Il Foglio sportivo

Lo stadio dentro la collina. I 100 anni dell'Hohe Warte Stadion di Vienna

 Roberto Gotta

È stato il teatro del Wunderteam, la straordinaria Nazionale austriaca allenata da Hugo Meisl. Lì si esibirono pugili di nome e persino il grande compositore e direttore d’orchestra Pietro Mascagni

 Qui, un tempo, era tutta collina. Improvvisa ma dolce, rivolta verso sudest, verso altri modesti rilievi e, qualche decina di chilometri più in là, Bratislava, sempre sullo stesso Padre Danubio. E collina è rimasta, qui nel distretto di Döbling, dove Vienna si dissipa già nell’Austria Inferiore. Scendendo alla fermata della metropolitana Heiligenstadt tutta questa collina però non si vede, coperta da un caseggiato terrificante e storico: il Karl-Marx Hof, edificio di edilizia popolare lungo addirittura un chilometro e cento metri. È uno dei lasciti più vistosi del periodo della Vienna Rossa, la repubblica a maggioranza socialista nata sulle ceneri dell’impero austroungarico nel 1918: per ospitare le migliaia di profughi della guerra si scelse di costruire circa 60.000 alloggi, 1.382 dei quali nel Karl-Marx-Hof, in quel periodo situato in una zona quasi esclusivamente verde e danneggiato poi durante la Guerra Civile Austriaca del 1934. Oltrepassato questo complesso, che oscura e opprime la visuale, basta fare alcune decine di metri e, salendo, nel fianco della collina, improvvisamente, uno stadio. O meglio, una tribunetta come tante altre, e, di fronte, una sorta di anfiteatro naturale: esattamente 100 anni fa, 19 giugno 1921, questo era lo scenario che si offrì al pubblico intervenuto all’apertura dell’Hohe Warte (‘punto di osservazione elevato’), stadio che in quel momento era il più grande dell’Europa continentale e uno dei più grandi al mondo, dopo quelli britannici come Hampden Park, Crystal Palace, Stamford Bridge. Come abituale per l’epoca, le gradinate consistevano in semplici spazi in cui stare in piedi, i medesimi spazi che per l’attesa amichevole del 15 aprile 1923 contro l’Italia ospitarono circa 85.000 spettatori. Finì 0-0 ma l’atmosfera fu davvero unica per molti motivi: per lo scenario, per la concentrazione di una così cospicua massa di gente e per la vivacità che diede a una zona che era, e in parte è ancora, un gentile rifugio dal caos della città, un luogo nel quale i viennesi benestanti andavano addirittura a passare le ferie, tra vigneti e stradine alberate in saliscendi.

L’Hohe Warte divenne un sensazionale magnete di eventi, dando carne a quanto aveva scritto durante la sua costruzione un quotidiano locale, di quelli tenuti a fianco della tazzina nei celebri caffé viennesi che si stavano sviluppando come focolai di cultura calcistica: “A Döbling con discrezione, si sta completando un’opera che porterà la fama dei suoi ideatori ben oltre i nostri confini”. Perché oltre alla nazionale, che presto sarebbe divenuta il Team delle Meraviglie, il Wunderteam allenato da Hugo Meisl, all’Hohe Warte si esibirono pugili di nome e persino il grande compositore e direttore d’orchestra Pietro Mascagni, che il 24 luglio del 1924 condusse una rappresentazione non della sua celeberrima Cavalleria Rusticana ma dell’Aida, di fronte a oltre 20.000 spettatori. E si può solo immaginare l’impatto che abbia avuto, quella sera, la lirica in un anfiteatro naturale, con il sole da poco calato, la Vienna luminosa sullo sfondo e la percezione, di lì a poco rivelatasi errata, di tempi migliori. Il dominio di Hohe Warte sul resto del panorama austriaco durò peraltro poco, perché nel 1931 venne completato, a pochi passi dal Danubio, il Prater, più piccolo (60.000) ma più comodo e adatto specificamente al calcio. A Döbling continuarono a giocare i pionieri del First Vienna, che come dice il nome furono il primo club austriaco. Fondato il 22 agosto 1894 da giardinieri, perlopiù britannici, al servizio del barone-banchiere-filantropo Nathaniel von Rotschild. Personaggio estroso: un giorno, stufo di veder devastate siepi e fiori da pallonate calciate dai medesimi addetti che le avevano preparate, mise loro a disposizione un prato e una serie di divise da… fantini di colore gialloblù, quelli della scuderia. Poco alla volta il First Vienna dilagò: titolo austriaco (e Mitropa Cup) nel 1931 e poi nel 1933, 1942, 1943, 1944 e 1955, Coppa d’Austria nel 1929, 1930, 1937. I tornei tra il 1942 e il 1944 furono a base regionale: dopo l’annessione alla Germania, le vincitrici dei vari tornei regionali si sfidavano in playoff per il titolo pangermanico, e il First arrivò solo una volta in finale, sconfitto dallo Schalke 04. Dopo il successo del 1955, e con Hohe Warte che progressivamente veniva abbandonato alle sterpaglie dal lato collinare, il First perse slancio anche quando fu in prima serie, con l’eccezione della breve partecipazione alla Coppa Uefa del 1988 e 1989. Ora è in quarta categoria ed è club di culto come il suo stadio, anche se ideologicamente un po’ troppo indirizzato, forse per influenza del vicino Karl-Marx-Hof. In genere è aperta solo la tribunetta in cemento da 4.568 spettatori, con permesso temporaneo per altri 7.500 nell’immenso lato collinare, dove ci si siede su quel che resta, nell’erbaccia, dei gradoni bassi di un tempo, e con Vienna davanti. Lo sguardo verso la città del resto conviene tenerlo comunque, anche per evitare di vedere, alle proprie spalle, spettatori che, inerpicandosi verso la parte più elevata e selvaggia del declivio, la utilizzano come toilette. Romanticismo, sì, ma con la condizionale.

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