Roma-Benevento è stato l'ultimo 0-0 in Serie A. Era il 21 febbraio 2021 (foto LaPresse)

Il Foglio sportivo

La scomparsa dello zero a zero

Giuseppe Pastore

Mai così tante partite senza reti inviolate nella storia della Serie A. Indagine sui perché  

I pensosi articoli di commento sulla sparizione dello zero a zero stanno al calcio italiano come i dibattiti sulla dipartita delle mezze stagioni nel chiacchiericcio da ascensore. È sufficiente una veloce ricerca su Google per vederli fioccare con la frequenza dei fuorigioco di Ibrahimovic: uno del 2013, un altro del 2016, poi nel 2018, nel 2019 e persino nel disgraziato 2020. Ma stavolta qualcosa è cambiato, o almeno sembra esserlo: perché lunedì scorso, grazie a Torino-Napoli 0-2 e Lazio-Milan 3-0, per la prima volta la Serie A ha tagliato il traguardo delle cento partite consecutive senza lo straccio di uno 0-0. In oltre novant’anni di campionato non era mai successo: l’ultimo risale al 21 febbraio, un convulso Benevento-Roma in cui gli ospiti ebbero peraltro una decina di occasioni pulite.

 

La struttura di tutti questi pezzi è molto simile: citazione a effetto in apertura per far vedere che si è studiato, “lo 0-0 è il risultato perfetto”, che ancora non si capisce se l’abbia proclamato per primo Gianni Brera o Annibale Frossi. Segue excursus da boomer: “A proposito, lo sapevate che Annibale Frossi giocava con gli occhiali? E pensate un po’, lo 0-0 è il risultato a occhiali”. Poi si apre il quaderno delle lamentele: non sappiamo più difendere, non esiste più la marcatura a uomo, troppi rigori!, che poesia c’è in un 3-3? dov’è finito il calcio all’italiana? Ignorando che il calcio all’italiana non esiste più e probabilmente nemmeno il calcio “all’europea”, se mai ce n’è stato uno, in nome di un football globale e spettacolarizzato che tenderebbe alla Superlega e dunque alla soppressione dello 0-0. Ma lo 0-0 è la natura insopprimibile del gioco: può essere repressa per un po’, ma mai soffocata del tutto. Cancellarlo dalla faccia della terra è l’utopia manageriale di chi non sa nulla di calcio, ha lo stesso valore di una proposta di divisione in tempi di una partita o dell’abolizione integrale del fuorigioco. In un sardonico ribaltamento dei ruoli, oggi l’allenatore che difende meglio in Europa è Pep Guardiola, tanto da confessare di aver scientemente tenuto il ritmo basso nella semifinale di Champions contro il PSG per paura di Neymar e Mbappé, con ottimi risultati. Lo 0-0 è il punteggio che più rende cerebrale e speculativo uno sport che alcuni imprenditori in profondo rosso vorrebbero de-regolamentare per aprirsi al pubblico giovane, che non vuol più saperne dell’attesa o peggio della noia di un gol che magari non sai neanche se arriverà. Tornerà presto a farci compagnia lo 0-0, quest’estate agli Europei, arma prediletta di una Macedonia o di un’Ungheria quando cercheranno di intortare la partita alle grandi corazzate con la lingua di fuori per una stagione lunga quattordici mesi.

 

Vi starete però chiedendo come mai, da noi più che altrove, lo 0-0 sia scomparso di colpo e senza preavviso, come in quel romanzo di Georges Perec, La Disparition, nelle cui 300 pagine non compare mai la lettera “e”. Prendendo in esame lo stesso periodo degli ultimi settanta giorni, notiamo come in Bundesliga gli 0-0 siano stati cinque, in Premier League nove, in Liga addirittura dieci. Siamo l’unico grande campionato in cui si viaggia oltre i tre gol di media a partita, dunque una delle prime possibili spiegazioni – la teoria degli spalti vuoti che ammazzano la tensione della gara e distraggono i difensori, abituati a sentirsi “chiamare” il pericolo – non ha molta ragion d’essere, visto che gli stadi sono deserti ovunque. I tanti rigori fischiati – 39 in 101 partite, undici dei quali hanno sbloccato lo 0-0 – sono solo un motivo parziale. Di sicuro si sono ridotte le famigerate “fasi di studio”, quelle micidiali sedute di traccheggiamento iniziale in cui le due forze in campo si fronteggiavano con la cautela di due scacchisti sovietici: i calendari intasati obbligano molti allenatori a partire forte nella speranza di risparmiare qualche energia alla fine, tanto che nell’ultimo turno la metà delle partite è stata sbloccata nel primo quarto d’ora, e tre (Lazio-Milan, Cagliari-Roma e Benevento-Udinese) addirittura nei primi cinque minuti. Le cinque sostituzioni, inoltre, hanno giovato al ritmo e alla qualità offensiva anche delle squadre meno provviste di munizioni: il Genoa ha battuto 2-0 lo Spezia con le reti di Scamacca e Shomurodov, due attaccanti subentrati ai due titolari Pandev e Destro. La regina di questo filone è l’Atalanta che ha un’arma impropria in Muriel, terzo giocatore della storia della Serie A per gol entrando dalla panchina (meglio di lui solo Matri e Pazzini), e in generale mantiene il ritmo alto come nessuna innaffiando regolarmente l’undici titolare con spruzzate di Ilicic, Miranchuk, Pasalic, Malinovskyi... E infine, naturalmente, le doglianze da bar: “è possibile che nessuno sappia più marcare?”. Alcuni gol in effetti fanno inorridire non solo i benpensanti: in Lazio-Milan l’inglese Tomori, di cui tanto bene si parla, è stato malamente buggerato da Correa; in Genoa-Benevento abbiamo visto Lapadula – non esattamente Robben – tagliare l’area avversaria in orizzontale e segnare di sinistro, con tutti i difensori rossoblù che si sono teneramente mantenuti ben oltre il metro di distanziamento sociale. Si ha paura di commettere rigore, visti i chiari di luna e anche le recenti dichiarazioni confuse del designatore Rizzoli (“ogni episodio dubbio va rivisto al Var”)? Così anche allenatori pragmatici come Semplici e D’Aversa da subentrati in corsa si sono trovati loro malgrado a gestire partite da luna park, senza il tempo di sistemare la fase difensiva nelle rare sedute d’allenamento settimanali.

 

Non saremo certo noi quelli che si lamentano di tutte queste alluvioni di gol. Ci limitiamo a scrutare la classifica con il fare di chi la sa lunga, notando che i futuri campioni d’Italia sono quelli con la difesa migliore, mentre al momento in cui scriviamo – ovvero a cinque giornate dalla fine – le tre difese peggiori appartengono alle squadre rispettivamente ultima, penultima e terzultima.

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