il foglio sportivo
La benedetta ultima meta delle Zebre
La squadra di rugby ha fatto arrivare a Parma 41 ucraini, le famiglie dei ragazzi del Rc Polytechnic Kyiv
Le vite degli altri. M’è venuto in mente quando abbiamo iniziato a conoscere queste persone, le loro storie, le cose piccole di cui hanno bisogno e quelle complicate che si sono portate dietro. Guardano il telefono, controllano i messaggi e non capiamo mai se lo facciano per sapere o per non sapere, per avere notizie da Kyiv o per non averne. Sono 49 persone arrivate qua su un pullman che abbiamo organizzato in fretta e furia per portare le famiglie di nostri amici lontano dalla guerra. È nato tutto per caso, da una birra come spesso succede nel rugby. Andriy è venuto a Parma a ottobre e abbiamo chiacchierato di cose leggere, il rugby in Ucraina, i ragazzi grandi e grossi che però smettono di giocare presto perché mancano sbocchi. Ci siamo promessi di fare qualcosa insieme e ora sta succedendo. Nel modo più impensabile e doloroso ma sta succedendo. I loro bambini, le mogli e le madri sono con noi, in Italia. Le famiglie dei ragazzi del Rc Polytechnic Kyiv, la squadra di Andriy, sono arrivate a Parma lunedì sera su un pullman carico di storie che solo ora conosciamo. Di sorrisi e lacrime. Di tutto quello che sta nelle vite, le vite degli altri che ora sono anche le nostre.
Ci sono i quattro ragazzi delle giovanili che non vedono l’ora di ricominciare a giocare e se anche sanno che un loro compagno di squadra è stato ucciso con la famiglia alle porte di Kyiv, non ce lo dicono. A 16 anni vuoi vivere, ti aggrappi a ogni brandello di bellezza, a tutte le novità.
C’è Inna, la mamma di uno di loro, che mi parla in ucraino a una velocità impietosa come se dovessi capire per forza. Mi mostra le foto del suo ragazzo da bambino e lui arrossisce, le ha messe in una busta di plastica blu prima di lasciare casa.
Ci sono signore anziane che guardano nel vuoto, poi sorridono e provano a dire qualcosa in italiano. Sono tutti e quaranta a Corniglio, un borgo bellissimo dell’Appennino parmense che si è messo a disposizione, ha aperto le porte del suo Castello e ha accolto queste famiglie senza mettere limiti alla vicinanza, all’affetto, al sostegno.
Il sindaco e il parroco passeggiano tra la gente e li rincuorano, i proprietari dell’ostello coordinano gli aiuti, i volontari della protezione civile si sobbarcano quaranta chilometri di curve andata e ritorno per portare le famiglie in questura, dai medici, ovunque serva.
Se le guardi così, le vite degli altri sono struggenti e bellissime, le nostre e le loro.
Sono le vite tridimensionali di persone che si stringono e si riconoscono, lontani dall’orrore e dal veleno virtuale.
Le Zebre sono ultime in campionato, 2 punti in troppe partite e una stagione complicata, faticosa, folle.
A ottobre se n’è andato Leonardo Mussini, un uomo straordinario con una solo grande obiettivo: dimostrare che i valori del rugby non sono un manifesto astratto ma una catena di azioni, il battito d’ali di farfalla più potente.
Leonardo aveva 41 anni e fino all’ultimo ha spinto le Zebre a diventare una comunità e non solo una community. Persone che aiutano persone.
Quando ho scritto ad Andriy che avremmo voluto fare qualcosa ho pensato proprio a Leo, alla sua totale incoscienza che somiglia tanto alla mia, alla nostra che siamo rimasti a testimoniare la diversità delle Zebre.
Le vite degli altri non finiscono quando un pullman le porta lontano dalla guerra.
Iniziano proprio lì e siamo noi a doverle proteggere, a custodirle finché non potranno riannodare i fili spezzati e tornare a casa.
Tornare da Igor, che mi ha affidato i suoi due bambini e continua a portare le famiglie dei suoi compagni di squadra al confine.
Senza stancarsi, senza smettere di vivere.
Così.
Michele Dalai è presidente delle Zebre
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