Editoriali

Da Goggia a Zaki, il bavaglio allo sport e il talk ai matti

Redazione

I due sono finiti al centro dello sputtanamento mediatico senza nemmeno il lusso di qualche ospitata in un talk-show. Il diritto a dire stupidaggini non è riconosciuto nello sport, ma è garantito a personaggi più sconclusionati cui è concesso di esporre la propria (anche bislacchissima) posizione su ogni argomento.

Lo sport è circondato da uno stretto reticolato, oltre al quale non si può andare. Non si può sfidare il minimo comun denominatore del “così pensan tutti”, e forse anche le stupidaggini sono meno tollerate. Quello che su argomenti serissimi come la guerra in Ucraina ti consegna alla prima serata di Rai3, se invece parli di sport (o sei uno sportivo) ti consegna al linciaggio social. Strano fenomeno. Da indagare. E forse c’è un motivo se Churchill diceva che gli italiani giocano le partite di calcio come fossero delle guerre, e combattono le guerre come fossero partite di calcio. Ma veniamo a noi.

 

Sofia Goggia e Patrick Zaki si sono ritrovati in tempo di Pasqua dalla stessa parte sbagliata. La prima ha detto che nello sci non ci sono uomini omosessuali perché “devono gettarsi giù dalla Streif di Kitzbuhel…”. Poi ha aggiunto di non essere a favore dei transgender che gareggiano con le donne (lo aveva detto anche Boris Johnson, ma non se n’è accorto nessuno: d’altra parte è soltanto il capo del governo britannico mica una campionessa di sci). Zaki invece, da tifoso del Bologna, ha twittato che la Juve ruba. Una banalità, che lo ha portato subito alla crocifissione su Twitter. Entrambi insomma, Zaky e Goggia, sono finiti al centro dello sputtanamento mediatico senza nemmeno il lusso di qualche ospitata in un talk-show con Alessandro Orsini e Donatella Di Cesare. Un’inversione paradossale, rispetto ad altri meccanismi automatici della nostra società: il diritto a dire stupidaggini non è riconosciuto nello sport, terreno “leggero”, ma è garantito a personaggi più sconclusionati – purché non sportivi – cui è concesso di esporre la propria (anche bislacchissima) posizione su ogni argomento.

 

E davvero sembra che l’Italia, pentita sempre cangiata mai, sia ancora quella della battuta di Churchill: in questo paese niente è più serio dello sport. Da una campionessa pretendiamo non dica o pensi quello che invece siamo disposti a perdonare (facendone una star tv) a un professore universitario. Non è mica tanto normale. 

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