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La rimonta è un incantesimo. La trance sciamanica di Roma-Juventus

Davide Ferrari

Quei sette minuti che hanno cambiato la partita dell'Olimpico e rilanciato i bianconeri in Serie A

Alla parola ‘Incantesimo’ la Treccani dice così: Deriva dal verbo incantare, un composto del verbo cantare che in latino significava sia ‘cantare’ sia ‘recitare formule magiche’ che per il loro ritmo somigliano, appunto, a un canto. L’incantesimo è dunque l’arte che permette di esercitare i poteri magici.

La rimonta nel calcio è un incantesimo. Ha a che fare con il cuore più che con il cervello, è simile all’innamoramento, a qualcosa che sfugge completamente al controllo. È un buio accecante, una sensazione di completa vulnerabilità e allo stesso tempo di onnipotenza. Perché in realtà il tempo diventa relativo, lo spazio pure. È una trance sciamanica, una sorta di rito di cui nessuno, se non chi è coinvolto in maniera diretta, ci può capire nulla, né intervenire in alcun modo. Nemmeno l’allenatore. Né l’arbitro. Neanche il Var.  

L’incantesimo è "la formula magica, spesso accompagnata da gesti rituali, che serve per metterli in pratica", "è l’azione di pronunciare questa formula", "è l’effetto che questa produce".

Ieri sera i tifosi della Juventus per settanta minuti hanno recitato preghiere, o altro, ma qui si scivolerebbe nel blasfemo, appena hanno visto la squadra trottare sul prato verde all’inizio del primo e del secondo tempo, per poi, sul 3-1, come spesso ultimamente accade, si sono affidati all’unica cosa possibile: la magia. Hanno sentito venir su dal di dentro quella misteriosissima voce che ripete rapida e ossessiva ‘Fino alla fine! Fino alla fine! Fino alla fine!’ a cui questa volta, pur sentendo una sorta di umanissima vigliaccheria, anche il più gobbo avrebbe faticato a credere senza pensare di non aver del tutto smaltito zampone, lenticchie e sbornia dell’ultimo dell’anno.

Ma tutti, chi è sopravvissuto almeno (alla partita non al cenone), sono rimasti incantati da quei 7 minuti – 5 se togliamo il consulto Var – di apnea folle. A fine gara hanno goduto dell’effetto prodotto da quella formula che, non così casualmente, è il loro motto.

Infatti, insieme ai tre punti, il mantra è l’unica cosa che ha un criterio nella partita con la Roma. Perché la rimonta non ha alcun senso. È un’altalena tra cielo e terra che va a centocinquanta all’ora, che ti spara dalla depressione all’euforia in pochi istanti per poi risucchiarti nell’esatto opposto. A volte capita di farla la remuntada, altre di subirla. E ce ne sono di meravigliose, gloriose, impensabili: come quella del 21 dicembre 1957 – accaduta nella seconda divisione inglese, che non a caso è stata definita “la più grande rimonta della storia del calcio”, ma che meriterebbe un racconto a sé – quando il Charlton Athletic ribaltò il parziale di 1-5 contro l’Huddersfield per un definitivo 7-6. Oppure, quella più recente del Barcellona con il PSG in quella indimenticabile notte di Champions. Per rimanere a Torino, vale la pena fare due esempi con la stessa avversaria: Juventus-Fiorentina del 4 dicembre 1994 con la famosa leggiadra magia che presentò al mondo il talento deiforme di Alessandro Del Piero, oppure Fiorentina-Juventus del 20 ottobre 2013 quando Rossi, in collaborazione con Joaquin, ci fece la faccia viola rifilandoci tre pepite in una manciata di minuti per il definitivo 4-2 (eravamo 0-2).

 

Ancora la Treccani dice che l’incantesimo "in senso figurato indica anche uno stato di grande felicità, spesso frutto di illusioni destinate a cadere". E lo sa bene Luca Telese, che in preda ai movimenti del cuore – perché lui ama il calcio e infatti si esprime con una grazia che Dante lévate –, alle 19.49 di domenica 9 gennaio 2022 (la data è necessaria perché questo cinguettio è già storia) twitta: "Malgrado l’immancabile aiuto sul rigoretto, stavolta i gobbi se la prendono nder posto. Fa sempre piacere, a tutti quelli che amano il calcio. #RomaJuve"

Una profezia da Nostradamus de li Castelli insomma. Speriamo, per la sua salute, che Telese abbia spento il televisore al minuto 69.

Va detto anche che "in senso più ampio, si può chiamare incantesimo anche un qualsiasi trucco o artificio messo in atto per sedurre qualcuno". Negli ultimi due anni, a ogni partita vinta dalla Juve, si parla di svolta. E col fischio finale di quella di ieri, è certamente lecito sperare che, dopo una botta di adrenalina del genere, qualcosa cambierà nella testa dei nostri giocatori. La cosa importante è una: agli incantesimi, come alle rimonte, ci devi credere.   

I tifosi devono sperare che i giocatori non abbiano, come altre volte, sedotto con un artificio, seppur straordinario. In molti, anche a Torino, credevano e credono che la Juventus sia moribonda.

Nella Legenda Aurea, raccolta medievale di biografie agiografiche del XIII secolo, composta in latino dal frate domenicano Jacopo da Varazze, si trova scritto: "Facendo adunque Simone li suoi incantesimi sopra il morto, parve a coloro ch’erano d’intorno, che il morto menasse il capo".

Ecco, i bianconeri iniziano l’anno sperando di non fare la figura dei creduloni.

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