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Tutte le birre che servono per prepararsi al Superbowl. Viaggio a New Orleans

Filippo Cauz

Domenica notte a Los Angeles c'è uno degli eventi più seguiti in America (e nel mondo): la finale del campionato Nfl. Bengals e Rams si giocano il titolo. Un fine settimana tra i bar americani per capire cos'è il football americano negli States

Per comprendere il rapporto tra New Orleans e il football americano bisogna prendere il tram. Una scelta non certo inusuale in città. Tennessee Williams ci arrivò nel 1947, venti anni prima della nascita dei Saints, quando ambientò nella città della Louisiana il suo capolavoro: A streetcar named Desire. Non che servano le vicende drammatiche di Blanche e Stella DuBois per parlare di palla ovale, ma il tram, quello sì. Non più a Desire street, dove la linea originale è stata rimpiazzata dall'anonimo bus 80, ma lungo la linea numero 12, quella che da Canal street, al confine del Quartiere Francese segue tutto il lungo semicerchio di St Charles avenue fino a rincontrare il Mississippi al termine della sua ansa. Lasciatesi alle spalle le follie del Quarter e i grattacieli del Central Business District, il 12 si trova a percorrere viali alberati e grandiose dimore, con colonnati, verande e ampi giardini: la New Orleans caotica e meticcia diventa una città elegante, ricca, quasi cristallizzata nel tempo. Almeno finché non si raggiunge Audubon Park, dove un unico edificio interrompe l'ordine. Si tratta di una grandiosa villa color panna, circondata da una cancellata nera che da un anno a questa parte si è trasformata in una bacheca. Inizialmente furono bigliettini, disegni e cartelli, oggi sono degli enormi poster telati, ma il soggetto è sempre lo stesso. Dietro quella cancellata abita Drew Brees, 42 anni di cui sedici trascorsi con addosso i colori nero, oro e bianco dei New Orleans Saints, nel ruolo più amato di tutti: quarterback, il regista, l'uomo con il pallone in mano, colui da cui tutto inizia. In 55 anni di storia dei Saints, l'unico QB ad aver sollevato un Vince Lombardi Trophy, la palla da football d'argento massiccio che ogni anno viene assegnata alla squadra vincitrice del Superbowl. Tanto basta a spiegare una processione che continua da più di un anno, da quando Brees annunciò il ritiro, lasciando orfana una città che per questo sport ha perso la testa, facendone un proprio segno distintivo tanto quanto il mardi gras, il vudù e Louis Armstrong.

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Privi di Brees, con l'head coach Sean Payton dimissionario e un rosario di infortuni che ha tenuto fuori per più di mezza stagione pure il nuovo quarterback titolare Jameis Winston, i Saints sono stati in grado di lottare ugualmente per un posto nei playoff, sfumato soltanto all'ultima giornata. Così i weekend di gennaio per New Orleans si sono tramutati in una cosa diversa, che non si vedeva da cinque anni. Un anno nuovo senza i Saints, ma ugualmente pieno di football, perché quando una città è innamorata il richiamo resta troppo forte. Ci sono decine, forse centinaia, di bar per appassionati di football in città, e a ogni partita si riempiono, vibrano, attraggono tifosi di ogni estrazione. Vivere un weekend di playoff a New Orleans è come un'immersione in questo amore. A maggior ragione se si tratta del weekend più bello dell'anno, quello del divisional round, che noi europei potremmo chiamare i quarti di finale del campionato NFL: le otto squadre migliori della lega, in scontri diretti, dentro o fuori.

 

Scegliere da dove partire nel grande mare dei bar per appassionati di football di New Orleans è un'impresa titanica, stante la vastità dell'offerta. Lo stesso Brees è entrato nel mercato diventando co-proprietario del Walk On's, a cinque minuti a piedi dal Superdome dove fu protagonista in campo. E l'ex-QB dei Saints non è l'unico: meno di un chilometro più in là, nascosto tra in un centro commerciale, si trova l'imponente Manning's, una sorta di santuario del football americano con poltrone in pelle per osservare con tutte le comodità le partite, trasmesse su un megaschermo di dimensioni cinematografiche. Il nome non è ingannevole: il locale è di proprietà della famiglia Manning, dinastia cominciata con Archie, QB dei Saints negli anni '70, e proseguita con molta più gloria attraverso le mani dei figli Peyton e Eli, vincitori altrove di due Superbowl a testa. Eppure per scegliere da dove cominciare non occorrono nomi altisonanti, basta una passeggiata.

Franchmen street è una delle vie che rendono New Orleans una delle capitali mondiali della musica. Nello spazio di poche centinaia di metri si susseguono uno dietro l'altro i locali che a ogni ora del weekend ospitano band dal vivo. Tutti tranne uno: The Rambler, votato all'altro amore cittadino. Due vetrine, quattro schermi, il Rambler non è certo un grande bar sport americano, eppure durante gli snap finali di Cincinnati Bengals-Tennessee Titans non vola una mosca. E i motivi sono molteplici. Il più immediato: la partita è apertissima, con un ultimo quarto che resta inchiodato sul pareggio fino ai minuti finali. Il più veniale: il barista ha scommesso sulla vittoria di Cincinnati, guai a passare per guastafeste. Il più romantico: a guidare le operazioni dei Bengals c'è un ragazzo di nome Joe Burrow. 25 anni, seconda stagione in Nfl ma la prima disputata per intero dopo la rottura del crociato anteriore lo scorso anno. In offseason tutti pensavano che Cincinnati avrebbe investito nella protezione del suo giovane fenomeno, invece la dirigenza gli ha comprato un giocattolo, l'inafferrabile ricevitore Ja'Marr Chase. L'asse tra i due ha prodotto l'attacco più spettacolare del campionato, ma il loro affiatamento non stupisce, perché non nasce dal nulla. Burrow e Chase sono la ragione per cui a New Orleans oggi un po' si tifa Bengals. Oggi i due si scambiano palloni a Cincinnati, ma due anni fa vestivano la divisa purple&gold degli Lsu Tigers, la squadra dell'università della Louisiana che guidarono fino al titolo nazionale. Il college football in America gode dello stesso seguito dei professionisti, se non di più, perché i college sono un simbolo di identità territoriale a l'ambito di affetto verso ragazzi che presto diventeranno uomini e superstar. Così, quando a 23 secondi dalla fine Ryan Tannehill sparacchia un pallone che la difesa dei Bengals intercetta a metà campo, tutto il Rambler esplode di gioia per quei due. Sentimento che si trasforma in euforia quando cinque minuti di vita e otto secondi di gioco più tardi Burrow scaglia l'ennesimo pallone nelle mani di Chase, mettendo il kicker esordiente Evan McPherson nelle condizioni di chiudere facilmente la partita con un field goal.

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Le sfide riaperte, ribaltate e decise negli ultimi secondi sono l'aspetto più emozionante del football americano. Al Rambler, come in qualsiasi altro bar della città, ancora non si sa che sarà anche il tema dominante del weekend, insieme ai risultati a sorpresa. Cominceranno a pensarlo alcune ore dopo, quando i San Francisco 49ers si imporranno a casa dei Green Bay Packers con un altro ribaltone e un altro field goal negli ultimi minuti. Ma è sabato sera, e senza i Saints la città di New Orleans si dedica ad altre gioie, al football si potrà dedicare tutto l'hangover domenicale.

 

Il Vieux Carré, o Quartiere Francese o più semplicemente The Quarter, è la zona più bella, famosa e celebrata della città. È anche la più frequentata (talvolta l'unica) dai turisti americani, che anche in tempi di Covid vengono qui per ammirare un centro così diverso dalle loro città e soprattutto per godersi i cocktail all'aria aperta lungo Bourbon Street. Ne consegue che gli abitanti di New Orleans tendano a non inoltrarsi in queste strade, tranne quando vogliono far feste a elevato tasso alcolico, o forse quando si gioca a football. In occasione di Los Angeles Rams-Tampa Bay Buccaneers, all'American Sports Saloon, sul margine settentrionale del Quarter, si incontrano quindi tifosi di ogni provenienza. Nel bar ci sono 12 megaschermi e tre televisori leggermente più piccoli. Sono tutti sintonizzati sulla partita tranne tre, dedicati rispettivamente alla pallacanestro universitaria, a una gara di trotto e alla lotta greco romana. Gli schermi hanno tutti il volume acceso, la somma dei cori dei tifosi di Tampa genera un'eco che dà quasi l'impressione di trovarsi allo stadio. A osservarli ci sono gli appassionati locali, che tifano Rams in nome della lunga rivalità tra i Saints e Tampa Bay, e ci sono appassionati che proprio dalla Florida sono capitati qui in vacanza nel giorno sbagliato. Come Chad, che vive vicino a Tampa ed è qui in ferie. Nonostante il disappunto provocato da una prima metà di partita conclusa che vede la sua squadra sotto di 20 a 3, Chad dà il benvenuto a chiunque entri nel locale. Non sarà una debacle sportiva ad annullare la socialità da bancone innata in ogni statunitense. Inoltre Chad non ha affatto perso le speranze, anche perché la sua squadra può contare sul giocatore più vincente di sempre, che risponde al nome di Tom Brady. Ed è proprio lui a guidare la furiosa rimonta dei Bucs, distrincandosi tra botte e vecchiaia sino ad agguantare l'ennesimo pareggio in extremis del weekend. Chad, che la gioventù l'ha conclusa da più tempo del suo quarterback, si alza dallo sgabello urlando, va ad abbracciare tutti gli altri simpatizzanti di Tampa Bay, che forse per la sua chiassosa presenza sono aumentati col passare dei minuti. Quello che nessuno può immaginare è che il gioiello da 55 yards depositato nelle braccia di Mike Evans sarà l'ultimo lancio della carriera di Tom Brady, perché allo scadere i Rams troveranno il field goal della vittoria (ancora una volta), rimandando Chad a passeggiare per Bourbon Street e Tom negli spogliatoi a riflettere sulle botte prese. Una settimana più tardi annuncerà il suo ritiro, lasciando la Nfl in mano a una nuova generazione di quarterback dal talento splendente.

 

A pochi isolati dalla casa di Brees, Magazine Street è la via di riferimento di Uptown e Garden District, i quartieri più ricchi e moderni di New Orleans. Anche in Magazine Street i locali si susseguono uno dopo l'altro, ma se uno cerca del football americano l'indirizzo è uno soltanto: Tracey's si presenta ufficialmente come un pub irlandese, ma i muri al suo interno sono tappezzati di maglie e foto dei Saints e di Lsu, interrotte solo da una tavola da surf appesa sul soffitto e dai televisiori. In mancanza di un vero e proprio megaschermo sulla parete centrale ne sono stati appesi quattro affiancati tra loro: ognuno trasmette un quadrante della diretta, dando luogo a un bizzarro mosaico in cui la palla può finire sulla croce nera che li divide al centro. E lì al centro c'è il più eccitante scontro tra i due candidati più credibili all'eredità di Tom Brady: Patrick Mahomes vs Josh Allen. Con il pubblico del Tracey's tutto dalla parte di quest'ultimo. Questi Kansas City Chiefs sono troppo forti per poter essere anche amati, i Buffalo Bills hanno una storia troppo sfortunata per non raccogliere sostegno. Così ad ogni placcaggio della difesa dei Bills il tavolo davanti allo schermo-mosaico esplode di gioia. Qualcuno seduto al bancone si alza e va a gridargli "I love this table!". C'è casino, c'è eccitazione, c'è entusiasmo, ed è tutto giustificato, perché è una di quelle partite che rimarrà a lungo nella memoria della NFL, soprattutto per il suo finale. Il punteggio che passa da 29-26 a 36 pari in 115 secondi. Patrick Mahomes che lancia 177 yards dopo il two-minute warning. La monetina che dà palla e partita ai Chiefs nei supplementari. Sugli schermi va in scena uno dei più grandi spettacoli del football moderno, ma all'interno del Tracey's l'altalena di emozioni è altrettanto travolgente. Ogni azione di Kansas City è accompagnata da grida "no! no! no! no!", ogni replica di Buffalo è sommersa di urla. Gli spettatori si alzano, corrono tra i tavoli e si gettano l'uno contro l'altro come se fossero stati loro a segnare un touchdown. Poi tutto si paralizza per la tensione. Travis Kelce realizza la segnatura decisiva e scende il gelo. Il tifoso più accalorato sbatte una manata sul tavolo, si alza e se ne va. Resta la sua compagna a raccogliere le giacche e a saldare il conto prima di corrergli dietro. Il volume dei televisori si abbassa e rientra la musica. È una vecchia hit degli Stone Temple Pilots. Scott Weiland canta "I am smelling like the rose..." mentre i giocatori dei Chiefs festeggiano in tv.

C'è un solo televisore al Tracey's che non ha trasmesso la partita. Per tutto questo tempo, lunghissimo, memorabile, ha mandato in onda un cartone animato: "Pets". Una curiosa coincidenza fa sì che proprio a fine partita partano i titoli di coda, con gatti, cagnolini e criceti che saltellano. In fondo, anche le squadre di football americano sono dei pets, per quanto dai nomi più minacciosi. Il fine settimana successivo i conference championships hanno sfoltito definitivamente l'arca di Noè della Nfl. Al Superbowl di questa domenica ci saranno Bengals e Rams. Tigri contro arieti. L'attacco travolgente contro la difesa all-stars. La sorpresa che mai ci si sarebbe aspettati contro una formazione che mai come quest'anno ha investito tutto sulla vittoria finale.

Domenica notte si decide tutto a Los Angeles. Per i primi 54 anni di storia della partita delle partite nessuno era stato in grado di vincere in casa, quest'anno potrebbe accadere per la seconda volta di fila. Se la tendenza dovesse confermarsi, sorrideranno anche a New Orleans, che nel 2025 affiancherà Miami nella lista delle città che hanno ospitato più volte il Super Bowl. Potrebbe essere il tempo giusto per veder tornare lassù i pets della Louisiana, che anziché tigri o arieti sono semplicemente Santi. E a loro i devoti cittadini hanno dedicato uno dei numerosi – e calorosi – riti di New Orleans. Parteciparvi non è difficile, basta aspettare un weekend invernale, prendere il tram e andare al bar.

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