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Champions League

Il Bayern Monaco è una scienza sociale

Giovanni Battistuzzi

Il calcio per Julian Nagelsmann, l'allenatore dei bavaresi, è soprattutto "competenza sociale", una questione di comprensione e gestione di uomini

Per Julian Nagelsmann “il trenta per cento del lavoro di un allenatore riguarda la tattica, il settanta per cento è competenza sociale”. Perché per Julian Nagelsmann il calcio è soprattutto una questione di comprensione degli uomini, di gestione delle emozioni e delle ambizioni. Solo così le potenzialità calcistiche dei suoi uomini possono tradursi in gioco, in vittorie, in risultati ottenuti.

Julian Nagelsmann ha 34 anni e allena da sei stagioni a livello professionistico. È alla prima stagione al Bayern Monaco e in Baviera non hanno ancora capito chi sia davvero questo uomo dalla faccia da ragazzino, il sorriso affascinante e l’aura da santone. L’aura che gli hanno messo addosso. Ché lui a fare il santone c’ha mai pensato, né tantomeno vuole passare per tale. Tutt’altro. Julian Nagelsmann ha un approccio scientifico al calcio. È pura scienza cognitiva.

 

Anni fa, quando nel febbraio del 2016 venne promosso capo allenatore all’Hoffenheim dopo le dimissioni per problemi di salute dell'olandese Huub Stevens, Nagelsmann era stato chiaro: “La squadra continuerà a giocare seguendo il tracciato di Huub. Il modulo? Il modulo non conta, conta giocare bene e fare risultato”. Cambiò e alternò sei moduli in tredici partite, adattando sempre la tattica all’avversario che aveva davanti, salvò una squadra che sembrava fosse destinata alla retrocessione.

 

Facile fare così quando si guida una piccola, ma mica si può fare questo quando si guida una grande… o così si è portati a pensare.

 

Julian Nagelsmann non è cambiato neppure alla guida del Bayern Monaco: “Conta giocare bene e fare risultato”, con una postilla: “E preservare la propria identità, perché è quella che fa la differenza”.

 

Quella delle squadre dell’allenatore bavarese si basa su regole semplici: la palla è meglio averla che inseguirla; meglio stare nella metà campo avversaria che in quella nostra; giocare in verticale che in orizzontale; meglio aggredire subito gli avversari che aspettarli in difesa. Soprattutto: “Meglio vincere che farci dire che giochiamo bene”.

 

E il modulo ancora non ha peso. Ne ha alternati nove da inizio anno. Difesa a tre o a quattro non ha alcuna importanza, così come non fa nessuna differenza giocare con uno o due o tre attaccanti. “Non ci va la lavagna in campo, ci vanno undici uomini che devono batterne altri undici. E sul prato le cose cambiano di minuto in minuto. È più importante che i giocatori sappiano cosa devono e non devono fare oppure rispettare una tattica, le linee di gioco ecc?”. Per Nagelsmann la risposta è scontata. E non è la seconda.

 

L’allenatore dei Roten non ha cambiato atteggiamento neppure dopo la sconfitta nei quarti di finale di Champions League contro il Villarreal. La fiducia nei suoi uomini è massima. Si arrabbiato molto per aver perso in Spagna, ma dal giorno dopo ha continuato a fare quello che aveva sempre fatto. Parlare, confrontarsi, cercare di arrivare a soluzioni condivise. Trattare i giocatori come uomini, mettergli nel modo più chiaro e limpido possibile le loro responsabilità, cercare con loro di analizzare il perché della disfatta e arrivare a una quadra del problema da risolvere, ché c'è sempre un problema da risolvere.

 

Julian Nagelsmann sa che non può sbagliare. Perché il Bayern Monaco sa di valere la finale di Champions League e che proprio per questo deve arrivare alla finale di Champions League. Non si è mai nascosto e ha sempre ribadito un concetto molto semplice: “Il Bayern non sbaglia due partite di fila”. Ha aggiunto che "l'alta pressione è alla base anche della creazione dei diamanti. E noi possiamo crearne uno particolarmente brillante".

 

Julian Nagelsmann conosce benissimo il principio di falsificabilità, sa che una teoria è scientifica solo se è in grado di suggerire quali esperimenti e osservazioni potrebbero dimostrarla falsa. E sa che è qualcosa di applicabile alle scienze sociali. Per questo si è arrabbiato dopo l’andata dei quarti. Per questo ha continuato come se nulla fosse successo. Ha avuto modo di constatare l’esattezza dell’esperimento che ha confutato la verità assoluta della sua scienza calcistica. Ma non era l’assoluto a cui mirava. A lui basta il relativo e arrivare alla relativa gioia che sa dare la vittoria della Champions League.