Karatsev non è il futuro, Serena Williams non è il passato

Giorgio Burreddu

Il russo e l'americana sono riusciti a conquistare la semifinale degli Australian Open. Il primo riuscendo finalmente a dimostrare il suo talento, la seconda allo stesso modo di sempre: abbattendo i suoi limiti per ricostruirli ogni volta

Per tutti questi anni Aslan Karatsev era rimasto impigliato in se stesso. Succede a quasi tutti, a pochissimi è concesso il privilegio trovare l’uscita d’emergenza. Lui ci ha messo dieci anni, a forza di vagare nel tour del tennis, sempre ai bordi del successo, in un’esistenza fatta di tentativi. “Ho avuto diversi problemi, non c’erano sponsor, poi sono iniziati gli infortuni, non avevo un allenatore personale. Tutto ciò mi ha impedito di mostrare risultati”. L’anno scorso, di colpo, la svolta. Tre finali Challenger consecutive (due vinte) e la scalata in un mese e mezzo dal 253° posto nel ranking al numero 117. Fino a questo exploit: semifinale agli Australian Open.

 

“Dal 2019 lavoro con Yegor Yatsyuk, ci capiamo, mi guida correttamente. Potrebbe non dirmi nulla di nuovo, ma mi indirizza nel modo giusto. Mi allenavo in posti buoni come la Germania o Barcellona, ma le persone con cui mi allenavo non mi andavano bene. Poi ho deciso di lavorare con Yegor a Minsk. Vivo a Minsk e mi piace ogni cosa”.

   

Per tutti questi anni Serena Williams invece non ha fatto altro che distruggere e ricomporre il meglio di sé, dei suoi record, dei suoi successi. Non ha fatto altro che abbattere i suoi limiti, e ogni volta ricostruirli, rimetterli insieme, rimontarli e poi raggiungerne di nuovi. "Mi piace il mio lavoro. Mi piace quello che faccio. È davvero speciale che io riesca ancora a farlo in questo modo”, ha detto al New York Times. Ogni volta fanno finta di chiederle come diavolo fa, come ci riesce a ogni torneo. E lei tutte le volte imperterrita e tenace risponde con lo stesso sorriso rotondo: “La vittoria più importante è la prossima. Perché altrimenti non vivi del presente, ma ti siedi su quello che hai già fatto”.

 

Se per Karatsev, 27 anni, la semifinale contro Djokovic agli Australian Open diventerà una nuova forma di consapevolezza, per la Williams sarà l’ennesima prova di forza contro i limiti del tempo. A 39 anni Serena sfiderà la Osaka in un match che è una resa dei conti tra la tennista del futuro e l’atleta totale. Il russo ha tirato giù quattro record in un colpo solo. Non è soltanto il primo giocatore dell’era Open a raggiungere la semifinale di uno Slam al suo debutto. Aslan è anche il quinto tennista della storia a farlo partendo dal tabellone e a riuscirci dal ranking più basso da Wimbledon 2001 (quella volta ci riuscì Ivanisevic). Lo hanno definito un operaio del tennis, signor nessuno, perfetto sconosciuto, un outsider come Limonov. Ma che Karatsev avesse talento qualcuno lo aveva fiutato già diverso tempo fa. Alla Coppa del Cremlino del 2011, il suo allenatore dell’epoca, Alexander Kuprin, incontrò Dmitry Tursunov. Concordarono un allenamento. A Tursunov bastarono pochi scambi per vederci chiaro: “Aslan - gli disse -, Federer ti farà causa”.

 

Per Serena è la quarantesima semifinale centrata in uno Slam che la porta a meno due dai 24 successi record di Margaret Court. Ma è anche la nona qualificazione alle semifinali dell’Open d’Australia, turno nel quale non ha mai perso. Il bilancio finale di quando ha raggiunto le semifinali a Melbourne è di 7 titoli conquistati (2003, 2005, 2007, 2009, 2010, 2015 e 2017) e una finale perduta nel 2016 all’ultimo respiro contro la Kerber. Quella contro la Osaka di speciale non avrebbe nulla, se non per il fatto che è impossibile abituarsi a traguardi del genere. “La mia prossima avversaria è fortissima, abbiamo un feeling particolare, ci stimiamo molto. Cercherò di fare il mio meglio e sono molto eccitata nel pensare di giocare questo match”.

   

Così diverse, così distanti, le storie di Aslan e Serena hanno in comune qualcosa di mitico. Prodotti del bipolarismo. Dalla Russia profonda lui, dall’America profonda lei. Standardizzato, funzionale, inquadrato in una dimensione, Aslan a un certo punto si è concesso il lusso di emergere. Come emergere è sempre stato il destino di Serena, impegnata nella lotta al razzismo (“Molte persone non sanno che nel corso della mia vita ho dovuto superare molte sfide”), ad affermare il suo posto nel mondo. Quanto durerà. Questa è la domanda.

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