua agenda dei desideri?

“Io ho cercato senza tentennamenti di far rispettare le regole a tutti i tifosi. Continuerò a mettere in campo ogni azione volta a prevenire e a reprimere comportamenti illegittimi. Poi, è chiaro che le notizie artatamente false o a senso unico, messe in giro un giorno sì e l’altro pure, non aiutano. Guardi il contratto a Sarri. Tutti a metterlo in dubbio e a remare contro. E, invece, il contratto è firmato”.

 

Il Flaminio, come nuovo stadio della Lazio, potrebbe favorire il miglioramento dei rapporti?

“Lo stadio Flaminio appartiene alla storia della Lazio. E’ il luogo di una passione senza tempo. Io sono favorevole e disponibilissimo, ma non dipende solo da me. Ci sono da superare tutta una serie di ostacoli burocratici e concreti per renderlo lo stadio che vogliamo”.

 

C’è qualcosa che non rifarebbe?

“Smusserei gli angoli più aspri del mio carattere e sarei, in tante situazioni, più conciliante. Io, purtroppo o per fortuna, sono fatto così ed è difficile cambiare in corsa”.

 

Il suo sogno nel cassetto è lo scudetto?

“Abbiamo vinto tutto il resto. Manca solo quello. Non è solo un sogno, ma l’obiettivo. Ci stiamo lavorando”.

Di più su questi argomenti: