2 agosto 1948, Fanny Blankers-Koen, a destra, taglia il traguardo in 11,9 secondi a Wembley (foto AP) 

la mamma volante

Storia di Fanny Koen, la prima atleta ad aver vinto quattro ori nella stessa Olimpiade

Gino Cervi

Dopo di lei per le atlete di tutto il mondo fare sport non fu più come prima. Molti smisero di guardare le donne-atlete con biasimo o sospetto

Agosto 1942, spiaggia di Kennemer, Olanda. Difficile correre sulla sabbia. Bisogna seguire la linea dove l’onda arriva prima di ritirarsi. Sabbia appena umida, non troppo bagnata. Dove il fondo è elastico, la caviglia si muove e asseconda il movimento del piede. Tallone, pianta, punta, movimento rotondo. 

   
Fanny corre e ha il mare al suo fianco. Il Mare del nord, grigio ferro. C’è un segno per terra e Fanny le corre incontro: trenta, venti, dieci metri. Fanny arriva col petto in avanti, come a tagliare un’invisibile filo. Passa il segno, si scompone, cade. I capelli si riempiono di sabbia. Quando se li scosta e alza la testa, Jan è lì, col suo cronometro in mano. “Puoi fare di meglio”. E’ difficile correre sulla sabbia. Ma ancor più difficile è correre e basta nell’estate del 1942 in Olanda. A diciott’anni alle Olimpiadi di Berlino Fanny arrivò sesta nel salto in lungo e quinta nella staffetta della 4x100. E si fece fare l’autografo da Jesse Owens. L’anno dopo agli Europei fu bronzo nei 100 e nei 200 e record mondiale sulle 100 yards

    
Fanny Koen era la grande speranza dello sport olandese
: alle Olimpiadi di Helsinki del 1940 era data per favorita nelle corse e nei salti. Ma nel settembre del 1939 la Germania di Hitler aveva scatenato la guerra. Non ci sarebbe stata, chissà fino a quando, nessuna Olimpiade. Fanny però non aveva mai smesso di pensarci. Così come Jan Blankers, il suo allenatore, che nel frattempo era diventato suo marito. Fanny e Jan prendevano le bici e lungo i canali da Amsterdam arrivavano al mare, alla spiaggia di Kennemer. Fanny correva e Jan prendeva i tempi. C’era la guerra, e adesso c’era pure un figlio, Jan Jr. Ma Fanny continuava a correre e a saltare. Non si era mai vista una mamma che pensava a correre e a saltare. Molti non capivano e scuotevano il capo. Correre e saltare quando tutto intorno sembrava un fondale di cartapesta, pronto a venir giù? Amsterdam era una città di fantasmi. La gente andava di fretta. Le facce erano cupe. Da qualche settimana Fanny non incrociava più nemmeno quella ragazza bruna, con la cartella di scuola. Le sorrideva sempre quando la vedeva sul Prinsengracht; e la ragazza sorrideva al piccolo Jan. Chissà che fine aveva fatto…

  
Agosto 1946, Oslo, Bislett Stadion, Campionati europei. La guerra è finita. Fanny Blankers Koen per tutti è adesso la “mamma volante”. Si è allenata sulla spiaggia, con il marito e il piccolo Jan. Ha vinto qualche gara. Ha stabilito il record del mondo: 80 m ostacoli, salto in lungo, salto in alto. A Oslo ci va anche se da solo sei settimane è nata un’altra figlia, Fanny Jr. La “mamma volante” vince negli 80 m a ostacoli e nella staffetta 4x100. 
Luglio-agosto 1948, Londra, Wembley Stadium, XIV edizione dei Giochi Olimpici. Fanny Blankers-Koen detiene i record del mondo di sei specialità: salto in lungo e in alto, 80 m a ostacoli, 100 e 200 m, staffetta 4x100. Ma ha trent’anni e due figli. Molti pensano che una brava mamma debba crescere i figli, invece che correre e saltare. 

  
A Londra piove. La pista è una spugna. Nella finale dei 100 m le sue avversarie hanno quasi dieci anni meno di lei. Fanny scatta dai blocchi e vola. La pista diventa la spiaggia di Kennemeren. Le avversarie arrivano 3 decimi di secondo e 3 metri dopo. Primo oro. Nella finale degli 80 m ostacoli sul filo di lana arriva con lo stesso tempo di Maureen Gardner: 11’’2, nuovo primato del mondo. Per un attimo teme di aver perso proprio nella sua specialità preferita. La decisione spetta al fotofinish. Che dice Fanny. Secondo oro.

    
6 agosto, ancora pioggia. Finale dei 200 m. Wembley. Fanny pensa alla striscia del bagnasciuga e quando spunta sul rettilineo, le avversarie alle spalle stanno ancora curvando. Taglia il traguardo in 24’’2 con un vantaggio di 7 decimi, il distacco più ampio in una finale olimpica. Terzo oro. Nella finale della 4x100, Xenia, Netty e Gerda, le sue compagne di staffetta, non sono dei fulmini. Quando riceve il testimone nella quarta frazione, Fanny deve recuperare 5 metri ad australiane e canadesi. I restanti 95 le bastano per vincere la quarta medaglia d’oro in otto giorni. Mamma o non mamma, nessuno prima di lei era riuscito a farlo nella stessa Olimpiade.

   
All’Aia Fanny salì su una carrozza trainata da sei cavalli: gli olandesi la accolsero come si accolgono i trionfatori. A Rotterdam le fecero un monumento: un monumento di corsa, un solo piede appoggiato alla base: tutto il resto in volo. La città di Amsterdam le regalò una bicicletta nuova: “Per andare a un passo più lento”, scrissero nella motivazione. 

    
Dopo Fanny Blankers-Koen per le atlete di tutto il mondo fare sport non fu più come prima. Molti smisero di guardare le donne-atlete con biasimo o sospetto. Anni dopo Fanny dichiarò di sentirsi come Marie Curie, Maria Montessori e Katherine Mansfield, che fecero molto per l’emancipazione sociale e culturale delle donne. E mentre lo diceva, a Fanny, passò nella mente il sorriso della ragazza bruna che incontrava sul Prinsengracht.
 

Di più su questi argomenti: