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il foglio sportivo – tifare contro

Vincere è l'ultima cosa che conta

Giovanni Francesio

Dal Torino al Napoli, passando per il Cagliari. Una fetta sempre più consistente dei tifosi sta perdendo il gusto della partecipazione, soppiantato da una bulimia da vittorie e primazie astiosa e rivendicativa

“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” (Giampiero Boniperti) è una battuta tanto celebre, perché oggettivamente brillante, quanto secondo me sbagliata, e dannosa. Certo, che in uno sport, in qualsiasi competizione, conta vincere, ma non può essere l’unica cosa che conta, anzi dovrebbe essere l’ultima.

 

Soprattutto, non dovrebbe essere l’unica cosa che conta per quelli che invece di sentenziare sprofondati nel divano hanno contratto quella piacevole ma cronica malattia che li spinge ad andare allo stadio, spendere un sacco di soldi, prendere freddo, acqua, umidità, fare file, farsi perquisire, eccetera. Perché allo stadio si va ovviamente con la speranza di vedere la propria squadra vincere, ma anche con la certezza di fare qualcosa insieme agli altri, di partecipare a un’esperienza collettiva e quindi, direbbe Gaber, di sentirsi liberi.

 

E invece.

  

Invece succede che a Cagliari, dopo un girone d’andata esaltante, concluso con il sesto posto in classifica e 29 punti, dopo una brutta sconfitta in casa col Milan la squadra esce dal campo tra i fischi. D’accordo, è la quarta sconfitta consecutiva, ma i punti del Cagliari sono pur sempre 29.

 

Chi va allo stadio paga il biglietto e ha diritto di fischiare quanto e quando vuole, ci mancherebbe altro, però io ho il diritto di stupirmi. Così come mi stupisco che a Torino, sponda Toro, anche qui dopo un girone d’andata di alti e bassi, ma certo non disastroso, allo stadio vada pochissima gente, e quella poca che ci va mugugni e contesti alla prima occasione, al punto da spingere Sirigu, che certo è uno che lo stipendio se lo guadagna, a intervenire pubblicamente per cercare di riportare un po’ di serenità.

 

Per non parlare di Napoli, dove c’è da moltissimo tempo una frattura netta tra tifosi e società, e stiamo parlando di una delle pochissime squadre che negli ultimi anni ha fatto argine allo strapotere della Juventus, a fronte di una lunga storia non propriamente costellata di trionfi, parentesi maradoniana a parte.

 

È vero che, soprattutto nel caso di Torino e Napoli, le condizioni ambientali, in particolare la scellerata gestione degli stadi da parte delle istituzioni e delle società, contribuiscono sensibilmente a creare questo clima, ma io credo ci sia anche qualcosa di più profondo, e insano: sembra che una fetta sempre più consistente dei tifosi, anche di quelle piazze, come le tre citate, tradizionalmente calde, appassionate, identitarie, stia perdendo il gusto, appunto, della partecipazione, soppiantato da una bulimia da vittorie e primazie astiosa e rivendicativa. Cosa che di solito, tra l’altro, oltre a farci sentire meno liberi, aiuta solo a perdere.

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