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Ancelotti a Madrid è riuscito a regalarsi un ottimo Natale

Federico Giustini

A inizio stagione in pochi avrebbero scommesso sulle capacità dell'allenatore di rimettere ordine nel Real Madrid, rimotivare i leader dello spogliatoio e ritrovare il bel gioco. E invece c'è riuscito

Ai tempi della sua prima esperienza a Madrid era stato soprannominato El Gato. Carlo Ancelotti era riuscito più volte a resistere ai momenti più complessi, quelli in cui Florentino Pérez ha pensato seriamente di sostituirlo a stagione in corso, mostrando di possedere più vite. Non solo Ancelotti seppe resistere, ma a distanza di anni ricordiamo tutti quel suo biennio sulla panchina del Real per la conquista della Decima nel 2014, quel ritorno al successo nella competizione regina del calcio europeo a distanza di dodici anni dall’ultima volta per il club.

Quella vittoria sull’Atletico Madrid a Lisbona rappresentò anche l’inizio di una stagione di vittorie, continuata con la gestione di Zinedine Zidane, vice di Ancelotti nella prima di quelle due annate e capace in seguito di vincere tre volte di fila la Champions League. Anche Zizou ha mostrato di saper resistere alle più dure burrasche, reagendo con prontezza a sconfitte cocenti che sembravano tutte le volte restituire la stessa conclusione: il ciclo è ormai finito. Valutazione che potrebbe aver fatto anche l’ex Pallone d’Oro, almeno nelle due occasioni in cui si è congedato dalla panchina dei Blancos.

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Nel corso dell’Ancelotti bis, l’immagine del gatto è ritornata. Il tecnico italiano ha avuto la forza di attribuirgli un diverso simbolismo, spostandola sui rivali storici del Barcellona per invitare i suoi a non sottovalutarli: “Se non si ha paura si finisce per affrontare il leone convinti che sia un gatto”. E il messaggio è stato recepito, infatti il suo Real è stato fin qui implacabile negli scontri diretti e in 25 partite giocate tra Liga e Champions ha perso solo in due occasioni e pareggiato in quattro. Primo posto in campionato e nel girone in Europa.

Ancelotti ha ereditato un gruppo che sembrava essere andato più volte oltre i propri limiti, sopratutto dopo l’addio di Cristiano Ronaldo nel 2018. Dal mercato estivo sono arrivati Alaba e Camavinga, a fronte delle uscite di Sergio Ramos e Varane. Per il Real Madrid e per il suo presidente sono stati - e sono tuttora - mesi di grande conflittualità: con la Uefa per il progetto mai sconfessato della Superlega; con il Psg e i “club-estado” dopo l’offerta respinta per Mbappé (e anche per i vantaggi che derivano da una singolare applicazione delle regole del Fair Play finanziario); con la Liga per l’accordo con il fondo CVC a cui Real, Barça e Athletic Bilbao si sono sottratti. Complice l’investimento per il sontuoso restyling del Bernabeu, negli ultimi anni il rinnovamento della rosa ha dovuto attendere, procedendo a piccoli passi.

 

In mezzo a così tante difficoltà in pochi avrebbero scommesso sulle capacità di Ancelotti di rimettere ordine, rimotivare i leader dello spogliatoio e ritrovare il bel gioco senza rinunciare agli equilibri tattici. A maggior ragione se si guarda a come si erano concluse le esperienze di Monaco di Baviera e Napoli, e all’anno e mezzo all’Everton (un 12° e un 10° posto): si stava facendo largo l’ipotesi che, dopo quindici anni di successi praticamente ininterrotti, Ancelotti non potesse più incidere in contesti di prima fascia.

La realtà si è mostrata in totale opposizione rispetto a tale ipotesi. Le parole di Casemiro, equilibratore e fulcro della squadra, spiegano molto: “Ancelotti e il suo staff mi hanno sorpreso molto. Sembrano avere molta più voglia di vincere e dimostrare che lui sia un allenatore tra i migliori”.

 

Questa voglia di vincere si è tradotta in una gestione eccellente e lucida delle risorse a disposizione. Un turnover ridotto al minimo, con cambi chirurgici per prevenire infortuni e affaticamenti dei calciatori più importanti, in particolare del terzetto di centrocampo Modric-Casemiro-Kroos. E soprattutto un lavoro di recupero delle energie e preparazione atletica coordinato dal preparatore atletico Antonio Pintus, figura fondamentale per i successi recenti di Zidane e Conte, benvoluto e stimato sia dai calciatori che dall’intero ambiente.

A inizio stagione Ancelotti sapeva che avrebbe dovuto trovare in casa gli acquisti mancati, con la convinzione che il peso dell’attacco non sarebbe dovuto gravare sulle spalle del solo Benzema, sebbene il francese continui a risultare decisivo come mercoledì a Bilbao. Ecco che la priorità è diventata il miglioramento dell'attitudine a segnare di Vinicus Junior, brasiliano classe 2000, dal grande ma intermittente talento. E fin qui Ancelotti è stato ripagato, con 12 reti tra Liga e Champions (il doppio dell'intera scorsa annata). Semplice il consiglio offerto a inizio stagione: “Gli ho detto che per fare gol deve toccare il pallone meno volte. È difficile riuscirci con quattro o cinque tocchi”. Recuperato a un buon livello anche Asensio, sono meno eclatanti, ma comunque soddisfacenti, i risultati ottenuti con l'altro attaccante brasiliano, Rodrygo, Il prossimo obiettivo di Ancelotti è poter contare su un Hazard che a Madrid ancora non si è visto. Ma El Gato non si pone limiti.

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