I giocatori del Milan esultano dopo il gol di Romagnoli alla Fiorentina (foto LaPresse) 

La sincerità dei dopopartita

Come stanno le inseguitrici del Milan

Il vittimismo di Conte, le scuse di Pirlo, la pressione su Gattuso, il Fonseca oltre le aspettative e la scelta di puntare sulla Champions di Atalanta e Lazio

Giuseppe Pastore

La capolista in questo momento si trova su una nuvola, con un distacco già abissale per essere appena alla nona giornata, e vive uno stato di grazia imprevedibile. Che cosa dicono le altre, che guardano i rossoneri lassù?

Altro che Kim Basinger dietro la veneziana: le partite scorrono frenetiche e in queste nove settimane e mezzo ne sono già accadute di ogni. La serie A lascia ancora moltissimo all'immaginazione non solo di noi spettatori e tifosi, ma anche degli stessi allenatori, in un momento della stagione che assomiglia alla scena finale di Whiplash – avete presente? Il giovane virgulto della batteria che deve suonare a velocità frenetica e sempre crescente, in un fiume di sangue e sudore o – per usare i termini di quelli che parlano bene – un “dispendio energetico” che prima o dopo, presto o tardi, presenterà il conto. Sì, ma quando? Nel campionato più stressato e stressante che si ricordi, i momenti di maggiore sincerità sono quelli che si consumano negli immediati dopo-partita, quando le tossine non sono ancora state del tutto smaltite e nella testa già ticchetta il conto alla rovescia della prossima partita, che solitamente dista non più di sessanta ore.

   

Lasciamo da parte la capolista che in questo momento si trova su una nuvola, con un distacco già abissale per essere appena alla nona giornata, e vive uno stato di grazia imprevedibile e probabilmente anche improponibile sul lungo periodo (ma attenzione: con la sua età media di 23,7 anni, esibita anche contro la Fiorentina, il Milan ha dalla sua la freschezza atletica e l'entusiasmo psicologico della gioventù). Concentriamoci su quello che dicono gli altri, quelli che la guardano con il naso all'insù e un punto interrogativo disegnato in faccia, come si guarda un cielo troppo incerto per essere stabile.

 

Inter

Gli esegeti di Antonio Conte giurano che il ritorno in pubblico dell'Antonio paranoico e accerchiato, che abusa delle metafore sui mezzi di trasporto (a Reggio Emilia non più “il carro”, ma “la barca”) per compattare la truppa contro un qualche nemico esterno, è buon segno: come la Marmotta Phil che abbandona la tana il 2 febbraio, annunciando la fine dell'inverno. Sicuramente al Conte pacato e minimalista dell'inizio stagione, che si sforzava di fare buon viso anche al cattivissimo gioco visto contro il Real Madrid, non credeva nemmeno Conte stesso. La sua fortuna è che si continua a farlo parlare a ruota libera, soggiogati dal suo flusso di coscienza senza punteggiatura che però, grazie all'interpretazione e alla mimica facciale, assume vaghe proprietà ipnotiche. Lo 0-3 al Sassuolo potrebbe avere il sapore di una svolta, se non fosse che è stato ottenuto senza Lukaku, Hakimi e Brozovic che sarebbero titolari inamovibili, e allo psicodramma permanente nerazzurro manca solo il sospetto che l'Inter possa diventare una squadra migliore rinunciando a Lukaku, Hakimi e Brozovic (o forse sì?). È comunque evidente che siamo alle prese con un grande attore, come scritto altre volte in passato. Un arci-italiano che conosce bene il proprio mestieraccio e quantomeno ha il merito di uscire dall'angolo di un momento difficile usando la fantasia di un vittimismo sempre più spudorato, ma senza mai scadere nella risposta automatica della lamentela più logora e usurata di queste settimane: ovvero, “siamo stanchi” (vedi subito sotto).

 

Juventus

Oggi il Corriere della Sera scrive che la maggior parte del lavoro settimanale alla Continassa è in capo a Tudor, mentre durante le partite quello che si fa sentire più di tutti è Baronio. Ad Andrea Pirlo spetterebbe dunque la comunicazione, ma le sue parole post-Benevento, più che caricare l'ambiente, l'hanno avvilito. Innanzitutto un lapsus strepitoso: “Non penso che siamo dipendenti di Cristiano Ronaldo”. E poi la solita stanca filastrocca: “Si gioca troppo, siamo stanchi”. È stanco Ronaldo, che non può giocarle tutte (senza essere nemmeno interrogato sui motivi soprattutto economici che portano la Juve a impiegarlo in Champions invece che in campionato, motivi del resto evidenti a tutti). È stanco Kulusevski, che non può giocarle tutte, “e poi non siamo il Parma”. Evidentemente – pensiamo noi – dev'essere stanco persino Alex Sandro che è appena rientrato, se deve subito riposare e fare largo a Frabotta. “Manca personalità”, aggiunge poi l'allenatore della squadra che ha vinto gli ultimi nove scudetti consecutivi. Per ora nemmeno l'ombra di un mea culpa per l'inesistenza, al di fuori di Ronaldo, del suo calcio “liquido” degenerato allo stato gassoso nel caotico secondo tempo del Vigorito. Pirlo non è mai stato il ritratto dell'umiltà e il suo peculiare modo di porsi è stato incoraggiato dall'accoglienza trionfale ricevuta in questi mesi: ma se dai grandi giornaloni filtrano i primi spifferi, come quello riportato in apertura di paragrafo, vuol dire che una svolta comunicativa è attesa anche da lui, e forse anche fortemente consigliata.

 

Napoli

Rino Gattuso è per ampio distacco l'allenatore più interessante della serie A davanti a un microfono. Quest'anno ha commesso degli errori e se n'è prontamente preso la colpa, e non si è nascosto dietro un dito quando è stato interpellato sul pasticciaccio di Juve-Napoli. In più conosce molto bene i polli che si trova davanti nei post-partita e nel caso sa anche come lisciargli il pelo: la divagazione di ieri sera sui napoletani che devono tornare a indossare la mascherina, in coda a un 4-0 dominato nel nome di Diego, è un piccolo capolavoro alla De Luca. Apprezzabilissimo, tra le altre cose, quando ha smontato l'alibi della stanchezza, consapevole che tra la Champions tutte le settimane e l'Europa League corre una bella differenza. Rimane sempre il sospetto che sia un tecnico seduto su una pentola a pressione che contribuisce lui stesso a scaldare, che sembra conoscere bene l'uso del bastone ma un po' meno bene quello della carota, e che il suo calcio di veleno, fatica e applicazione feroce non si sposi molto bene con l'idea - un po' utopica e infantile ma in fondo necessaria in questi tempi grami - che hanno tutti i tifosi e molti giocatori, tanto ben abituati nelle ultime stagioni: e cioè che il calcio a Napoli debba essere soprattutto una cosa divertente.

 

Roma

L'italiano ancora zoppicante di Fonseca lo porta a esprimersi con concetti chiari e diretti, un po' in antitesi con il suo calcio cerebrale che ha bisogno di interpreti intelligenti che in effetti la Roma possiede in abbondanza, da Veretout a Mkhitaryan passando per Pedro, Smalling e tanti altri. Il girone umoristico di Europa League gli sta consentendo di veleggiare oltre le aspettative, anche se i quattro schiaffi di Napoli – causati da una difesa ai minimi termini – potrebbero avere risvolti imprevedibili nel proverbiale “ambiente romano”, del quale i primi censori sono i romanisti stessi. Rimandato a dicembre.

 

Lazio e Atalanta

Hanno scelto la Champions, e vai a dargli torto. Nel caso di Gasperini la cosa è proprio sfacciata, dalle formazioni bislacche con cui ha sperperato punti tra Napoli e Spezia alle sostituzioni di Ilicic, Zapata e Gomez poco dopo lo 0-1 del Verona, come se fossero cambi tassativi e già concordati. L'uno-due del PSG nei minuti di recupero, lo scorso agosto, ha lasciato nel gruppo una cicatrice profonda curabile solo con imprese ancora più roboanti, come il sacco di Anfield o superando un girone molto più difficile di quello dell'anno passato. Non potendo ammettere apertamente quanto sopra, di recente Gasperini si trincera dietro spiegazioni fumose, dando per esempio la colpa dello 0-2 col Verona “alle Nazionali”. La filastrocca è sempre quella: siamo stanchi! (e a Liverpool, allora?). Stesso discorso per Simone Inzaghi, che non ha una rosa all'altezza del frullatore di questi mesi: compressa tra le fondamentali Lazio-Zenit e Borussia Dortmund-Lazio, Lazio-Udinese è stata lasciata andare senza nemmeno il tarlo del rimpianto. In tempi normali, con questi chiari di luna, avrebbero potuto dire la loro anche in chiave scudetto – ma potrebbero ancora farlo, se l'allegra nave-pirata che sta dirottando il campionato non dovesse accorgersi, per troppo entusiasmo, di qualche iceberg comparso a tradimento nelle notti d'inverno.

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