ANSA/GIUSEPPE LAMI

Il Foglio sportivo

La Serie A è davvero indifendibile, non solo per le aquile

Jack O'Malley

Soltanto un kamikaze può davvero pensare che il campionato italiano sia meglio della Premier League

Vedo con piacere che la grande battaglia per riportare la pace nel calcio prosegue senza intoppi. Intanto, un’operazione di intelligence e controspionaggio ha permesso di fermare il pericolosissimo falconiere della Lazio, che con l’aquila Olimpia sul braccio ha fatto il saluto romano a bordocampo assieme a quattro tifosi biancocelesti. Adesso che il pessimo esempio Juan Bernabè è stato cacciato la democrazia è salva.

 

Fino al prossimo buu, si intende. In quel caso verrà in soccorso la gogna videofotografica dei giornali però. La faccia del reprobo razzista verrà pubblicata su tutti i siti, cerchiettata e additata come quella di un delinquente che non deve più potere vivere tranquillo. E noi ci sentiremo migliori perché non siamo come lui. Tra tutte le cose belle della Premier Legue che la Serie A poteva copiare, solo il manettarismo da stadio avete deciso di prendere. Con buona pace del sempre ottimo Fabio Bianchi, che due giorni fa sulla Gazzetta (in una rubrica dal titolo “La pensiamo così”, sottinteso: pappappero) ha rintuzzato Maurizio Sarri, reo non di avere tenuto sul braccio l’aquila fascista della Lazio, ma di parlare con troppo rimpianto del campionato inglese. Bianchi si è messo l’elmetto ed è sceso sul campo di battaglia per difendere Paolo Dal Pino, il presidente della Lega che alle proteste dell’allenatore ex Chelsea sul calendario affollato aveva detto che lo stesso succede in Premier.

“Non paragoniamo Nba e campionato di basket italiano”, ha detto Sarri, ma neppure la diarrea alla birra, aggiungo io. Mi piacciono i kamikaze, mi spiace quando la realtà li prende a ceffoni nel giro di poche ore. Soldi a parte, scrive la Gazzetta “ormai ci sono talenti e campioni che affermano di volere venire in Serie A perché sta tornando in vetrina. Metafora della vetrina a parte (più abusata di quella del calcio che spiega la vita), vorrei chiedere a Bianchi che pub frequenta per andare a bere con lui: dopo l’estate in cui i pochi campioni che c’erano sono fuggiti (Lukaku, Donnarumma, Hakimi, Ronaldo) ci vuole coraggio per dire una cosa del genere e dormire sereni. Ma torniamo ai ceffoni della realtà: Bianchi fa l’esempio del ritorno di Mourinho per dire dell’attrattività del campionato italiano in cui anche i grandi tecnici vogliono allenare. Ora io voglio bene a Mou, ma definirlo bollito è essere generosi, tanto che l’allenatore della Roma ha pensato la sera stessa dell’uscita dell'articolo di Bianchi di prendere sei pere dal Bodø Glimt.

Non contento, l’editorialista della Gazzetta ha continuato a farsi del male dicendo che in Italia ci sono “fior di giocatori” che inseguono tanti, e fa i nomi di Vlahovic, Lautaro, Osimhen, De Ligt, Barella e Chiesa, e aggiunge, con un capolavoro di paraculaggine: “Poi magari se ne vanno, ma questo è un altro discorso”. Che tenerezza, me lo immagino Bianchi che scrive e a ogni ragione che trova per dire che la Serie A è bellissima scopre subito un’obiezione più grande. “Abbiamo vinto l’Europeo!” (pernacchia), e subito “le nazionali sono un conto e i club un altro? Ok, allora parliamo dell’Atalanta”. Sì dai, parliamo dell’Atalanta, il cui grande merito sarebbe quello di avere messo in difficoltà per 45 minuti il Manchester United, una squadra senza anima da due anni che ultimamente perdeva anche la partitella di allenamento contro le proprie giovanili. Alla fine Bianchi cede, collassa, ammette: se non si può parlare bene della Serie A perché più ricca, bella, attrattiva, forte, fatelo almeno per “difesa patria”. Amici, riprovate più tardi. Io intanto vi aspetto al pub e ordino una bionda.

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